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la storia dei beat 'em up

La storia dei picchiaduro
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"Beat 'm up" (dall'inglese: picchiali) è un termine che identifica un sotto-genere di giochi action, in cui l'obiettivo principale è quello di picchiare, a mani nude o con mezzo di armi contundenti (armi bianche) l'opponente, sia esso umano oppure governato da una CPU.
In italiano, il genere è spesso identificato col il termine 'picchiaduro', e si può ben dire che la parola renda molto bene lo spirito generale dei giochi ad esso appartenenti: menare a più non posso qualsiasi cosa si muova sullo schermo, per dar sfogo alla violenza digitale più appagante, rozza e primordiale, ossia quella del picchiare a pugni e calci il proprio simile.

Siete reduci dalle botte nelle schifose metropolitane americane degli anni '80 di Cody e Guy?
Avete messo i primi peli e la prima, virile barba a forza di Nutella ed Hadoken?
Avete sposato vostra moglie solo perché, dopo una sbronza epica, vi ha mimato perfettamente l'Hyakuretsukyaku di Chun-Li?

Avete speso una cifra disumana per quel chiodo di pelle rossa con sobria ed elegante stella bianca ricamata sulla schiena per onorare il vostro padre putativo, Terry Bogard?
Voi che ormai siete stati tutti operati al tunnel carpale ma che con orgoglio mostrate al mondo le vostre ferite di guerra, questo è il vostro posto: troverete una favolosa pagina d'approfondimento sulla storia dei picchiaduro, dal loro esordio fino ai giorni nostri.
Buona lettura!

Power Geyser!

Le origini dei beat 'em up

La storia dei picchiaduro
La copertina dell'arcade Heavyweight Champ del 1987 della SEGA

Le origini del genere dei picchiaduro standardizzato più o meno come noi lo intendiamo ora si fanno convenzionalmente coincidere con il famoso arcade "Double Dragon" del 1987, sviluppato dalla Technōs Japan.
Tuttavia, sebbene "Double Dragon" sia stato indubbiamente il primo gioco picchiaduro di successo, non è stato di certo il primo in assoluto: già nel 1976 la SEGA aveva prodotto un primo, monocromatico picchiaduro, chiamato "Heavyweight Champ".
Il gioco, praticamente sconosciuto ai più e considerato uno dei tanti videogame perduti della storia, sebbene molto limitato in grafica e controlli, ha essenzialmente tutto ciò che è riscontrabile anche nei moderni beat 'em up: almeno due avversari che s'affrontano, combinazioni di direzioni e tasti per i colpi, indicatore della barra dell'energia per ciascun personaggio.

La storia dei picchiaduro
Il primo Heavyweight Champ del 1976, con grafica monocromatica

La SEGA produrrà un remake nel 1986, stavolta a colori e che riscuoterà un discreto successo.
L'epoca doro dei picchiaduro comunque si dimostrerà essere la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90: un periodo veramente di grazia, in cui aziende del calibro di CAPCOM, SNK, la già citata SEGA, Konami e Data East produrranno giochi entusiasmanti, diventati dei classici senza tempo e che contribuiranno in maniera essenziale alla storia dell'arte videoludica.

"Double Dragon" e lo scorrimento orizzontale

La storia dei picchiaduro

Come già accennato, "Double Dragon" del 1987 è il primo picchiaduro di notevole fama uscito sul mercato, in un periodo in cui la grande crisi del settore dei videogiochi stava finalmente volgendo al termine.
Dopo il crack di molte aziende cominciato nel 1983, l'intero settore aveva visto un massiccio spostamento di produzione, passando dall'America al Giappone.

La storia dei picchiaduro
Double Dragon, 1987

Proprio dal Giappone, ormai un paese moderno e dalla potenza industriale spaventosa, cominciarono a venire fuori titoli ben poco giapponesi, contaminati dalla produzione massiva di film, telefilm e fumetti americani.
"Double Dragon" è esattamente uno di essi: punk a bestia e tamarri ipertrofici si scontrano in un picchiaduro a scorrimento orizzontale, dove il personaggio controllato dal giocatore deve superare una serie di livelli, muovendosi da sinistra verso destra, cambiando schermata e resistendo alle ondate di nemici che via via si presentano.
È un gioco bidimensionale, ma l'illusione della profondità è data usando una prospettiva cavaliera, in cui i personaggi si possono muovere in tutte le direzioni possibili sugli assi cartesiani.
Alla fine di ogni livello, c'è da affrontare un boss, ossia un avversario particolarmente difficile da battere.

"Double Dragon" prevede una serie abbastanza variegata di mosse e colpi a disposizione di Billy e Jimmy Lee, i protagonisti del gioco: calci rotanti, calci volanti, ginocchiate, gomitate, pugni diretti, uppercut e proiezioni, ed il tutto è abbastanza sensazionale considerando che, a parte lo stick analogico per muovere il personaggio, gli altri comandi sono solo tre pulsanti (pugni, calci e salto).
Durante il corso del gioco, inoltre, si possono raccogliere armi bianche come nunchaku, mazze, barili, spade e coltelli, usandoli contro i nemici.

