La pubblicità via radio e la storia della radiocomunicazone
- Cos'è la radio
- Lo spettro elettromagnetico
- Le onde radio
- Come si generano le onde radio
- Diversi tipi di onde radio e diversi usi
- Chi ha inventato la radiocomunicazione
- L'inizio della radiocomunicazione su scala globale
- L'uso della radio durante la guerra
- Perché la radio è sempre popolare tra la gente?
- I punti di forza della radio
- L'avvento delle radio libere
- La nascita delle radio libere in Italia
- Gli spot radiofonici
- Campagna nazionale o locale?
- I costi di produzione di uno spot radio
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Da oltre un secolo tiene compagnia a tutto il mondo, e ha cambiato il concetto stesso di comunicazione.
Prima di lei, solo cavi; dopo di lei, solo la luce.
La radiocomunicazione, ossia la tecnologia che permette agli esseri umani di scambiarsi le informazioni a distanza usando le radiofrequenze dello spettro elettromagnetico è, dopo i giornali e la cartellonistica, il media più antico e più usato del mondo.
Quotidianamente, la 'radio' accompagna la vita di miliardi di persone, ed il suo accesso è universale, forse ancora più della televisione: dove non arrivano le frequenze radio, semplicemente non è possibile costruire una comunità complessa e moderna, di qualsiasi genere o dimensione.
Prima ancora della TV, la radio: le voci, la musica, il non essere più soli anche se si è sperduti in mezzo al mare.
Ti sei mai chiesto dove sono iniziate ad essere progettate le prime strategie di marketing promozionale?
Sai perché gli spot in TV hanno quasi sempre incorporato un jingle musicale?
Per saperlo devi conoscere non solo le basi della promozione e della mercatologia, ma anche la storia della radio che troverai in questa pagina.
Buona lettura!
I heard you on the wireless back in '52/ Lying awake intent at tuning in on you.
Cos'è la radio
La radiocomunicazione è tutto l'insieme di tecnologie che permettono di inviare e ricevere informazioni a distanza e senza cavi, sfruttando una particolare parte dello spettro elettromagnetico, ossia la perturbazione creata dalle particelle note come fotoni.
In parole povere, la luce.
I fotoni sono particelle indivisibili, che non hanno massa ma hanno solo energia: la loro natura è sia corpuscolare (cioè sono quanti), e sia ondulatoria, poiché durante il loro viaggiare si muovono vibrando, producendo quindi un'onda di perturbazione che si propaga nello spazio e nel tempo.
La loro velocità varia a seconda della materia con cui vengono a contatto, ma hanno comunque una velocità massima costante, oltre la quale non possono viaggiare: tale velocità è stata già intuita da Galileo Galilei nel XVII secolo, ma fu calcolata con precisione per la prima volta dal grande fisico teorico Albert Einstein all'inizio del 1900, ed è pari a circa 300 000 Km al secondo (per essere precisi: 299 792 458 m/s).
Oltre quel limite, accelerando ulteriormente un fotone (cioè fornendogli energia), non s'incrementerebbe la sua velocità, ma l'energia fornita si trasformerebbe in massa, per la nota equazione E=mc2.
È bene sottolineare però che la velocità della luce è sempre una costante di riferimento, a prescindere dal corpo che emette i fotoni.
Viaggiando così velocemente, la luce emessa dal sole può raggiungere la Terra in poco più di 10 minuti, mentre può girare attorno all'equatore per circa sette volte in poco meno di un secondo.
La mia banda suona il rock ed è un'eterna partenza / Viaggia bene ad onde medie e a modulazione di frequenza
La distanza tra il sole e la Terra è talmente elevata che la nostra stella ha praticamente gli stessi effetti di una fonte di luce posta in un ideale infinito.
I raggi che provengono dal sole sono quasi perpendicolari rispetto al suolo, in gradi variabili rispetto al parallelo di riferimento, con l'equatore che (specie durante gli equinozi) vede i fotoni arrivare quasi perfettamente a 90° gradi con la linea di terra.
Ma i fotoni non sono solo particelle corpuscolari, che rimbalzano come palle da biliardo nel cielo: mentre lo fanno, vibrano come corde di violino.
Questa vibrazione genera una perturbazione nello spazio circostante: un po' come quando lanciamo un sasso in uno specchio d'acqua calma, e si formano delle onde concentriche sulla superficie, che partono dal centro e s'allargano verso la periferia, in forma circolare.
Lo spettro elettromagnetico
Ebbene, tutta l'onda prodotta dalla vibrazione degli elettroni si chiama spettro, ed esattamente come le onde concentriche, può subire delle modifiche durante la sua perturbazione: può oscillare un certo numero di volte al secondo, può vedere l'ampiezza delle sue onde diminuire o contrarsi, così come può anche allungare o rimpicciolire la lunghezza delle stesse.
