Posso aiutarti?

Per qualsiasi informazione sui miei servizi, per fissare un appuntamento telefonicamente o se hai bisogno di assistenza, sono sempre a tua completa disposizione.

Chiamami al
+39 333.29.22.308

(lun-ven 09.30 - 20.30)

Oppure scrivimi a
info@georgefiorini.eu

marketing sanitario, inbound marketing e digital ADV a Milano
whatsapp +39 333.29.22.308

Come non guadagnare con l'eCommerce

Come stare alla larga dall'eCommerce
Scegli il miglior marketing sanitario per i dentisti
LA tua promozione sanitara per dentisti ed odontoiatri
Ti serve aiuto per la tua campagna PUBBLICITARIA?
Contattami velocemente
per richiedere una valutazione GRATUITA del tuo problema!
A che servizio saresti interessato?
CONSENSO OBBLIGATORIO*

*
Questo modulo è protetto contro lo spam da Google Recaptcha

"Col solo negozio fisico vendi localmente, con Internet vendi ovunque!"

"Scherzi? Apri un negozio eBay, non hai costi di gestione e vendi in tutto il mondo!"

"Un mio caro amico fattura 5.000 Euro al mese vendendo bikini in Australia, ma lo fa da Busto Arsizio"

Se anche a te frasi come queste non ti suonano per niente nuove, molto probabilmente sarai incappato nel perverso sistema del 'sentito dire dal web', che ha generato e genera tutt'ora degli orribili mostri mangia-soldi, purtroppo in perenne aumento di numero.

Benvenuto nel fantastico mondo del 'guadagno facile vendendo prodotti su Internet, pensando di non avere nessun costo di gestione e di trovare milioni di clienti in tutto il mondo', meglio conosciuto come commercio elettronico o eCommerce.

Dall'alba dell'Internet per le masse, tale mostruosa creatura ha cominciato a falcidiare conti correnti e sanità mentale delle persone, creando milioni di nuovi imprenditori tali solo sulla carta... A volte, quella bollata delle cambiali!

Se vuoi sapere perché, salvo rarissime eccezioni, NON DEVI iniziare a puntare tutto il tuo business sul comemrcio elettronico, ti consiglio caldamente di leggere tutta questa pagina.

Ti avverto subito: c'è molto da dire e c'è molto testo da leggere e, soprattutto, intendere.

Sì, forse ci metterai un po' a leggere tutto e a comprenderlo bene, e so che, sul web, tu vuoi 'tutto e subito'.

Beh, in questo caso ciò non è possibile: devi sorbirti la zuppa fino alla fine.

Ma facendolo, potrai risparmiarti la perdita di decine - se non centinaia - di migliaia di Euro.

A te la scelta, dunque.

Buona lettura!

Il problema del traffico è dato non dal grande numero delle macchine in sé, ma dal fatto che chiunque può mettersi alla guida di un auto.

Cos'è il commercio elettronico

Si definisce commercio elettronico (eCommerce dall’inglese, contrazione di Electronic Commerce) qualsiasi attività che preveda la presentazione e la vendita di prodotti (beni o servizi) direttamente online, attraverso i servizi principali dell’Internet.

Tali canali sono essenzialmente il World Wide Web nella misura maggioritaria, seguito a ruota dalla posta elettronica.

A sua volta, l’enorme oceano del web è frazionato in tanti altri macro-settori (siti d’aste online, social network, siti proprietari con piattaforme proprietarie, ecc.), ma sintetizzando qualsiasi pagina web che proponga qualcosa in vendita e permetta al cliente di comperarlo direttamente senza recarsi in un punto fisico può definirsi ‘eCommerce’.

L’eCommerce ha segnato profondamente non solo la storia ed il successo del World Wide Web e dell’Internet in generale, ma ha drasticamente mutato il concetto stesso di commercio, cambiando molte delle nostre abitudini di spesa e di acquisto.

Il mercato del commercio elettronico, partito durante la seconda informatizzazione delle masse negli anni ’90, genera nella sola Italia circa 6,6 punti del Prodotto Interno Lordo, con un valore stimato tra i 100 ed i 150 miliardi di Euro.

Il commercio elettronico può essere adattato a quasi tutte le tipologie di commercio, sia Business to Business (B2B) che Business do Consumer (B2C).

È considerato parte del commercio elettronico anche tutto il lavoro logistico e prettamente tecnico che è necessario per mantenere database, strutture server e dati, assistenza tecnica, programmazione e progettazione, ecc.

Sempre in Italia, tutto il commercio elettronico con i settori che ne permettono la sussistenza danno lavoro ad oltre 700.000 persone.

Quando è partito il commercio elettronico?

Inteso come lo scambio B2B e la possibilità per le aziende (quasi sempre enti di ricerca o grossi apparati statali) di comunicare fatture e documenti in modalità elettronica, il commercio elettronico vede la sua nascita con la rete Electronic Data Interchange, di derivazione militare, a fine anni ’70 del 1900.

La rete EDI non raggiunse mai le attività commerciali comuni, ma i suoi presupposti (anche concettuali) furono adattati dall’inizio degli anni ’90 in poi, quando i costi di accesso all’Internet e al World Wide Web permisero alle aziende di cominciare ad usare il protocollo HTTP e la posta elettronica come media di promozione e vendita.