L'ambientazione del titolo è da puri anni '80, ossia una New York marcia e ridotta in ginocchio dalle bande criminali, in cui la giustizia privata e sommaria è l'unico modo per sopravvivere.
Un cliché sicuramente, così come tutta la caratterizzazione dei personaggi è grottescamente retorica: i muscoli pompati all'inverosimile, i cattivi parodiati all'ennesima potenza, l'ambientazione post-atomica mista ai film di Bruce Lee (non a caso il cognome dei due fratelli è proprio Lee)... Insomma, tutti elementi che diverranno poi comuni in tante altre produzioni successive.
Il genere di beat 'em up a scorrimento laterale rimarrà di grandissimo successo sino alla prima metà degli anni '90, risultando un classico del periodo d'oro degli arcade.

I picchiaduro ad incontri

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Nel 1984 la Data East pubblicò un videogioco basato sullo stesso concetto di "Heavyweight Champ", ma ambientato nel mondo dei dojo e del karate: "Karate Champ", per l'appunto.
Il titolo vede confrontarsi direttamente due giocatori, inizialmente un umano ed un computer ma poi anche due esseri umani in contemporanea.

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Karate Champ, del 1984

Il sistema di controllo è ingegnoso, anche se molto complicato: niente pulsanti e due leve analoghiche a quattro direzioni, con quella di sinistra che controlla i movimenti, e quella di destra che governa i colpi.
La combinazione tra le due leve genera sedici possibili combinazioni di colpi: niente male davvero, per un gioco del 1984.
L'anno dopo il titolo fu perfezionato da Konami, che riprese tutti i concetti di "Karate Champ" ed aggiunse la barra dell'energia e svariati personaggi da poter selezionare all'inizio del gioco, chiamando lo stesso "Yie Ar Kung-Fu".

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Street Fighter, 1987

Sia "Karate Champ" che "Yie Ar Kung-Fu" sono considerati i prototipi ideali dell'enorme quantità di titoli che saranno poi prodotti dopo di loro.
Nel 1987, l'azienda giapponese CAPCOM fece uscire sul mercato un titolo destinato ad avere un ottimo successo, aprendo la strada ad una saga che è ancora sulla cresta dell'onda: "Street Fighter".
Dalla grafica notevole per il periodo, "Street Fighter" introduce la regola dei round vinti, che poi diventerà standard nel genere: ogni incontro si svolge al meglio di tre round, e chi ne vince due su tre si aggiudica il match.

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Il flyer pubblicitario di Street Fighter, o meglio, dei porting per i sistemi casalinghi del periodo

I round possono anche finire in parità (caso raro, ma possibile): in quel caso, il round si ripete.
Il primo "Street Fighter" immetterà sul mercato personaggi destinati a diventare molto famosi nei successivi episodi: si pensi ad esempio a Ryu, oppure al suo eterno amico-rivale Ken.
La collisione tra gli sprite è abbastanza precisa per il tempo, mentre il rooster dei personaggi è vario, ma è limitato dal fatto che, nel gioco in singolo, è possibile scegliere solo Ryu o Ken.

Si nota sempre la presenza di personaggi stereotipati, eppure la loro caratterizzazione è minuziosamente curata dai programmatori, così come l'abbozzo di storia alla base del torneo 'da strada'; questo fatto, ossia puntare molto sull'aspetto ed i particolari stili di lotta dei personaggi, differenziandoli tutti, sarà considerato come il vero e proprio punto di partenza per il genere.
"Street Fighter" è un ottimo gioco, sicuramente il picchiaduro con concezione moderna che è possibile classificare come una perla del passato, ma il suo ricordo è stato oscurato dal suo seguito, divenuto talmente popolare da cannibalizzare un po' tutto... Persino sé stesso.

Altered Beast

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Nel 1988, SEGA mette sul mercato il suo primo beat 'em up a scorrimento orizzonale, ossia "Altered Beast".
Al contrario di "Double Dragon", la visuale è puramente bidimensionale: il protagonista, un centurione romano morto e sepolto da tempo, riportato in vita da Zeus per salvare sua figlia Atena rapita dal malvagio dio Neff, può muoversi solo a destra o a sinistra, peraltro in maniera limitata per via dello scrolling dello schermo, che non permette staticità delle battaglie (eccetto che contro i boss di fine livello).

Rise from your grave!

Il gioco, molto difficile ai tempi anche per via dello scorrimento continuo dell'immagine, vede un bestiario fantasy e mitologico ben fornito, ed è uno dei primi titoli picchiaduro a scostarsi dal contesto urbano e violento, per raccontare una trama ambientata in un mondo di pura fantasia.

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Il boss del primo livello del gioco

È anche il primo beat 'em up in assoluto a mettere in mano al giocatore un personaggio giocabile non necessariamente umano: nel corso dei livelli, infatti, il centurione può assorbire determinate sfere energetiche uccidendo dei cerberi a due teste, ed una volta assorbiti tre potenziamenti, si potrà trasformare in una creatura fantastica, come un uomo-lupo, un uomo-drago, un uomo-orso e via discorrendo.