Lo spetto elettromagnetico della luce: la parte a noi visibile (l'iride) è solo una piccola porzione di tutta la vibrazione
Le perturbazioni dei fotoni possono essere pochissime oppure possono essere un numero altissimo ogni secondo: a certi gradi di energia, le particelle si contraggono e s'espandono ad un ritmo talmente elevato che dobbiamo misurarlo avvalendoci dei multipli del Sistema Internazionale, capaci d'aiutarci a contare le grandissime quantità.
L'unità di misura della frequenza di ripetizione di una vibrazione è l'hertz, noto con il simbolo Hz.
L'hertz misura la periodicità di un generico evento, secondo l'equazione: Hz=1/s.
Visualmente, l'hertz è rappresentato così:
Rappresentazione grafica dell'onda sinusoidale di 1Hz
Un evento al secondo è 1 Hz, due eventi al secondo sono 2 Hz, 3 eventi al secondo sono 3 Hz e via discorrendo, senza limiti di quantità.
Ora, la frequenza di vibrazione emessa dai fotoni varia a seconda di molti fattori, ma essenzialmente è dipensa dall'energia totale della particella: più ha energia, e più volte vibrerà durante un secondo.
La distanza tra due picchi eguali della vibrazione (massima o minima, non ha importanza) è detta lunghezza d'onda, e viene convenzionalmente indicata dalla lettera greca λ.
Datosi che i fotoni sono piccolissimi, anche la distanza tra i picchi delle loro vibrazioni può a volte essere egualmente piccola: talmente piccola che dobbiamo misurarla usando i sottomultipli del metro, ossia i millimetri. e, in qualche caso, anche i micrometri.
Altre volte invece, la lunghezza delle onde è talmente grande che dobbiamo misurarla addirittura con i chilometri.
I nostri occhi possono vedere i fotoni solo quando essi vibrano entro una certa lunghezza ben definita: dai 390 ai 700nm, per una frequenza di vibrazione tra i 770 ed i 430 THz.
Tale porzione della vibrazione dei fotoni è chiamata spettro visibile, oppure iride.
Percependo l'iride, il nostro occhio riesce quindi a vedere tutta la gamma di colori compresa tra il rosso ed il violetto: sotto il rosso e sopra il violetto, non riusciamo più a vedere i fotoni, e quindi siamo completamente ciechi.
Se una cosa non si riesce a vedere, però, non è detto che non esista: difatti oltre e sotto la lunghezza d'onda dell'iride, ci sono altri tipi di frequenze, che non possiamo visualizzare ma che sono comunque presenti.
Le onde radio sono proprio di questo tipo, che ora andremo ad analizzare. Contattami ora per la tua promozione!
Le onde radio
Sono chiamate onde radio (o radiofrequenze) quella parte dello spettro elettromagnetico compresa tra gli 0 e 300 GHz, con una lunghezza d'onda da 10 cm a 10 km.
Se ti ricordi ciò che ti ho detto prima, ossia della proporzionalità tra frequenza ed energia, capirai immediatamente che sono onde che vibrano molto lentamente, peraltro con una lunghezza tra i due picchi di queste vibrazioni enorme, ben poco cariche d'energia.
Il nostro occhio non riesce a vederle, poiché sono ben oltre l'ampiezza massima dell'iride, e la loro energia è così bassa che non ne percepiamo neppure il calore: quindi ne siamo circondati senza praticamente averne alcun tipo di sentore.
Come qualsiasi altro segnale periodico nel tempo che può variare in base ai cambiamenti di stato, anche le vibrazioni dei fotoni che generano la porzione delle onde radio possono essere modulate per scambiare informazioni tramite uno specifico codice.
Le onde radio hanno di bello che, datosi che richiedono poca energia per essere prodotte, possono essere facilmente manipolabili, ossia possono essere modificate nella frequenza, nell'ampiezza, nella fase e nella lunghezza con relativa facilità... Beh, almeno una volta scoperto come fare.
Ma come fanno però le radio frequenze a 'curvare' e girare attorno al pianeta?
Perché, immersi nella nostra atmosfera, alcune onde radio con una certa lunghezza d'onda (le onde corte) 'rimbalzano' tra l'enorme quantità di ioni sospesi nell'aerosol di cui è composta la ionosfera, ossia quello strato dell'atmosfera terrestre in cui le molecole d'aria sono state ionizzate dalle radiazioni del sole e dai raggi cosmici.
Rimbalzando qua e là, le onde radio possono superare la linea dell'orizzonte, e quindi raggiungere anche la parte opposta del pianeta.
Come si generano le onde radio
Le onde radio possono essere generate a partire da un flusso elettronico, datosi che gli elettroni (le particelle fondamentali con carica elettrica negativa che compongono la materia) sono in grado di generare i fotoni: per produrle, è sufficiente un dipolo hertziano, ossia un'antenna trasmittente.
L'antenna solitamente è di grandi dimensioni, ed è genericamente posta in un punto elevato rispetto al suolo: questo, per facilitare l'invio delle onde nell'atmosfera, ed il loro conseguente rimbalzo in essa.