I maggiori operatori di eCommerce mondiali (Amazon, eBay, ecc.) cominciarono la loro attività verso la fine degli anni ’90, quando la tecnologia di programmazione permise di superare la staticità dell’HTML e creare pagine dinamiche, dialoganti con un database su un webserver.

Quali prodotti si possono vendere grazie all’eCommerce?

Virtualmente, quasi ogni tipo di prodotto, compresi i servizi.

In realtà, il tempo ha stabilito con assoluta certezza che non tutti i prodotti traggono vantaggi dalla commercializzazione elettronica, e non tutti i prodotti a loro volta possono essere con successo venduti online.

Ci sono prodotti la cui distribuzione e vendita è molto agevole telematicamente e prodotti che invece rendono molto difficile una buona penetrazione di mercato senza un punto fisico di supporto.

Dati alla mano, in oltre vent’anni di esperienza di eCommerce, ho appurato che i prodotti che possono essere con successo venduti online (con margini di guadagno però variabili) sono:

  • Prodotti ad alto od altissimo valore aggiunto
    Prodotti che hanno un alto margine di guadagno, spesso dal prezzo premium e con una clientela ben delineata, che conosce esattamente quello che vuole comperare ed è cosciente che può trovarlo solo con certe caratteristiche e condizioni;
  • Prodotti con brand awarness e brand fidelity molto alti
    Prodotti il cui marchio è notorio nel mercato, a cui i clienti hanno riconosciuto determinate caratteristiche di qualità, e che si riconoscono anche nei valori aziendali del brand;
  • Prodotti con distribuzione selettiva
    Prodotti la cui distribuzione è centellinata dall’azienda a pochi rivenditori ufficiali, oppure pochi partner commerciali;
  • Prodotti sanitari specialistici
    Attrezzature ed apparecchiature mediche specialistiche, spesso necessarie in grandi volumi;
  • Prodotti software specifici e dedicati
    Programmi ed applicazioni, meglio se utilizzabili da una specifica tipologia di cliente;
  • Prodotti in direct marketing
    Prodotti nati esclusivamente per essere distribuiti con la tipologia del marketing diretto;
  • Prodotti di servizi artigiani o professionisti
    Servizi vari proposti da artigiani o professionisti, che non necessitano necessariamente di sede fisica e che però abbiano la capacità logistica di servire il cliente o da remoto o direttamente sul posto.
    I servizi devono però prevedere dei costi fissi (anche ‘a pacchetto’), con una tipologia di prezzo adatta per essere venduta su un sito di eCommerce

Al di fuori di questi prodotti, anni ed anni di esperienza mi hanno provato che qualsiasi altra tipologia di prodotto non può essere venduta (con un ragionevole profitto, almeno) direttamente online con un sito eCommerce, ma che necessiti anche di uno o più punti vendita locali, oltre che a comuni e canonici siti statici di vetrina.

Quali prodotti è meglio non vendere in un sito di eCommerce?

Ironicamente, posso rispondere: qualsiasi prodotto che puoi trovare su eBay, su Amazon, su Zalando, Yoox o grossissimi siti di eCommerce similari.

Levando l’ironia, eccoti una lista sommaria di prodotti che, dati alla mano, è pressoché impossibile vendere con un ragionevole guadagno su un sito di eCommerce che non sia di grossissimo nome:

  • Elettronica di consumo;
  • Elettrodomestici;
  • Abbigliamento;
  • Generi alimentari (alcolici compresi);
  • Generi per la casa e per la persona;
  • Prodotti erotici;
  • Prodotti con prezzo premium e/o di lusso;
  • Prodotti che è meglio far testare prima al cliente;
  • In generale, prodotti il cui margine di guadagno è basso o bassissimo

Ci sono poi prodotti che non possono, per legge, essere venduti online, in nessun caso.

Tali prodotti sono:

  • Famarci etici;
  • Farmaci OTC (Over-the-Count), cioè i ‘farmaci da banco’;
  • Farmaci SOP (Senza Obbligo Prescrizione)

So già cosa stai pensando, e ti anticipo la domanda: “Ma conosco gente che vende smartphone, TV e computer con il suo sito di eCommerce e guadagna tantissimo!”

Beh, permettimi di avere dubbi.

Non sul fatto che tu conosca questa gente e della tua assoluta buona fede, ma proprio su cosa ti ha riferito di sé questa gente.

Ti dico una cosa: in vent’anni di marketing online, sai quanti imprenditori ho visto davvero guadagnare vedendo prodotti solo online con solo il sito di eCommerce?

Solo due.

Uno è uscito dal suo investimento a fine anni 2000, reinvestendo il denaro in un…

Grande appezzamento di terra, che ha trasformato in una rinomata vigna producente ottimo vino (che non vende assolutamente online), ed il secondo è tutt’ora uno dei maggiori produttori e distributori di cinematografia porno, rigorosamente di produzione originale.