Le combinazioni di mosse usabili dal personaggio sono molto limitate, almeno nella versione umana: solo calci o pugni, ma la situazione cambia quando ci si trasforma in una creatura bestiale, dotata anche di un attacco speciale (per tipologia).

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La visuale del gioco è puramente bidimensionale

Il gioco, sebbene in alcune parti veramente frustrante, specie per il sistema di controllo molto rigido, fu un ottimo successo nelle sale giochi, tanto che fu anche uno dei titoli di lancio del nuovo sistema casalingo di SEGA, il SEGA Megadrive (o SEGA Genesis, negli Stati Uniti).

"Final Fight" ed il predominio dei picchiaduro a scorrimento

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Il poster di Final Fight, in tutta la sua bellezza: notare il pugno insanguinato di Cody dopo aver pestato Andore Jr.

Nel 1989, la CAPCOM, vera industria d'oro del periodo, pubblica un gioco destinato ad entrare ben oltre la leggenda per milioni di ragazzi, bambini ed adolescenti di fine anni '80-inizio anni '90: "Final Fight".
A Metro City, una città corrotta e marcia fino al midollo della fine del decennio, viene eletto un sindaco molto particolare: è Mike Haggar, una vecchia gloria del wrestling sceso in politica e vista come ultima speranza per riportare un po' di decoro nella devastata città.

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Cody e Guy pronti a picchiare i balordi nella metro

Appena nominato primo cittadino, però, Haggar è subito contattato dal bieco Belger, un potente mafioso a capo dell'egualmente potente banda Mad Gear, un'accozzaglia di pendagli da forca della peggior specie che solo i principali responsabili del decadimento della città.
Belger propone a Haggar di chiudere un occhio sugli intrallazzi dei Mad Gear, in cambio di qualche corposa bustarella; ovviamente, il forzuto e per nulla pacifico nuovo sindaco rifiuta categoricamente.
Per far cambiare idea all'incorruttibile Haggar, Belger ordina quindi di fargli rapire la giovane figliola, Jessica, di modo tale da tenerlo in perenne ricatto.

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Haggar armato di katana

Il boss di Mad Gear non avrà però tenuto in debita considerazione il passato menacciuto del baffuto gigante.
Indossata nuovamente la sua salopette da battaglia, Haggar scende personalmente in campo, decidendo di porre fine una volta per tutte alla maledizione dei Mad Gear prendendoli a sberle direttamente e senza intermediari.

Al suo fianco, ci sarà il coraggioso Cody, l'atletico fidanzato della figliola ed il suo amico Guy, letale nell'arte del Ninjitsu.
Il trio di giustizieri se la vedrà con i peggiori teppisti della città, girando in lungo ed in largo per Metro City e scatenando una tempesta di calci e pugni sui briganti della Mad Gear.
Fino ad arrivare a Belger, che faranno precipitare giù dal suo palazzo, salvando così non soltanto Jessica ma l'intera città.

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Haggar, il sindaco più violento della storia

Il videogioco, considerato oggigiorno un cult per più di una generazione, divenne da subito una pietra di paragone per qualsiasi altro picchiaduro a scorrimento: l'azione è frenetica, i nemici variegati e molto ben caratterizzati, immersi in un contesto sub-urbano uscito direttamente da un film di Hollywood.
Molti di essi strizzano l'occhio anche a personaggi famosi all'epoca dell'uscita del gioco: basti pensare al famoso Andore, visivamente ispirato al reale e gigantesco wrestler André the Giant.

Haggar sindaco de Roma!

All'ipertrofia muscolare dei cattivi, questa volta CAPCOM inserisce anche qualche teppista donna (o quasi): è il caso della punk transessuale Poison, che diventerà uno dei personaggi secondari più amati dai fan.
Oltre che ad un comparto di cattivoni di tutto rispetto, risultano carismatici al massimo anche gli eroi principali: Haggar, Cody e Guy possono contare su una discreta quantità di combinazioni di mosse, e "Final Fight" è tra i primi videogiochi del genere a prevedere anche l'utilizzo di particolari combinazioni di leva più tasti per ottenere particolari colpi.

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Poison, la transessuale punk della banda Mad Gear, divenuta presto amatissima dai fan

Il gioco fu un grandissimo successo internazionale, ed è attualmente considerato una pietra miliare dei videogames: fu portato con grande fedeltà per la prima volta sul Nintendo SNES nel 1990, al lancio della console in Giappone, e tale conversione - benché senza Guy - fu accolta con grande entusiasmo.
A dispetto delle grandi vendite e del successo mondiale, la CAPCOM non pubblicò mai un seguito arcade del gioco: gli unici seguiti ufficiali furono pubblicati esclusivamente per Nintendo SNES nel corso degli anni '90.

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Haggar e Cody contro Roxy, Andore e Poison

Chiamato in fase di progettazione "Street Fighter '89", "Final Fight" rappresenterà il punto di riferimento per tutti i beat 'em up a scorrimento degli anni '90: le innovazioni introdotte nel titolo diverranno lo standard non solo per i futuri giochi CAPCOM, ma per tutto il genere in assoluto.