Per ricevere le onde radio, serve un'altra antenna, ma con meno richiesta energetica e non necessariamente ad altezza elevata: i livelli attuali della tecnologia costruttiva permettono di produrre antenne riceventi piccolissime (addirittura lunghe solo qualche centimetro), talmente minute da essere incorporate in radioriceventi estremamenti compatte, come ad esempio i telefoni mobili con tecnologia cellulare.
Con le onde radio si possono inviare pressoché qualsiasi tipo d'informazioni: voce, immagini, dati in generale.
Per inviare un messaggio radio, di qualsiasi genere, occorrono essenzialmente due cose:
- Un'onda portante;
- Un'onda modulante
L'onda portante è un'onda sinusoidale totalmente vuota d'informazioni: frequenza, ampiezza e lunghezza sono note e sempre uguali nel tempo.
In pratica, rappresenta il vettore, con cui l'informazione si propagherà quando sarà opportunamente modulata.
L'onda portante è prodotta da un oscillatore, cioè un circuito elettronico che, per l'appunto sfruttando un flusso elettronico eccita gli elettroni il tanto che basta per fargli emettere fotoni ad una certa frequenza, ampiezza e lunghezza d'onda che non cambiano mai.
L'onda modulante è invece l'informazione che deve essere immessa nell'onda portante: è in pratica un segnale di frequenza, lunghezza od anche fase variabile, e può contenere audio, video oppure dati generici.
Tramite un dispositivo detto modulatore, il segnale modulante altera l'onda portante, ottenendo così un'onda modulata.
Tale onda è inviata nell'atmosfera dove, rimbalzando nell'aria ionizzata, sarà ricevuta da un'altra antenna con un dispositivo demodulatore, cioà capace di scorporare il segnale informativo dall'onda portante, e permettere così la decifrazione del messaggio.
Diversi tipi di onde radio e diversi usi
Le onde radio non si propagano sempre alla stessa velocità ma, datosi che sono una vibrazione dei fotoni, la loro velocità massima sarà sempre quella luminare, mentre quella effettiva dipenderà dal tipo di materiale che troveranno nel loro spazio di dispersione: nel vuoto, ad esempio, la loro velocità sarà quella della luce, mentre nell'acqua la loro velocità è rallentata anche fino a 3/4.
Altresì, sebbene le onde radio non abbiano massa e quindi possano agevolmente passare la materia solida, materiali densi come i metalli possono ostacolare il passaggio dei fotoni, creando quindi interferenze.
A seconda della distanza che si vuole percorrere con la trasmissione e le applicazioni pratiche, ci sono differenti frequenze radio che possono essere utilizzate per la comunicazione.
Qui di seguito v'è la tabella di tutte le radiofrequenze attualmente usate in ambito sia civile che militare: prego prendere nota che più si alza la frequenza e più energia occorre per produrre le onde radio, mentre più si abbassa la lunghezza e più chilometri l'onda riuscirà a percorrere, sfruttando l'aria ionizzata presente nell'atmosfera.
È però da tenere in considerazione che la qualità del segnale è inversamente proporzionale alla lunghezza d'onda: più l'onda e corta e più la comunicazione sarà disturbata.
Ecco perché, per distanze brevi, si preferiscono alte frequenze e basse lunghezze.
Banda | Frequenza | Lunghezza d'onda | Impieghi |
---|---|---|---|
ELF (Extremely low frequency) |
3–30 Hz | 100.000 km – 10.000 km | Comunicazioni subacquee a grande profondità (sottomarini), ispezioni tubazioni |
SLF (Super low frequency) |
30–300 Hz | 10.000 km – 1.000 km | Comunicazione con i sottomarini |
ULF (Ultra low frequency) |
300–3000 Hz | 1.000 km – 100 km | Comunicazioni in ambienti soventi circondati dai metalli, come le miniere; , usate anche per comunicazioni militari segrete |
VLF (Very low frequency) |
3–30 kHz | 100 km – 10 km | Onde utilizzate principalmente dalla Marina Militare per comunicare con i sommergibili in emersione |
LF (Low frequency) |
30–300 kHz | 10 km – 1 km | Radiocontrollo di orologi, comunicazioni intercontinentali in modulazione d'ampiezza |
MF (Medium frequency) |
300–3000 kHz | 1 km – 100 m | Onde medie. Comunicazioni per usi generali in modulazione d'ampiezza |
HF (High frequency) |
3–30 MHz | 100 m – 10 m | Onde corte. Usate da radioamatori, banda cittadina, comunicazioni intercontinentali in codice Morse |
VHF (Very high frequency) |
30–300 MHz | 10 m – 1 m | Radio private e commerciali in modulazione di frequenza, televisione, radiofari, forze dell'ordine, Esercito, Marina Militare, aviazione (sia civile che militare) |
UHF (Ultra high frequency) |
300–3000 MHz | 1 m – 100 mm | Walkie-talkie e radio PMR, televisione, telefonia cellulare, WI-Fi |
SHF (Super high frequency) |
3–30 GHz | 100 mm – 10 mm | Radar, satelliti, Wi-Fi |
EHF (Extremely high frequency) |
30–300 GHz | 10 mm – 1 mm | Usate da satelliti e radioamatori |
THF (Tremendously high frequency) |
300-3000 GHz | 1 mm - 100 micrometro | Usate da satelliti e radioamatori |
Chi ha inventato la radiocomunicazione
Guglielmo Marconi, il primo scienziato a costruire un efficiente sistema di radiocomunicazione
Nel 1800 lo scienziato italiano Alessandro Volta, dopo anni passati a studiare i fenomeni dell'elettricità animale, riuscì ad assemblare una prima, rudimentale ma funzionante pila elettrica, dimostrando così che l'elettricità poteva essere immagazzinata ed usata per il lavoro.