Sono dentro il settore dell’eCommerce da fine anni ’90, quando ancora non avevo neppure deciso di iscrivermi all’università, e a parte questi due casi che ho poco sopra citato, ho visto solo e solamente autentici bagni di sangue, parlando di volenterosi imprenditori del commercio elettronico.

E adesso ti spiegherò il perché.

Come mai è assolutamente da evitare il commercio online di prodotti di elettronica di consumo?

Fai una prova pratica, che davvero ti costa nulla.

Apri la pagina di ricerca di Google e digita: “iPhone X”.

L’ho fatto io or ora, e in 0,53 secondi l’indice di Google mi ha dato l’output di una SERP di 3.570.000.000 di risultati.

Indovina un po’ chi c’è ai primi posti della SERP?

Il produttore, ossia Apple, poi subito dopo Amazon, seguita da Wikipedia e altri due-tre grossi negozi online di note catene della GDO.

A parte Amazon (che comunque ha immensi magazzini di logistica sparsi ovunque nel mondo), tutti gli altri hanno store fisici e non solo online.

Dopo di essi, altri grossi store (sempre con negozio fisico) tipo Mediaworld e Unieuro, e poi altre ditte (locali, sul territorio) di assistenza e riparazioni specifiche solo per iPhone.

Seguono poi diversi siti (grossi, di centinaia di pagine) che trattano di elettronica, con schede tecniche di produzione originale e recensioni chilometriche.

Ovviamente, a ciò si accodano anche i provider telefonici, con i loro sterminati siti di informazioni ed offerte.

Cosa ti dice questa SERP?

Che il famoso pesce piccolo è SEMPRE mangiato dal pesce grosso, ecco cosa.

I primi siti eCommerce di privati, sempre nella ricerca organica, si cominciano a vedere dalla quarta pagina in poi, ma sono quasi tutti non italiani.

Certo, tu ora mi dirai:

“OK dai, hai usato una keyword troppo generica!
Io voglio vendere il mio iPhone in Italia, e lo vendo ad ottimo prezzo!”

Benissimo, allora mettiamo questa query: “iPhone X prezzo più basso”

La SERP restituisce stavolta 18.100.000 risultati: beh, hai scalato un bel po’!

Al primo posto, un noto (famoso ed enorme) sito di schede tecniche e prezzi, poi via via indovina un po’… Amazon, eBay, mega-siti o mega-blog che si occupano solo di telefonia e hanno centinaia di pagine con schede tecniche e testo originale, poi Apple, Mediaworld, ecc.

Cambiato qualcosa?

Mi pare proprio di no.

Certo, hai ristretto la query, ma la SERP della ricerca organica continua a premiare solo i pesci grossi, di certo non i piccolini.

Questo esempio banale, che puoi applicare con le stesse modalità di risultato anche ad altri prodotti di largo consumo (TV, scarpe, vestiti, elettrodomestici, ecc.) ti dice chiaramente che Google, come qualsiasi altro motore di ricerca, da più importanza a pagine di grossissimi siti, storicizzati, con contenuti originali, che stanno in rete probabilmente da prima che tu iniziassi a leggere.

Amazon, eBay, Zalando hanno siti multilingua enormi, con dettagliate schede tecniche, contenuti originali (sia visual che testuali), investono una quantità abnorme di denaro in ricerca, sviluppo, migliorie costanti e perenni al reparto tecnico e nuove idee di marketing.

Hanno una scelta di catalogo che tu non potrai mai avere, nemmeno investendo milioni di Euro sul tuo progetto e, soprattutto, hanno una potenza logistica che permette loro un approvvigionamento istantaneo di qualsiasi merce.

Su miliardi (o milioni, poco cambia) di risultati di una SERP, chi pensi che Google premierà?

Chi darà la migliore qualità di risultato ai clienti, con la migliore tecnologia e le migliori strategie di marketing e promozione, oppure tu, che hai investito 10.000 Euro nel tuo sito di eCommerce, ed ora imprechi perché non ci stai dentro con i costi?

La somma che fa il totale

La ricerca organica non è l’unico sistema per far conoscere le tue pagine di business ai potenziali clienti.

È quello che garantisce i risultati migliori e duratori, certo, ma ha bisogno di un’enorme quantità di tempo, forza lavoro ed investimenti economici.

Ci vogliono anni per indicizzare decentemente una pagina, ottimizzandola per generare SERP di buon posizionamento con specifiche keyword.

C’è bisogno del lavoro coordinato di programmatori, designer, pubblicitari e soprattutto web copywriter, capaci di scrivere davvero bene e a conoscenza delle regole che impone la scrittura SEO.

L’algoritmo di Google premia pagine con contenuti di qualità, chiari per l’utente e che siano attinenti con le keyword della query.

Ci vuole ordine, pulizia (sia grafica che di programmazione), grande cultura generale, esperienza di marketing pubblicitario, capacità non comune di scrittura e comunicazione e, soprattutto, estrema precisione e grande metodologia di progettazione promozionale.

Insomma: ci vuole talento.

E ci vuole pure un prodotto valido, presentato validamente.

Anche realizzando tutto questo, ci si scontra poi comunque con i paletti imposti dall’algoritmo di Google, che non possono essere evitati.