"Golden Axe", il picchiaduro fantasy

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Gilius Thunderhead, Axe Battler e Tyris Flare

In quasi contemporanea al successo mondiale di "Final Fight", la SEGA pubblicò un gioco decisamente atipico per l'epoca, ma che sarebbe diventato immediatamente uno dei più giocati - anzi, è proprio il caso di dire 'gettonati' - di sempre: "Golden Axe".
Ambientato in un medioevo fantasy decisamente affascinante, il gioco è un picchiaduro che non prevede però l'uso di pugni o calci - almeno, non solo - ma gli scontri avvengono all'arma bianca, quindi con spade e spadoni vari, asce, lance et similia.

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Tyris Flare contro i boss gemelli del primo livello

Come in "Final Fight", i tre personaggi principali (Ax Battler, Tyris Flare ed il nano Gilius Thunderhead) possono contare su un nutrito numero di mosse ottenute dalla combinazione della leva di controllo e dei tasti, e per la prima volta in un picchiaduro sono presenti le magie, ossia dei super-attacchi molto potenti, attivabili dopo aver collezionato particolari anfore blu.

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Death Adder, il fortissimo nemico finale del gioco

Un'altra novità è data anche dalle cavalcature: nel gioco è possibile infatti incontrare draghi ed altri animali bipedi da cavalcare, e la cosa sarà un'innovazione nel genere.
L'ambientazione è palesamente ispirata a "Conan il Barbaro", con ampi inserimenti di elementi fantasy presenti nelle opere di JRR Tolkien: questo fece molto presa in bambini ed adolescenti del periodo, che spesero una discreta quantità di monete in sala giochi, tentando di portare a conclusione il titolo (peraltro, abbastanza difficile da completare).

Strade di rabbia: "Streets of Rage"

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Nel 1991, complice anche il grande successo di "Final Fight", la SEGA fece uscire un picchiaduro a scorrimento considerato, assieme al caposaldo CAPCOM, uno dei migliori esponenti del genere: "Streets of Rage".

Il gioco, d'atmosfera sempre sub-urbana e sempre iper-violenta nella solita megalopoli americana in preda alle bande criminali - evidentemente, vero spauracchio della società a cavallo tra gli anni '80 e '90, è ricordato come uno dei titoli più innovativi beat 'em up a scorrimento: giocabilità altissima, ampia gamma di mosse e combinazioni possibili per picchiare i cattivi e, cosa che diventerà abbastanza comune nei titoli futuri, interazione con gli elementi del fondale.

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La cosa che esaltava ai massimi la giocabilità era che il gioco dava il meglio di sé in modalità cooperativa: assieme ad un altro giocatore, era possibile eseguire delle spettacolari mosse in coppia.
Parlando dei nemici, ai tempi "Streets of Rage" era il picchiaduro con il maggior numero di antagonisti, tutti differenti uno dall'altro: ciò dava una grande varietà al titolo, che comprendeva otto livelli originali, tutti di ambientazione urbana od industriale.
Altra novità consisteva nei finali multipli: a seconda delle scelte fatte prima dell'ultimo boss da affrontare, Mr. X, erano possibili due differenti finali.

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Insomma, un videogioco molto raffinato e completo per l'epoca, che venne poi convertito con successo per SEGA Megadrive, SEGA Game Gear e SEGA Master System, riscuotendo anche nei porting un grande successo.
Proprio per via della sua popolarità, l'anno successivo SEGA pubblicò il suo seguito "Streets of Rage 2": tale titolo è universalmente considerato il migliore di tutta la serie di "Streets of Rage", nonché uno dei migliori beat 'em up in assoluto.

"Captain Commando" e l'epopea arcade

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Captain Commando e la sua gang

Il genere dei picchiaduro a scorrimento diventò ben presto il più popoloso delle sale giochi d'inizio anni '90: assieme agli sparatutto (shoot 'em up) e ai simulatori di guida, i picchiaduro con scolling succhiavano una quantità enorme di gettoni ai ragazzi dell'epoca, che non avevano sistemi casalinghi così potenti per eguagliare la qualità dei cabinati arcade.

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"Captain Commando" del 1991

In questo contesto, CAPCOM fu sicuramente la software house più attiva del periodo: capolavori passati alla storia come "Captain Commando" del 1991, ad esempio, riscossero un successo strepitoso, ed ancora oggi sono considerati ottimi giochi, estremamente divertenti.

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"Teenage Mutant Ninja Turtles" della Konami del 1989

Captain Commando fu anche uno dei primi picchiaduro a proporre il gioco contemporaneo di quattro giocatori, cosa che fu introdotta per prima dalla Konami con il famosissimo "Teenage Mutant Ninja Turtles" ispirato all'altrettanta famosa serie TV e fumetti.

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Avengers, assemble!

Nel periodo veramente irripetibile, ovviamente non potevano mancare i supereroi della Marvel Comics: "Captain America and The Avengers" del 1991 prodotto dalla Data East è tutt'ora ricordato come uno dei più interessanti e famosi beat 'em up con protagonisti Cap, Iron Man e gli altri Vendicatori, mentre la solita Konami (assieme a CAPCOM, di certo la più attiva sul mercato dell'epoca) rilascerà nel 1992 "X-Men", con un mostruoso cabinato che poteva ospirare il gioco contemporaneo di ben sei giocatori!