Nel 1831 lo scienziato britannico Michael Faraday, famoso per i suoi esperimenti sui flussi elettrici, scoprì l'induzione elettromagnetica, formulando la legge che prende il suo nome: il mondo venne quindi a sapere che un conduttore che ruota perpendicolare ad un campo magnetico produce una forza elettromotrice; in pratica, un flusso elettronico che può essere sfruttato per compiere lavoro.
Nel 1877 il brillante inventore Thomas Edison s'accorse che se il disco di un telegrafo automatico (da lui stesso inventato) girava a velocità sostenuta, la puntina vibrava così curiosamente da ricordare il timbro della voce umana.
Dopo pochi mesi dalla scoperta, Edison costruì il primo prototipo funzionante di fonografo, ossia il primo registratore vocale della storia.
Thomas Edison da giovane, con il suo fonografo
Nel 1888, il professore e scienziato tedesco Heinrich Rudolf Hertz riuscì a dimostrare l'esistenza delle onde radio, costruendo la prima antenna della storia, il semplice e schematico dipolo hertziano.
Ne1 1893, nella città di St. Louis negli Stati Uniti d'America, l'inventore serbo Nikola Tesla spiegò per primo la teoria base della radiocomunicazione, e nel 1895 riuscì ad inviare segnali da New York a West Point, facendo percorrere alle onde radio circa 80 Km.
Nikola Tesla, uno dei padri della sperimentazione elettromagnetica
Nello stesso anno ed indipendentemente dagli esperimenti di Tesla, il giovane italo-irlandese Guglielmo Marconi, che già da tempo s'era appassionato all'elettricità e alla possibilità di usarla per comunicare senza fili, riuscì a far suonare a distanza un campanello nella sua Villa Griffone, solamente inviando un segnale modulato presumibilmente in ampiezza: è l'inizio della radiocomunicazione.
Grazie alla sua doppia cittadinanza britannica (la mamma era l'irlandese Annie Jameson, nipote del famoso fondatore della "Jameson & Sons"), Marconi riuscì ad emigrare nel Regno Unito, dove trovò i fondi per proseguire le sue ricerche e, nel 1897 ottenne il brevetto n. 12039, dal titolo "Perfezionamenti nella trasmissione degli impulsi e dei segnali elettrici e negli apparecchi relativi".
Lì Marconi fondò una sua compagnia personale chiamata "Wireless Telegraph Trading Signal Company" e contestualmente costruì la prima stazione radio della storia, sull'Isola di Wight.
Marconi e la sua società furono di fondamentale importanza nello sviluppo del primo sistema telegrafico senza fili di soccorso per le imbarcazioni in mare aperto.
Avendo intuito che le onde corte potevano superare agevolmente la curvatura terrestre rimbalzando nell'atmosfera ionizzata, Marconi concentrò i suoi sforzi nel tentativo di comunicazione transoceanica: nel 1901 riuscì ricevere presso San Giovanni di Terranova in Canada un radio segnale emesso da Poldhu in Cornovaglia, nel Regno Unito.
Fu la prima radiocomunicazione tra i due continenti, quello Europeo e quello Americano.
L'inizio della radiocomunicazione su scala globale
Nel 1907 Guglielmo Marconi realizzò il primo servizio di trasmissione senza fili transatlantico permanente da Clifden in Irlanda a Baia Glacé, in Nuova Scozia.
Nel 1911, Marconi stesso si recò in Libia sul fronte della guerra italo-turca dove costruì, coadiuvato dal Genio, il primo sistema integrato di telecomunicazioni militari.
Il 15 aprile del 1912 il transatlantico "Titanic" affondò nel suo viaggio inaugurale nell'oceano Atlantico: grazie all'SOS lanciato con il dispositivo della società di Marconi, furono tratte in salvo molte vite, dimostrando che la telegrafia senza fili era per davvero essenziale in mare aperto.
Il 30 maggio 1924 Marconi realizzò la prima trasmissione della voce umana fra Poldhu in Corcovaglia e Sydney, in Australia: questo accadimento sensazionale darà il via all'uso commerciale della 'radio', non più utilizzata solo per inviare segnali in Morse ma libera anche di trasmettere parole e musica.