Non c’è mai sicurezza che una pagina, per quanto ben scritta e presentata, per quanto corrispondente a tutti i suggerimenti del team di Google, sia poi effettivamente posizionata in una buona SERP relativa alla query di riferimento.

Ti ripeto: non c'è sicurezza.

Proprio per questo, spesso e volentieri affidarsi totalmente alla ricerca organica non basta: bisogna investire denaro per ricorrere alla pubblicità, adottando quindi strategie SEM.

Inutile girarci attorno: devi acquistare spazio pubblicitario utilizzando Google Ads, le inserzioni di Facebook, di Instagram o prodotti similari.

Anche in questo caso, pur spendendo soldi nella tua campagna pubblicitaria online, non hai nessuna sicurezza che il tuo sito di eCommerce ti generi guadagni.

Anzi, è probabile che tu ti possa ritrovare a spendere decine di migliaia di Euro per non concludere assolutamente nulla.

Vuoi un esempio?

Sicuro, ma prima devi sapere come funziona il meccanismo di Google Ads e, in generale, di qualsiasi piattaforma d’inserzioni che adotti la metodologia dell’asta (bidding).

Ti parlerò di Google per semplificare, ma puoi adattare lo stesso tipo di discorso a Facebook o quello che vuoi te, basta che sia un servizio di compravendita tramite bidding.

Anche per gli annunci a pagamento, lo spazio delle SERP di Google è limitato: per ogni pagina di risultati, solo pochi annunci possono essere messi in evidenza in promozione.

E, datosi che gli operatori che vogliono vendere o farsi conoscere sono tantissimi, spesso le keyword di una query sono ‘infuocate’, con una grande quantità di inserzionisti che vuole pagare per essere ai primi posti della SERP.

Google ha adottato un ingegnoso sistema per decidere quindi quale inserzionista può comperare gli spazi: un’asta pubblica, effettuata in millesimi di secondo.

Ovviamente, tale asta è gestita da un software con un sofisticato algoritmo, che mette all’asta un determinato spazio in una determinata query (oppure, anche di un sito molto visitato), e vende lo spazio a chi offre di più.

È il sistema del bidding, ossia delle offerte.

Tali offerte possono essere fatte manualmente in fase di impostazione della campagna (impostando ad esempio un massimale di offerta per campagna o anche gruppi di annunci) oppure può essere lasciato fare in automatico al software, impostando un massimale generale di spesa giornaliera, demandando al software di gestire al meglio il budget.

Ecco quindi che keyword più gettonate e più richieste, oppure banner display che devono passare su pagine viste da migliaia o centinaia di migliaia di persone al giorno, risultano più care da acquistare.

Ora, con questo bene in mente, immagina cosa può essere il mercato di parole chiave come ‘iPhone’, ‘televisore’, ‘vino’, ‘scarpe’, ecc.

Anche se prime nelle loro rispettive SERP, ricorda che aziende grandissime come eBay, Apple, Amazon ecc. spendono una quantità enorme di denaro anche in ottica SEM, acquistando milioni di dollari di spazi pubblicitari.

Sempre. Perennemente.

Questo fa sì che parole chiavi di prodotti di larghissimo consumo genereranno un’asta in cui il costo per click è sempre molto, molto elevato.

Aziende come Zalando possono permettersi di pagare anche € 0,50 per un solo click in una query molto affollata, ma tu?

Tu puoi farlo?

A meno che tu non sia un suicida, la risposta è no.

Un ottimo modo di andare fallito

Facciamo un esempio pratico: devi promuovere, pagando, la pubblicità di un tuo gruppo di annunci per il tuo sito di eCommerce che vende vino italiano (dico per dire: sostituisci te il prodotto con quello che vuoi).

A prescindere dalla qualità intrinseca del prodotto (un parametro a cui il software di Google Ads non è interessato), per ogni query che comprenda parole chiave come ‘vino’, ‘vino italiano’, ‘barolo’, ‘italian wine’, ‘barolo wine’ et similia tu spendi una media per click di 0,40 centesimi.

Diciamo che, al giorno, la promozione ti porta duecento visite alla tua landing page (e sono già tante).

Stai spendendo quindi mediamente € 80,00 al giorno, ed è un budget molto, molto basso.

In un mese, avrai speso € 2.400,00.

Fissi, solo per una campagna come diciamo noi ‘always on’.

Diciamo che il tuo sito rimane nella media di mercato, e che quindi tramuti in conversioni – cioè clienti che effettivamente – il 3% circa di tutte le visite.

Questo vuol dire che su 200 visitatori al giorno, solo 6 effettivamente compreranno.

E bada bene: sto ragionando per linee massime, prendendo la media del mercato (una fiduciosa buona media, sappilo).

Quanto guadagni con una bottiglia di vino? Qual è il tuo margine netto, levati quindi costi di produzione, imbottigliamento, stoccaggio, tributi vari?

Con una bottiglia di vino normale, anche se di buona qualità, a stento riesci ad arrivare a 5,00 Euro netti al pezzo.

Vuol dire che, e bada bene sto parlando con un’immensa vena ottimistica, mediamente ogni giorno spenderai € 80,00 di pubblicità e ne incasserai € 30,00.