Proprio nel momento in cui i picchiaduro a scorrimento sembravano poter dominare il mercato ancora per molti anni, arrivò un titolo destinato a far finire il ciclo, per iniziarne uno totalmente nuovo.
Protagonista della poderosa virata, come al solito, fu la CAPCOM.

"Street Fighter II": nasce l'era d'oro dei picchiaduro ad incontri

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Il poster originale di "Street Fighter II - The World Warrior"

Nel 1991, uscì un videogioco destinato per davvero a rivoluzionare completamente il concetto di beat 'em up: è "Street Fighter II: The World Warrior" della CAPCOM, seguito di "Street Fighter" pubblicato nel 1987.
Il gioco si rivela subito un immenso successo mondiale, tanto da divenire un vero e proprio caso mediatico: diviene così popolare che lunghe code di ragazzi si formano davanti ai cabinati del titolo in sala giochi, e quasi ovunque vengono indetti addirittura mega-tornei, con premi in palio.
L'enorme fama del gioco arriva pure qui in Italia, ed è subito 'Street Fighter mania': anche nel nostro paese si formano file enormi davanti ai bar o alle sale giochi con "Street Fighter II: The World Warrior", e tale tendenza rimase in essere ad ogni uscita di un nuovo episodio della saga.

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Hadooooken!

Come il suo predecessore, "Street Fighter II: The World Warrior" si presentava come un picchiaduro ad incontri (al meglio di tre round), ma introduceva diverse novità, tra cui una grafica eccezionale per l'epoca (per il famoso sistema CPS con processore Motorola 68000), un sistema di combattimento ed hit point completamente rivisti, molti personaggi selezionabili, ottimanente caratterizzati e ciascuno dotato del suo particolare stile di combattimento.

Tutte queste innovazioni rendevano il titolo estremamente tecnico, preciso nei controlli e permettevano al giocatore di usare una grande quantità di tecniche e tattiche di lotta, scegliando quindi l'uso del personaggio a seconda delle proprie capacità ed inclinazioni combattive.

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Ryu VS Guile, in uno degli scenari più famosi del gioco, ossia la base area americana

La CAPCOM realizzò anche una complessa (per un picchiaduro) storia, ed il torneo di arti marziali venne ambientato in tutto il mondo, assegnando quindi ad ogni personaggio un particolare scenario.
Il gioco diventerà lo standard di riferimento per il genere, spodestando in fama e successo tutti gli altri titoli precedentemente prodotti; grazie a "Street Fighter II" le produzioni software cominciarono ad orientarsi massicciamente sui picchiaduro ad incontri, perdendo via via interesse per quelli a scorrimento.

La CAPCOM, visto l'enorme successo del gioco, pensò bene di prolungarne il ciclo vitale con update continui, su base annuale: ecco quindi nel 1992 uscire "Street Fighter II - Champion Edition" e "Street Fighter II: Hyper Fighting", nel 1993 "Super Street Fighter II - The New Challengers" e nel 1994 "Super Street Fighter II Turbo".

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La serie "Alpha" (o "Zero", in Giappone)

A queste versioni ufficiali, si affiancavano poi una miriade di hack di terze parti, per una quantità di versioni dello stesso gioco davvero cospicua.
La serie originale ebbe anche dei riuscitissimi spin-off (o prequel), come l'apprezzata serie 'Alpha' o 'Zero', che narra gli eventi antecedenti al primo "Street Fighter".
Innumerevoli anche il numero di cloni del gioco sviluppati dalle altre software house, sia per arcade che per console casalinghe: sono stati talmente tanti (spesso, di misera qualità) che è davvero impossibile elencarli tutti... E forse non sarebbe poi neppure così utile.

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Il primo capitolo della saga di "Street Fighter" in 3D, ossia "Street Fighter EX"

"Street Fighter" ed il successo planetario

"Street Fighter" diventerà un brand estremamente longevo per CAPCOM, anche più di "Resident Evil": ha superato oltre vent'anni di pubblicazioni, ed almeno un episodio della serie è stato portato per pressoché qualsiasi console o sistema domestico prodotto dal 1991 un poi.
Ora le nuove generazioni conoscono il titolo grazie ai moderni capitoli in 3D, dall'incredibile dettaglio delle texture e dei poligoni, ma l'essenza di gioco e buona parte della tecnica ancora riscontrabile nelle ultime produzioni è la stessa presente nelle versioni bidimensionali.

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"Marvel VS CAPCOM"

Nel corso degli anni '90, CAPCOM ha struttato fino al midollo la rendita garantita da Ruy e compagni, producendo anche cross-over di successo con i personaggi Marvel (tipo "Marvel VS CAPCOM") oppure addirittura con la sua nemica giurata, l'SNK con la serie "CAPCOM VS SNK".