Guglielmo Marconi in età avanzata. Si può notare l'occhio destro protesico, a seguito di uno spaventoso incidente d'auto in cui miracolosamente sopravvisse nel 1912
L'uso della radiocomunicazione della voce umana cominciò ad essere sfruttato per business praticamente da subito: all'inizio degli anni '30 si erano già creati i primi grandi network radiofonici, sia in America che in Europa, e la diffusione nell'etere della musica, divenuta in breve tempo accessibile per ampie fasce della popolazione, fece nascere le prime 'star della radio', ossia cantanti divenuti estremamente popolari per via delle loro canzoni trasmesse 'on-air'.
La qualità delle trasmissioni migliorò enormemente quando le tecnologie risultarono abbastanza evolute da permettere la modulazione della frequenza, passando sulle più pulite ed affidabili HF e VHF.
L'uso della radio durante la guerra
La radiocomunicazione fu usata massicciamente sia durante la prima guerra mondiale che nel secondo conflitto, e la tecnologia si sviluppò in maniera così veloce che, già prima dell'inizio della seconda tenzone bellica globale, erano disponibili già sofisticati metodi di criptatura dei segnali.
Neppure l'avvento della televisione, con la sua capacità di trasmettere non più solo suoni ma anche immagini, scalzò la popolarità della radio a livello globale: tale apprezzamento, per davvero inossidabile, è ancora in essere dopo oltre un secolo dalla sua introduzione.
A livello concettuale, la radio è forse l'unico media che ha visto un suo sviluppo quasi del tutto tecnologico, restando praticamente immutata a livello concettuale sin dalla sua introduzione.
Mentre i media come la televisione, i giornali ed anche Internet (benché giovane) si sono evoluti considerevolmente, variando a dismisura servizi ed offerte, da oltre 100 anni la radio fa solo una cosa: trasmette suoni.
Questa sua iper-specializzazione è la classica eccezione alla regola che vede gli iper-specializzati estinguersi, nel lungo periodo.
Curioso, ma reale.
Contattami ora per la tua promozione!Dopo i suoi primi, incoraggianti esperimenti da autodidatta a Villa Griffone, Guglielmo Marconi decise di proporre le sue ricerche all'allora Ministro delle Poste e dei Telegrafi Pietro Lacava, messo sulla poltrona non tanto per sue qualità politiche, ma più che altro per la sua fedeltà incondizionata al Presidente del Consiglio dell'epoca, Francesco Crispi.
Nella missiva spedita al Ministro, Marconi descriveva dettagliatamente i suoi esperimenti, chiedendo al Ministero fondi ed adeguate strutture per continuarli, ponendo l'attenzione sull'importanza, sia economica che militare, di una comunicazione via etere.
Il buon Ministro non solo non lo degnò di replica, ma archiviò la lettera scrivendoci sopra "alla Longara", alludendo al famoso ex manicomio di Via della Lungara a Roma.
Perché la radio è sempre popolare tra la gente?
Perché soddisfa essenzialmente due bisogni avvertiti come necessari nelle società complesse e strutturate:
- Essere informati in tempo reale degli avvenimenti giornalieri;
- Consumare prodotti musicali
Tutti e due i bisogni però non sono soddisfatti solo dalla radio: anche la televisione e l'Internet possono svolgere in maniera adeguata il compito, anzi apparentemente lo fanno molto meglio.
Sia la TV che tutto il World Wide Web offrono non solo parole e musica, ma anche video, immagini e testi, per un coinvolgimento dei sensi molto più profondo della radio.
E difatti, proprio questa sua mancanza è la sua grande forza: la radio non obbliga il consumatore a prestare attenzione totale e costante al suo messaggio informativo.
Datosi che impegna solamente le orecchie, l'ascoltatore può difatti svolgere più mansioni od attività mentre sente la radio: è pratica infatti usuale accendere una radioricevente quando si lavora, quando si guida, quando si sta al mare o comunque in situazione di svago, vero?
Questo suo approccio molto libero, che non vincola il consumatore a prestare la sua attenzione visiva al media (cosa che invece richiedono TV e siti web) è l'arma vincente della radio, e lo è sempre stata sin dalla sua inziale distribuzione.
L'essere umano è un animale sociale e, salvo casi limite e situazioni neuropatiche, fondamentalmente soffre la solitudine e la mancanza di comunicazione con gli altri suoi simili: quest'impostazione ancestrale, solo in parte mitigata dai cambiamenti antropologici occorsi durante l'evoluzione della specie, si ripercuote ogni giorno durante il vivere quotidiano.
Non sempre però è possibile avere compagnia vicino, specie quando abbiamo bisogno di concentrazione o non possiamo proprio fermarci in conversazione; tali situazioni, se prolungate, portano comunque ad insofferenza, poiché l'isolamento si percepisce soprattutto nel primo periodo d'allontanamento dai nostri simili.