Quindi guadagnerai € 900,00 Euro al mese, a fronte di € 2.400,00 spesi in pubblicità.

Bravissimo: stai vendendo in perdita!

Ora, scherzi ed ironia a parte: questo è solo un esempio, ma che purtroppo è dannatamente veritiero.

Il succo è: la pubblicità al tuo eCommerce, se vende prodotti a bassissimo margine di guadagno e dall’enorme inflazione di mercato, è sempre in perdita.

Sempre.

Se il tuo guadagno è di pochi Euro per pezzo, e i prodotti che vendi grazie agli annunci pubblicitari sono iper-inflazionati e dall'alto costo per click, la remissione è sempre certa.

Non esiste modo né in cielo e né in terra di guadagnare ed avere un indice ROI (Return of Investment) decente con prodotti il cui guadagno per pezzo è basso, e la concorrenza che li vende è enorme.

Non esiste: non me lo chiedere, perché non ti posso aiutare in alcun modo.

Piuttosto che dire: “Eh, ma magari a me la pubblicità costa di meno per click!” (perché ti potrei portare statistiche dettagliata di non una, ma decine di aziende che pagano questi prezzi medi), dovresti farmi semmai un’altra domanda.

Che potrebbe essere: “Ma allora Amazon e Zalando come fanno? Perdono anche loro!”

No, non perdono.

Sai perché?

Perché i loro costi di gestione, distribuzione e anche acquisto dei prodotti sono differenti dai tuoi, ecco perché!

Riescono a guadagnare con contratti molto convenienti (per loro), costringendo i distributori a prezzi che a te nessuno farà mai.

MAI.

E questo riguarda Amazon, Zalando come i più grandi operatori della GDO.

Possono quindi permettersi di pagare moltissima pubblicità, che tu non potrai mai sostenere.

Anche in questo caso, il pesce grosso non mangia, ma ingoia intero il pesce piccolo.

Esempi di business nati male e finiti peggio

Mensilmente, ricevo molte richieste da parte di ‘wanna-be imprenditori’, che mi chiedono consigli ed analisi di fattibilità per avviare la loro ‘startup innovativa’, che nel 90% ed oltre dei casi si rivela essere semplicemente l’ennesimo sito di eCommerce.

Ringraziando per la fiducia, declino ogni proposta.

E sai perché?

Perché uno dei miei compiti, per il quale giustamente vengo pagato, è quello di consigliare al meglio il cliente e non fargli perdere inutilmente soldi. E tempo.

E lanciarsi senza paracadute nell’ennesimo business online in un mercato già iper-mega-ultra inflazionato, è un suicidio economico puro, a prescindere dalla bontà del prodotto che vendi.

Attenzione: non ti sto dicendo che non devi fare affari online, ci mancherebbe!

Ti sto dicendo solo che progettare tutto il tuo business solo con un sito di eCommerce, vendendo magari prodotti che vendono altri milioni di concorrenti è un pessimo, pessimo modo di investire il denaro.

Negli anni, ho visto situazioni drammatiche nate da estimi di spesa sbagliati, da valutazioni di business errate, da cocciutaggine, da assoluta mancanza di spirito analitico e, ovviamente, da irreali convinzioni personali, del tutto avulse dai dati della realtà.

Ti porto due esempi, che mi hanno particolarmente colpito.

Il primo è quello di un avvocato di successo romano, uno dei pochi legali a riuscire a ‘sfondare’ in un settore già di per sé iper-inflazionato, dalla concorrenza infinita ed in perenne guerra intestina.

Già l’essere riuscito a farcela, ritagliandosi un posto di importanza in un mercato alla canna del gas per l’enorme numero di competitors, sarebbe dovuto essere un motivo di orgoglio e soddisfazione, ma lui non la pensava affatto così.

Mente sicuramente brillante, validissimo professionista nel suo settore specialistico, aveva però un grande cruccio: non sopportava il suo lavoro.

Lo ‘digeriva’, poiché gli permetteva di vivere ad un certo livello, ma cercava costantemente altri business, esplorava sempre nuove opportunità per poter, un giorno, abbandonare la toga definitivamente.

Breve puntualizzazione: se vi sembra assurdo questo comportamento, sappiate che non è poi tanto raro, in un paese che ha una pessima cultura del lavoro, una mentalità che mira essenzialmente a ‘fottere il prossimo prima che il prossimo fotta te’ e che vede l’immagine della felicità dell’esistenza e della piena realizzazione di sé solo nello strapotere economico e nell’ostentazione sociale.

Insomma, cercando qui e cercando lì l’avucat nel 2012 trovò un’agenzia di manigoldi belli e buoni, che gli proposero un fantastico business: vendere magliette (per l’esattezza, T-Shirt) di ‘design giovane’, a ‘prezzi di realizzo bassi’ poiché fatte in Tunisia e ‘risparmiando tutta la logistica e le spese di negozio’, poiché distribuite e rivendute direttamente online.

Ovviamente, su un sito di eCommerce fatto in Wordpress.

Solo per la realizzazione della ‘piattaforma software’ (un banale template aggiustato alla bene e meglio) e l’impaginazione del catalogo, spese 10.000 Euro.