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"Street Fighter V" su Playstation 4

L'impatto culturale di "Street Fighter" e la sua enorme popolarità hanno portato anche la produzione di un film con protagonista Jean-Claude Van Damme del 1994: "Street Fighter - Sfida finale".
Il film, tipico esemplare del: 'talmente brutto da essere quasi bello', è un terribile esempio di come Hollywood riesca, neanche impegnandosi troppo, a far diventare una storia interessante e con buoni spunti di sviluppo un'opera pietosa, che nulla o quasi ha a che vedere con la fonte d'ispirazione principale.

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Jean-Claude Van Damme è il tamarrissimo Guile nel film "Street Fighter - Sfida finale" del 1994

Ciò nonostante, complice anche la morte prematura di Raúl Juliá, il film inaspettatamente si rivelò un discreto successo al botteghino.
Miracoli degli anni '90!

Questa furia vi sarà fatale: l'SNK di Terry Bogard e compagni

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Andy Bogard, Terry Bogard e Joe Higashi, i protagonisti della serie originale di "Fatal Fury"
Tra le case di produzione più attive del settore (nonché forse unica degna rivale di CAPCOM), non si può non citare la SNK, che nel corso di tutti gli anni '90 regalerà dei giochi di grande qualità e bellezza, nonché di considerevole innovazione tecnica.
Il primo videogioco beat 'em up prodotto è "Fatal Fury" del 1991, per il sistema Neo Geo: un calcolatore da gaming molto avanzato per il periodo, avente la caratteristica di essere commercializzato in due versioni - arcade e casalinga - dall'hardware eguale.
Questo permetteva ai giocatori di avere a casa un vero e proprio cabinato sotto forma di console, dalla potenza grafica impressionate per l'epoca e dall'enorme parco titoli, gli stessi che si potevano trovare in sala giochi.
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"Fatal Fury" del 1991
Il prezzo da pagare era però altissimo... Letteralmente, visto che la console costava cifre inumane, così come le cartucce con la ROM dei giochi, dai prezzi altrettanto vergognosi.
Vil denaro a parte, "Fatal Fury" fu il primo picchiaduro della storia a presentare la novità dei piani di combattimento multipli: i personaggi del beat 'em up ad incontri potevano infatti passare tra due piani paralleli di gioco, schivando quindi i colpi nemici e garantendo quindi un maggior realismo nei combattimenti.
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L'ampio roaster di personaggi di "Fatal Fury Special"
Ottima anche la caratterizzazione dei personaggi: Terry Bogard, Geese Howard, e Billy Kane diverranno estremamente popolari, e saranno protagonisti di un complesso universo condiviso, in cui molti elementi di svariate serie s'intrecceranno, per formare trame abbastanza sofisticate.
"Fatal Fury" fu un buon primo esperimento, ma il vero successo nel genere l'SNK l'ottenne col suo seguito del 1992: titolo veramente corposo e caotico allo stesso momento, contava su una grafica pazzesca e un sistema di combattimento estremamente avanzato, tanto da potersela giocare quasi alla pari con "Street Fighter II" della CAPCOM.
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"Samurai Shodown 2", considerato da molti il miglior capitolo della serie
Il favoloso ed estremamente carismatico il nuovo boss finale, ossia Wolfgang Krauser, con un comparto sonoro di tutto rispetto e molti più personaggi selezionabili rispetto ai soli tre del primo episodio, portano molta popolarità alla serie e all'SNK.
La serie raggiungerà l'apica della maturità nel 1999, con l'uscita di "Garou: Mark of the Wolves", che sarà l'ultimo capitolo della lunga saga, paradossalmente considerato il più bello in assoluto: perfetto nella tecnica, stupendo sia graficamente che musicalmente, la sua uscita fu un po' il canto del cigno del genere dei beat 'em up, che si stava abbastanza velocemente avviando verso l'archiviazione del mercato main stream, per sopravvenuti cambi di gusti dei videogiocatori.
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"Garou: Mark of the Wolves", il miglior titolo della serie di "Fatal Fury"

"Samurai Shodown" e la leggenda di "King of Fighters"

SNK rimase sull'onda del successo per tutti gli anni '90, con titoli di assoluto valore: "Samurai Shodown" è il primo picchiaduro ad incontri ambientato nel giappone feudale, in cui i contendenti si combattono all'arma bianca, con scontri quasi sempre spettacolari.
La serie, veramente molto bella e suggestiva, godrà di considerevole successo, e ne verranno sfornati sei titoli canonici, più due titoli in 3D (dallo scarsa distribuzione) e qualche versione super deformed per le le console mobili.
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L'inizio di una leggenda: "King of Fighters '94"
Il colpo vero al mercato dei picchiaduro però l'SNK lo piazzerà con la serie di "King of Fighters" cominciata nel 1994, che passerà alla storia come una delle migliori produzioni del genere: vengono introdotti i 'tag team', ovverosia i gruppi di tre (o più) lottatori che si affrontano in sequenza.
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Benimaru Nikaido, Goro Daimon e Kyo Kusanagi, i membri del leggendario team del Giappone in "King of Fighters '94"
Gli incontri non sono più aggiudicati al meglio dei tre round, ma finché l'ultimo membro del team non viene definitivamente sconfitto: questo può generare ben più di tre round per match, e la scelta del team - oltreché l'ordine degli scontri - diviene parte della strategia combattiva che il giocatore può scegliere.
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Il bellissimo "The King of Fighters 2000", dove viene presentato il carismatico personaggio di K

La serie sarà la più lunga e longeva dell'SNK, ed arriverà fino ai giorni nostri dopo oltre vent'anni di edizioni e capitoli, divisi dapprima in annualità, e poi col numero romano progressivo.
Alcuni titoli di "King of Fighters" sono considerati superbi, massima espressione del beat 'em up bidimensionale e tutt'ora usati per organizzare tornei anche su grande scala: ne è un esempio "The King of Fighters '99", da molti considerato come la perfezione massima ottenibile con tale tecnologia e tale concetto di picchiaduro.