Ecco che in tali situazioni, siamo spinti ad accendere la radio, per farci arrivare quell'impulso connettivo con il sociale che ci comunica: "Non sei solo", e ci fa tranquillizzare.
Con la sua capacità di trasmettere musica mista a dialoghi, la radio è qualcosa di più di una semplice riproduzione musicale: è una parte di vita reale che sta accadendo in qualche altro posto, che possiamo sperimentare anche mentre siamo affaccendati in altre situazioni.
Una caratteristica unica e speciale, che la gente non può e non vuole abbandonare, anche in presenza di nuovi e più potenti media informativi. Contattami ora per la tua promozione!
I punti di forza della radio
Il media radiofonico ha punti di forza unici, che gli altri media non hanno.
Sebbene sembri limitato, come sopra ben specificato, la sua forzata natura totalmente audio lo mette in una condizione privilegiata nei media 'Above-the-Line' (i media tradizionali), mentre ha praticamente costretto l'Internet ad inglobarlo, vista l'altissima richiesta del mercato.
I punti di forza della radio sono:
- Immediatezza e facilità d'accesso
Una radioricevente moderna ha un costo irrisorsio, ed un'antenna radio in grado di captare le frequenze commerciali in FM e VHF è solitamente inclusa in ogni telefono cellulare moderno, per non parlare degli impianti stereofonici di riproduzione musicale oppure le autoradio delle vetture.
Laddove anche non fosse disponibile una radioricevente, praticamente tutti i principali network radiofonici offrono il servizio di web radio, distribuendo gratuitamente lo streaming in tempo reale delle loro trasmissioni sui loro siti o sulle loro applicazioni ufficiali; - Libertà totale di consumo
La radio non vincola l'utente a nessun contratto, e tutte le trasmissioni sono, da sempre, a disposizione di qualsiasi consumatore, con i soli limiti dettati dalla sua volontà.
Ogni persona può accendere la radio e sintonizzarsi sulla sua frequenza commerciale preferita, senza pagare nessun prezzo per l'utilizzo, se non il costo stesso (modico) della radioricevente usata.
L'uso gratuito del media ageola l'accesso degli utenti affezionati ma anche di quelli nuovi, che possono così sperimentare liberaramente stazioni e frequenze; - Non è impegnativa
La radio non si vede, si ascolta.
Questo permette al consumatore di svolgere altre mansioni od attività mentre è sintonizzato sulla frequenza della stazione che più gradisce.
La mancanza di testo o video è solo apparentemente uno svantaggio: in realtà, l'assenza di informazioni visive non obbliga l'utente ad un'attenzione forzata e continua, come invece è richiesta quasi sempre dalla televisione, oppure da un sito web.
Questa libertà piace molto all'ascoltatore, che quindi può consumare le informazioni del media quando vuole ed anche mentre sta lavorando, concentrando la sua attenzione sul messaggio come e quando meglio crede; - Vastissima offerta e fidelizzazione
Le stazioni disponibili sulle VHF in modulazione di frequenza sono una quantità sterminata, sia locali che nazionali, per non contare quelle internazionali in AM oppure disponibili attraverso l'Internet via streaming.
Forse neppure i canali televisivi, sia nazionali di libero accesso che pay-per-view possono offrire così tante tipologie per pressoché tutti i target di consumatore: ci sono stazioni generaliste e stazioni iper-specializzate, sia di musica che di notizie, tempo libero, politica, sport e via discorrendo.
Al contrario della TV, che contempla quasi sempre un approccio molto freddo ed impersonale, i radioascoltatori tendono ad identificarsi con la loro stazione preferita, diventandone assidui frequentatori.
Sebbene il fenomeno dello zapping sia presente anche sulla radio, è molto meno marcato rispetto alla TV, poiché il radioascoltatore sovente lascia la sua stazione preferita per ore in sottofondo mentre lavora, gioca, studia o guida, anche durante i break pubblicitari.
L'ambiente della radio è percepito come familiare, più confortevole e amichevole, poiché manca il contatto visivo e quindi si tende a dare un'immagine totalmente personale (e gradita) alle voci che vengono udite, anche se questa non corrisponde poi al vero.
L'avvento delle radio libere
"Radiofreccia", il film di Luciano Ligabue del 1998 che descrive il fenomeno delle prime radio libere
Fino al 1974, in Italia solo la RAI poteva inviare segnali nell'etere: il monopolio era assoluto, e abbracciava sia la radio propriamente detta che il segnale televisivo.
Su modello sovietico, lo Stato esercitava un potere totale e totalitario su tutta l'informazione elettronica, usandola sovente come potente mezzo per la propaganda politica.
Le cose cambiarono quando una prima sentenza della Corte Costituzionale permise ai privati di trasmettere via cavo in ambito locale: cominciarono subito a fiorire piccolissime emittenti squisitamente cittadine, che non aspettarono la liberalizzazione della trasmissione via etere, e cominciarono da subito ad inviare il loro segnale radiofonico.