A cui si aggiunsero i costi del designer delle magliette (altri 10.000 Euro circa), versamento del capitale sociale della Srl (altra botta da 10.000 Euro), notaio, Camera di Commercio, commercialista, spese d'istruttoria, balzelli vari et similia.

Gli prospettarono guadagni favolosi: costo di produzione delle magliette circa € 1,50 al pezzo, rivendibili (con un assurdo piano di marketing) a circa € 15,00 l’una.

Levata IVA e ‘pochissime spese di gestione’ di sito e logistica, un bel guadagno.

Un gran bel guadagno.

Troppo bello, infatti.

Lo ‘strategic consultant’ dell’agenzia di marketing che curava tutta la promozione gli fece ordinare una prima produzione di 10.500 maglie (!!!), assicurandogli che ‘si sarebbero vendute come il pane, datosi che si era a ridosso di Natale’.

Ovvio: prima di Natale, tutti i business vanno lanciati, per sfruttare l’onda degli acquisti compulsivi, vero?

Pure i business che hanno un marchio irriconoscibile, un prodotto iper-inflazionato e sono perfetti sconosciuti sul mercato.

L’avvocato spese dunque poco più di 15.000 Euro per la prima partita di materiale, ma i geni del marketing non pensarono ad avvisarlo di un piccolissimo particolare: per i paesi extra-UE, è previso il pagamento di un dazio doganale per ogni merce importata.

A cui va aggiunta l’IVA, le spese amministrative e, ovviamente, le spese di trasporto.

All’epoca l’azienda tunisina riceveva pagamenti solo via Western Union, quindi ai costi si aggiunsero anche le spese per il servizio di invio del denaro.

Arrivò quindi a spendere molto, molto più di quello che lo ‘strategic consultant’ gli pianificò, ma comunque a pochi giorni dall’avvio del business era ancora (ingiustificatamente) fiducioso: i margini sui singoli pezzi sarebbero comunque stati sufficienti ad ammortizzare rapidamente i costi.

La versione definitiva del sito dove avrebbe dovuto ‘fare sfracelli’ sul mercato, che sarebbe dovuto diventare ‘praticamente la versione low-cost di Zalando’ fu messa online a ridosso di Natale, con enormi problemi di stabilità (i moduli di ordinazione crashavano di continuo), con buona parte delle schede prodotto tradotte direttamente con un pessimo traduttore automatico dal francese (non si è mai saputo il perché) e, soprattutto, con una posizione all’indice di Google vergognosa.
Ovverosia: manco in centesima pagina.

Gli esperti dell’agenzia di marketing lo invitarono a ‘non abbattersi’, poiché ‘era così che le cose andavano per tutti all’inizio’, e gli proposero un piano pubblicitario su Google Ads (all’epoca, Google Adwords) da, tah-dah!, soli 12.000 Euro.

Ovviamente, assicurandogli un ROI ‘di almeno il 20%’ di guadagno.

20%, manco un bond di Madoff ai bei tempi andati.

Un tantinello nervoso ma ancora fiducioso (su quale base poi, manco lui lo capì mai), accettò.

Quando lo conobbi io era il novembre del 2013, quindi era passato quasi un anno esatto dall’avvio del business.

Vuoi sapere quante magliette vendette in quei 365 giorni?

Sette stock (quasi) pieni.

Uno stock erano 50 capi.

Un guadagno lordo di poco più di € 5.000,00.

Per un investimento complessivo, considerando anche un anno di spese di magazzino, di circa € 50.000,00.

A cui si aggiunsero costi di gestione del sito (ovviamente, fuori contratto), spese di commercialista, tributi vari dovuti all'INPS, ecc.

Il danno totale della perdita si aggirò attorno ai € 70.000,00, Euro più o Euro meno.

E ti ripeto: tale persona non era assolutamente stupida, né sprovveduta.

Semplicemente, aveva scelto un settore sbagliato, un’agenzia di marketing che ha pensato esclusivamente a tirare l’acqua al proprio mulino, un prodotto iper-inflazionato e un metodo distributivo e di vendita ormai ‘desertificato’.

Datosi che comunque il suo lavoro di legale gli permetteva di sopportare una botta del genere, masticò un po’ amaro ma non se ne fece più di tanto un dramma.

Ovviamente, gli rimase la voglia di provare a trovare un altro business per lasciare il suo studio.

Trovò l’idea di vendere bibite allo 0,0% di alcool ma dal sapore di spumante, vino o vodka (con ‘una formula brevettata esclusiva, di mia proprietà’ e ‘fatta in Francia da un’azienda ad alta tecnologia’), in cui investì altri € 110.000,00 circa, con l’intenzione di venderne ‘a pallet interi’ nei paesi islamici.

Ovviamente, tutto online, ma stavolta ‘con una piattaforma migliore, un gioiellino’.

SBAM! Sito in Wordpress con ennesimo template osceno.

Assaggiai quella robaccia una volta sola, mi venne da vomitare e gli dissi che era semplicemente un prodotto disgustoso, peraltro di dubbia utilità rispetto al target di riferimento.