La serie di "King of Fighters" rimase di gran successo fino all'inizio degli anni 2000, poi - complice il cambio radicale sia delle scelte grafiche e sia dei gusti dei giocatori - la sua popolarità cominciò sempre più a scemare.
Passò comunque ai modelli tridimensionali nel 2005, spostandosi dalla morta piattaforma Neo-Geo agli arcade e alla console di nuova generazione (Microsoft e Sony, principalmente).
Vengono prodotti ancora capitoli della serie (anche se non con cadenza annuale), che riscuote ancora un buon successo di vendite, particolarmente tra gli amanti dei picchiaduro.

La storia dei picchiaduro
"King of Fighters XIV" del 2016

L'arte della lotta: "Art of Fighting"

Continuando a parlare dell'enorme contributo che SNK ha dato per tanti anni al mercato dei picchiaduro, è impossibile non citare la serie di "Art of Fighting": per prima in assoluto, questa saga introdusse lo zoom durante gli scontri, le devastazioni fisiche dei combattenti durante il match (viso tumefatto, sanguinante, ecc ecc.) e soprattuto le mosse speciali eseguibili non in quantità infinita, ma solo quando carica una speciale barra dedicata.
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"Art of Fighting 2" del 1994
I personaggi di "Art of Fighting" divennero così famosi che l'SNK decise saggiamente di inserirli nella cosmologia di "King of Fighters", dove rimasero in pianta stabile in tutte le edizioni della saga.

"Mortal Kombat" e l'ultra-violenza

Nel 1994, la Midway Games fece uscire un titolo molto innovativo per l'epoca: "Mortal Kombat".
Uscito in un periodo di grandissimo entusiamo per i picchiaduro ad incontri, il gioco si discostava dagli altri cloni di "Street Fighter II" per una serie di fondamentali differenze nel sistema di combattimento ed anche per l'impostazione grafica, abbastanza stupefacente per il suo periodo.

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Sub-Zero e Scorpion durante uno scontro nel primo "Mortal Kombat"

"Mortal Kombat" fu infatti uno dei primissimi giochi di successo a contare su una grafica pre-renderizzata, ovvero i personaggi furono realizzati filmando e digitalizzando attori veri.
Era una novità decisamente soprendente, specie nella realizzazione tecnica di alto livello come quella presente nel gioco.

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"Mortal Kombat 3"

Altro elemento che saltò subito all'occhio, e che piacque moltissimo ai ragazzini di quegli anni, fu la grande dose di violenza e sangue presente nel titolo: eseguendo particolari combinazioni di tasti, i personaggi potevano essere 'finiti' con mosse molto cruente, chiamate 'fatality'.

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Ancora Sub-Zero contro Skorpion in "Mortal Kombat X"

Questo fatto portò moltissima pubblicità al picchiaduro, che divenne ben presto molto famoso e giocato.
La saga di "Mortal Kombat", assieme a quella di "Street Fighter" è la serie di beat 'em up più longeva di sempre: vengono ancora prodotti nuovi titoli per le console attuali, e riscuote sempre un ottimo consenso di pubblico.

"Killer Instinct"

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Esattamente come per "Street Fighter II", anche il successo di "Mortal Kombat" causò un'ondata spaventosa di cloni più o meno riusciti sfornati dalle software house del periodo.
Tra titoli mediocri o spesso pessimi, si trovava però qualcosa di ottimo: è il caso della Nintendo, che grazie alla sua (all'epoca) sotto-divisione della Rare realizzò un grande picchiaduro, "Killer Instinct".
Dalla grafica pazzesca per il tempo, il titolo si differenziava da tutti gli altri cloni di "Mortal Kombat" per un sistema di combattimento incentrato sulla rapida successione di colpi consecutivi, le 'combo'.

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Fulgore contro Sabrewulf

I duelli si decidevano sempre per via della capacità o meno di eseguire combo lunghe e devastanti, ed era richiesta una discreta abilità manuale per eseguire tutte le combinazioni di tasti e leva di controllo necessarie alla riuscita della combo voluta.

Il gioco diventò in brevissimo tempo molto famoso, tanto che l'anno successivo la Rare riuscì a convertirlo per il Nintendo SNES, con risultati sbalorditivi.
"Killer Instinct" è uno dei ultimi esempi di picchiaduro di successo totalmente bidimensionale prima dell'epocale passaggio ai modelli in 3D, ed è stato recentemente riproposto - ovviamente con grafica aggiornata al periodo - su Microsoft XBox One.