Tutte le radioriceventi dell'epoca, come peraltro quelle attuali, potevano captare segnali in modulazione di frequenza (FM) e modulazione di ampiezza (AM), ma Radio RAI usava intensivamente l'AM, per via della maggiore copertura chilometrica.
Le prime radio private invasero quindi l'FM, occupando le frequenze lasciate libere dalla RAI, che al tempo trasmetteva dai 87,50 ai 100,00 MHz.
Quasi tutte le radio private si piazzarono quindi oltre i 100,00 MHz, su frequenze che ancora oggi sono riconoscibili e famose tra la gente.
Il problema principale della trasmissione in modulazione di frequenza, però, è che il segnale copre pochi chilometri partendo dall'antenna emittente, e difficilmente riesce quindi a diffondersi anche solo oltre il territorio di una provincia italiana.
Questo punto apparentemente debole diventerà invece la più grande forza delle radio private: il target ben delineato (quasi sempre, di cittadini residenti nella zona), il clima molto familiare e la possibilità di chiamare in diretta per richiedere il passaggio della canzone preferita o per commentare una problematica od un fatto del giorno, decretarono il grande successo del fenomeno, facendo nascere il business miliardario che attualmente possiamo riscontrare.
La nascita delle radio libere in Italia
Nel 1976 la storica seconda sentenza della Corte Costituzionale (la 202) legalizzò definitivamente la trasmissione via etere per tutti, dando ufficialmente il via alla radio commerciale.
Per ovviare al problema della scarsa distanza coperta dalle onde in modulazione di frequenza, le emittenti adottarono il sistema dei network, ossia ripetitori sparsi in tutto il territorio nazionale che trasmettevano singolarmente alla loro zona di copertura, aggirando quindi l'ostacolo principale delle FM.
Le prime radio private, come detto a carattere squisitamente locale, si finanziavano con la pubblicità di sponsor di quartiere: il bar dietro lo studio, il ristorante sotto casa, la tintoria dell'isolato, ecc ecc.
Erano incassi ovviamente modesti, ma che iniziarono a far capire ai primi pionieri della radio libera che l'attività non era solo una passione e sperimentazione, ma poteva anche divenire un buon business e fonte di guadagno. Contattami ora per la tua promozione!
Gli spot radiofonici
A differenza di tutti gli altri media, la radio non può trasmettere informazioni visive: questa è una caratteristica che si ripercuote, giocoforza, sulla strategia da adottare per produrre un buon messaggio promozionale.
In fase di ideazione della promozione radiofonica, è quindi imperativo considerare quanto segue:
- Le parole sono importanti, ma la musica è meglio
L'utente medio del media radiofonico accende la sua radioricevente per sentire principalmente musica.
Molti sono interessati anche ai programmi di analisi e discussione, ma in buona sostanza la maggiorparte degli ascoltatori vuole sentire la musica.
La musica piace agli esseri umani, perche è una serie di vibrazioni armoniche che riesce a creare uno stato d'animo particolare (non necessariamente allegro o gioioso), dando vita quindi ad un'emozione.
Lo spot radiofonico dovrebbe quindi tenere sempre presente che la musica è meglio delle parole per promuovere l'informazione: quando è possibile cantare un messaggio, è meglio farlo.
La memorizzazione da parte del target sarà enormemente migliore; - Descrizione dei benefici necessaria
L'assenza di visual forza il consumatore ad immaginare il prodotto, e pertanto lo spot deve sforzarsi di agevolare il ricordo dell'informazione descrivendo non tanto il bene od il servizio, ma gli effetti benefici del prodotto per l'acquirente.
Esempio: se non posso fisicamente far vedere un croccante pollo arrosto, posso comunque descriverne la bontà, il gusto e le sensazioni positive che esso mi trasmette quando me lo mangio; - Piccole storie cercasi
Gli spot radiofonici si ricordano molto meglio quando ripropongono situazioni reali, o comunque plausibili.
E questo perché la radio non è l'ambiente patinato ed ingessato della televisione, ma è quasi sempre popolato da speaker che dialogano incessantemente con i loro ascoltatori, nella stragrande maggioranza dei casi in presa diretta.
Le storie che vengono raccontate sono sovente storie di tutti i giorni, ed anche i fatti di gossip dei VIP, oppure notizie internazionali vengono discusse in maniera molto più informale rispetto a tutti gli altri media.
In questo contesto, che riguarda da vicino l'operaio, la casalinga, l'impiegato, il negoziante, la commessa o tanta altra gente comune, una promozione fatta di piccole storie, come ad esempio un dialogo tra amici che si raccomandano un prodotto, è considerato ideale.
Il consumatore si può così immedesimare nei protagonisti dello spot, anche per via della totale assenza d'immagine di riferimento; questo facilita il ricordo del messaggio; - Allegria!