Solitamente infatti, gli arabi ricchi infrangono sovente il vieto del consumo d'alcool, e quando lo fanno (ovviamemente) scelgono prodotti di prima qualità.

Nessuno vuole il surrogato di niente, ad alti livelli di potere di spesa.

Un prodotto del genere poteva quindi (forse) andar bene per la classe più povera di paesi arabi poveri, peccato solo che aveva un costo altissimo (oltre € 20,00 a bottiglia) e che compagnie come The Coca-Cola Company da decenni offrono bibite analcoliche proprio per chi non può o non vuole bere alcool.

A prezzo molto, molto più basso e, diciamocela tutta, con un gusto caratteristico e identificativo, che piace.

Tanto per non farsi mancare nulla, forse remore della batosta presa in precedenza, durante tutta la fase di ideazione del nuovo business, l'avvocato ci mise in mezzo pure un corso di ‘Marketing per le startup’ (o qualcosa del genere) alla Bocconi.

In cui, ovviamente, oltre a spillarlo di soldi per poche ore a settimana, gli insegnarono che ‘partire con un nuovo business è molto difficile, e che la vita media delle nuove imprese è due anni’.

L’utilità.

Il tempo mi fece perdere i rapporti con lui, ma non credo che il suo business sia andato molto bene, datosi che non ho ancora visto il suo brand da nessuna parte nell’Internet.

Ma magari sono io che non sono in grado di leggere l’arabo, né ho tanta voglia di andarmi a tradurre le notizie dei siti arabi.

Potrai dirmi: “Eh vabbè, ma è stato un bel pistola lui, a fidarsi”.

Non concordo totalmente.

Credo che, tra i vari compiti, il lavoro di un buon consulente di marketing sia stilare con precisione una matrice SWOT, analitica ed onesta.

E che non bisogni mai (e sottolineo MAI) spingere le vendite di prodotti che, onestamente, devono competere in un mercato iper-inflazionato, hanno basso o bassissimo valore aggiunto e che, in definitiva, sono difficilissimi da smerciare con un apprezzabile margine di guadagno, se non per colossi della GDO o del commercio elettronico.

Chi va a Roma, perde poltrona

Ah, Roma, la Città Eterna!

La mirabilia d’Italia, l’Urbe che ha dato i natali ai più grandi conquistatori, al concetto stesso di ‘stato’, alla civiltà occidentale e… Al turismo più sfrenato.

E dove c’è turismo, si sa, girano soldi.

Più o meno soldi, a seconda del tipo di turismo e delle strutture ricettive.

Così, nel 2017, conobbi una rampante imprenditrice ‘che si stava facendo da sola’ (di che cosa però, non me lo disse mai), che aveva avuto una fantastica idea: aprire l’ennesimo sito di eCommerce, stavolta vendendo panini ‘di qualità, con ingredienti freschi’ direttamente online, senza un negozio fisico, ma ordinandoli dal sito e dall’app.

Perché non può MAI mancare un’app, sennò non sei nessuno.

La cosa bella, e grande punto di forza del business, era il target di riferimento: non gli italiani, ma i turisti, specie quelli americani.

"Perché quelli mangiano schifezze, e quando vengono qui vogliono mangiare bene".

“Ma scusa, se vogliono ‘mangiare bene’, non possono andare in uno dei millemila ristoranti che sono OVUNQUE a Roma?”

“L’idea bella è questa: ordinano sul posto, mentre passeggiano per i Fori Imperiali, prima di entrare al Colosseo, quando son troppo stanchi per la giornata passata a girare… Ovunque!”

Rimasi abbastanza basito.

Un’idea geniale, non c’è che dire: in una megalopoli dove appena tiri uno sputo becchi un ristorante, una panineria, un bar, un’osteria, un fast-food od anche un chiosco ambulante, l’idea di andarsi a pigliare un panino aprendo l’app (che devi scaricare), beccando il sito (che devi trovare) e sfogliando un infinito catalogo di cose molto salutari ma che che i turisti NON VOGLIONO MANGIARE, datosi che sono in Italia e vogliono invece ingollarsi di pasta e cotechini vari… È davvero da Oscar.

Soprattutto, perché non si va minimamente a scontrare con giganti della consegna online di vettovaglie e cibo vario come Deliveroo e Just Eat!.

Mi si passi la parentesi, ma a questo punto è d’obbligo.
Ti ricordi per caso dei film della serie di “Jurassic Park”?
Bene, se te li rammenti, concorderai anche tu che c’è un filo conduttore che lega tutti i film della saga.
Tutti, anche quelli degli ultimi tempi, usciti a distanza di tanti anni dai primi.
Sai qual è il filo conduttore?
Non sono i dinosauri, quello è ovvio.
Il filo conduttore è che, dopo una miriade di morti ammazzati nei modi più atroci e bestie sanguinarie alte come un palazzo due piani che ti vogliono usare come stuzzicadenti, nessuno ha ha veramente capito che quel cazzo di parco NON LO DEVONO APRIRE.
Ecco, quando sento di business che vendono sempre gli stessi prodotti (o variazioni sul tema dei soliti prodotti), in un mercato iper-inflazionato, in cui si hanno a disposizione anni ed anni di dati, di statistiche, di studi di settore che dicono che l’impresa parte già in pieno fallimento, penso esattamente questo esempio.