"Virtua Fighter" e l'era dei poligoni

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Parlando col senno di poi, la famosa SEGA ha sbagliato moltissime cose nella sua lunga attività nel mondo videoludico: ha prodotto quasi-orrori come il SEGA Mega CD ed il Sega 32X, ha troncato troppo presto il supporto all'ottima console DreamCast, ha rovinato una bellissima saga, quella di "Sonic", con software osceni ed ingiocabili... E la lista potrebbe continuare all'infinito.
Tra le cose ottimamente riuscite, però, non si può fare a meno di menzionare la storica serie dei 'virtua', ovverosia i primi videogiochi con grafica totalmente 3D della storia.
Veramente soprendente per i giocatori del periodo, tale serie includeva sia gli sport ("Virtua Racing", "Virtua Soccer", "Virtua Tennis") che i picchiaduro, con il primo "Virtua Fighter".

La novità della grafica in 3D faceva passare sopra una realizzazione abbastanza discutibile del sistema di controllo: lento e macchinoso, era così differente dal gameplay che invece i giocatori erano abituati a vedere nei tradizionali picchiaduro bidimensionali.
La nuova grafica però affascinava, e l'avvento di console di nuova generazione come Sony Playstation e (un po' meno) SEGA Saturn dettarono il definitivo passaggio verso la terza dimensione.
"Virtua Fighter" diventerà una lunga ed apprezzata serie che continuerà anche dopo la fine della SEGA come produttrice hardware, per sbarcare con successo sulle console concorrenti Sony e Microsoft.

Il pugno di ferro: "Tekken"

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Nel 1994, la Namco pubblicò un gioco in cabinato dall'incredibile grafica in 3D e dalla giocabilità sopraffina: "Tekken" (鉄拳 letteralmente "Pugno di ferro").
Dotato di un sistema di combattimento estremamente efficace e divertente (molto più del lento e macchinoso "Virtua Fighter"), il gioco diventò subito un successo planetario, superando in popolarità anche la serie di "Street Fighter", inchiodata ancora fermamente al 2D.

La storia del torneo Tekken, il più grande torneo di arti marziali mai organizzato in tutto il mondo, si fonde con quella della sciagurata famiglia Mishima, organizzatrice e finanziatrice del torneo per mezzo del bieco e malvagio Heihachi.
Il gioco riuscì a stupire per il grande realismo nei combattimenti, frenetici e adrenalinici: le combo sono spesso devastanti, e se ben eseguite sono capaci di far concludere un round in pochissimo tempo, rendendo quindi necessario, per il giocatore, apprendere pienamente la tecnica della parata e della difesa.

"Tekken" fu l'unica serie a continuare a godere di un grande successo in tutto il mondo anche dopo la fine del periodo d'oro dei picchiaduro, che convenzionalmente si fa coincidere con la fine degli anni '90.
Fu da subito presente il grande sodalizio della serie con Sony e la sua Playstation: "Tekken" fu uno dei titoli disponibili al lancio della prima console di Sony, e fu essenziale per spingerne le vendite.
I capitoli migliori della serie sono considerati "Tekken 3" e, per i puristi della tecnica, gli episodi "Tekken Tag", specialmodo "Tekken Tag Tournament 2".

Fine di un'era: il declino del genere picchiaduro

La storia dei picchiaduro

Sul finire degli anni '90 e l'inizio degli anni 2000, il mondo dei videogiochi subì una brusca virata, che squassò notevolmente il settore: l'avvento di nuove e potenti macchine da salotto, nonché la maturazione dei PC - sempre più estremamente performanti calcolatori da gioco, e non solo da lavoro - cambiarono completamente il mercato, e quindi anche la produzione di software.
Il successo planetario di Sony Playstation fu così importante da far entrare nel lucroso mondo videoludico intere nuove generazioni di giocatori, spesso dai gusti completamente differenti rispetto ai bambini ed ai ragazzi degli anni '80 e '90.

Il genere preferito dal pubblico, quelle che garantiva i più alti ritorni economici per giochi che cominciavano a divenire sempre più costosi e difficili da produrre smise di essere il picchiaduro; un genere che, per sua stessa vocazione, vedeva il suo regno ideale in sala giochi, e solo sporadicamente nel salotto di casa.
Per tutti gli anni 2000 le uniche serie che continuarono ad avere un certo seguito furono "Tekken", "Street Fighter" e (abbastanza marginalmente) "Mortal Kombat"; a parte casi isolati, non vennero prodotte nuove saghe originali, e tale degrado quantitativo e qualitativo si mantiene alto anche ai giorni nostri, dove il genere dei picchiaduro sopravvive solo grazie a sporadiche produzioni dei brand famosi sopra citati.

Le ere passano, le mode cambiano: forse non sempre tutti sono ben disposti ad accettare la cosa, ma rimane comunque indubbio il grande apporto che i beat 'em up hanno dato al mondo del divertimento elettronico, specie nei tempi lontani, quando una partita al bar costava 200 Lire e i mocciosi d'allora passavano interi pomeriggi a... Rullare cartoni e spaccare ossa.
Elettroniche, ma pur sempre ossa.

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