Il mondo della radio è fondamentalmente un ambiente gioioso e frizzante, poiché è indissolubilmente intrecciato con la musica, e con le sensazioni emotive che essa trasmette.
Quasi sempre, tali sensazioni sono allegre e positive, e quindi anche la radio lo è.
Gli speaker radiofonici sono spesso persone molto solari e ridanciane, poiché instaurano un rapporto amichevole con i loro ascoltatori.
Al contrario dei presentatori televisivi, sempre ossessionati dall'apparire impeccabili e mai esteticamente fuori posto, gli speaker sono molto più rilassati: non sono obbligati ad essere belli, non sono obbligati ad essere sempre visualmente perfetti.
Devono solo parlare, e fare amare la loro voce.
Anche l'avvento delle riprese televisive in diretta, nelle radio che mandano il loro segnale anche in TV, non ha cambiato lo stato delle cose: gli speaker continuano a vestirsi sempre molto informali, ed il loro approccio con il pubblico è rimasto sempre sul livello amicale.
Questo impone allo spot promozionale di essere egualmente amichevole, spontaneo ed allegro (laddove sia possibile): spesso e volentieri il messaggio promozionale è letto direttamente dallo speaker, e quindi il consumatore lo può percepire come un suo consiglio diretto.
Cercare di rendere l'informazione quanto più leggera e gioviale è considerato un ottimo modo per aiutarne la memorizzazione.
Campagna nazionale o locale?
La radio, similmente alla televisione, offre due principali canali di trasmissione: a livello nazionale, operando su grandi network, oppure a livello locale, tramite le piccole emittenti cittadine o provinciali.
Il costo degli spot pubblicitari, come per la TV, varia in base al network che si sceglie di usare come vettore: grandi emittenti con copertura nazionale e grossi bacini d'utenza hanno costi differenti dalle piccole radio locali, così come bisogna tenere in considerazione anche la popolarità del programma, sulle basi dei dati forniti da apposite aziende di statistica.
Già, perché anche il mondo della radio ha i suoi numeri audience da valutare: GfK Eurisko è senza dubbio il più importante istituto in Italia per il rilievo statistico delle radio e delle loro utenze di ascoltatori; da anni, è disponibile il servizio "Radiomonitor", che grazie ad un panel di circa 10.000 persone è capace di fornire le medie d'ascolto della grande maggioranza delle radio nazionali e di oltre 220 emittenti radiofoniche locali.
A seconda dei dati dell'audience, del programma e del network, quindi, uno spot di 30 secondi più variare da poche centinaia di Euro a qualche migliaio. Contattami ora per la tua promozione!
I costi di produzione di uno spot radio
Come qualsiasi altro spot, anche quello radiofonico ha un suo costo di produzione.
Oltre al compenso che deve percepire il creativo o l'agenzia creativa che idea lo spot e tutta la campagna promozionale, deve essere calcolato anche il prezzo di produzione del messaggio radio.
Gli spot radiofonici commissionati ad hocsono interpretati da attori o doppiatori professionisti, molto spesso specializzati proprio in prodotti per la radio: la loro dizione, la loro carica interpretativa ed i loto tempi sono frutto di anni ed anni d'esperienza in sala, che serve ad assicurare sempre il miglior prodotto per il loro cliente.
Ancora, le musiche od i jingle eventualmente presenti sono composti da artisti professionisti (la lista è più lunga di quel che si può immaginare!), specializzati proprio in musiche pubblicitarie.
Per uno spot di 30 secondi c'è una lunga produzione e molte ore di ideazione, copyriting, editing musicale, missaggio, prove, registrazioni, modifiche ai testi e tanto, tanto altro lavoro.
Il costo totale è sicuramente inferiore a quello di produzione di uno spot televisivo, ma comunque c'è e può anch'esso andare da qualche centinaio di Euro a qualche migliaio.
La radio è però anche un posto dove lo speaker può leggere direttamente una promozione pubblicitaria, inframmezzandola di tanto in tanto tra le parti del suo programma.
In quel caso, lo spot può essere anche di 15 secondi, in presa diretta, con costi estremamente più contenuti rispetto ad una produzione ad hoc.
Molte radio locali, inoltre, hanno ancora un approccio estremamente confidenziale e familiare con i loro sponsor, quasi come agli inizi delle radio libere; non sono rari i casi in cui lo speaker fa intervenire direttamente lo sponsor in trasmissione, dandogli qualche minuto per spiegare il prodotto che vende, in una sorta di intervista promozionale.
È una metodologia abbastanza diffusa tra le emittenti squisitamente radicate nel territorio, e spesso gli sponsor sono piccole aziende locali, come ristoranti, imprese familiari, negozi, laboratori di zona.
Un tale tipo di pubblicità in televisione è impossibile da praticare (sia per logistica che per costi), ma l'ambiente ancora molto informale della radio privata locale permette la sopravvivenza di questo piccolo micro-universo d'imprenditoria che vede ancora un grosso mercato a livello cittadino o provinciale.
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