La nuova Stefania Lavori de’ noantri (tanto pe’ cambia’, masterizzata alla Bocconi… Ma che è, la  strage dei bocconiani?) mi commissionò una breve analisi dei rischi e dei punti di forza, in cui riversai una ventina di pagine di studi di mercato, analisi attendibili e trend degli ultimi due anni, da cui si evinceva l’evidenza lampante della pericolosità del business.

Molto più apertamente, alla consegna del report le dissi chiaramente che ‘la sua idea di affare non era l’idea di affare che aveva il mercato’, sconsigliandola caldamente dall’investire ulteriori soldi e tempo nel progetto.

Inutile dire che non mi ascoltò, ma almeno riuscii a convincerla a tentare di implementare la collaborazione con Just Eat!

I guadagni si sarebbero un pelo abbassati sul prezzo unitario, ma sarebbe aumentato il margine totale grazie alla forza del brand ed il successo che, già all’epoca, il servizio di food delivery aveva.

Spese circa € 15.000 solo per applicazione e sito web, più una valanga di altri soldi per l’affitto di un locale con canna fumaria, lavori di adeguamento della struttura agli (ossessivi) vincoli dell’ASL di Roma, tre stipendi pagati a due cuochi e un ragazzo per le consegne.

Commercialista, notaio, leasing di cucina ed attrezzature varie (compreso scooter per le consegne), per un totale di circa € 120.000 spalmato su 12 mesi.

Dodici mesi a cui non arrivò comunque mai, poiché fu costretta a chiudere molto prima per mancanza di clienti: i pochissimi che ordinavano arrivavano da Just Eat!, erano tutti italiani e tutti poi non ripetevano l’esperienza.

Per ovvi motivi.

In quest’ennesima storia di tentato eCommerce, chi ci ha guadagnato più di tutti?

Due soggetti: l’azienda che gli vendette app e sito e, come al solito, lo Stato.

Pochi soppravvivono, molti falliscono

I numeri dei successi dell’eCommerce sono preoccupanti.

Davvero, lo sono.

L’ISTAT non rilascia dati sul fenomeno ormai da tempo (e chissà perché), ed i dati della Casaleggio Associati non sono attendibili.

Il giro d’affari delle vendite online supera abbondantemente, nella sola Italia,le decine di miliardi di Euro, ma la percentuale di quelli che riescono davvero a far soldi e sopravvivere ai primi due anni di attività è misera: circa il 5%.

Considerando che il commercio tradizionale, con negozio fisico (pur con tutti i problemi che si porta appresso da anni), ha percentuali di successo del 30%, i conti su quanto sia difficile, per non dire impossibile, guadagnare seriamente con l’eCommerce son presto fatti.

È quasi sempre (uso il quasi solo per rispetto del calcolo delle probabilità) una perdita, per chiunque non sia così ‘grosso’ da poter investire milioni nell’affare.

Perché la maggioranza degli eCommerce fallisce?

Nel famoso manga di Hiroiko Araki, "Le Bizzarre Avventure di Jojo", alla fine della storica terza serie intitolata "Stardust Crudaders", il cattivissimo Dio Brando ci spiega esattamente cosa non va fatto per evitare problemi di gestione ed inflazione del mercato.

Dio, che è un sanguinario vampiro centenario rimasto chiuso per quasi un secolo in una bara in fondo al mare, si risveglia a fine anni '80 del 1900 e capisce immediatamente che il problema del traffico è dato non dal grande numero delle macchine in sé, ma dal fatto che chiunque può mettersi alla guida di un auto.

Detto ciò, si prefigge di evitare di fare lo stesso parlando di chi detiene il potere, ovviamente riferendosi a lui, in guerra con i coraggiosi Joestar che lo stanno braccando da tempo.

Ora, pazzi vampiri secolari con delirio di onnipotenza ed in grado di fermare il tempo a parte, il problema del commercio elettronico è esattamente quello individuato da Dio nel traffico: è facilissimo entrare nel business, anche per chi ha poche risorse economiche ed è per giunta a digiuno di nozioni basilari di economia e marketing.

Nel corso degli anni, l'avvento dei CSM e dell'Internet a bassissimo costo per tutti ha causato un'inflazione spaventosa di siti di eCommerce e di account commerciali su eBay, rendendo quindi tutto il mercato fin troppo fluido.

Come forum, blog, social network si sono riempiti di analfabeti (che ci son sempre stati, solo che prima erano a noi invisibili), grazie alla disarmante facilità di accesso all'Internet, così il mercato del commercio elettronico è peggiorato, venendo invaso da milioni di siti pressoché inutili.

I pesci grandi rimangono grandi, e diventano sempre più grandi proprio mangiando i pesci piccoli

Sai perfettamente che un piccolo negozio di alimentari a cui hanno aperto proprio di fronte un grande supermercato della GDO fatica, e non poco, a rimanere aperto.

Così come il piccolo negozio tradizionale su strada, strozzato spesso dall’impossibile concorrenza del centro commerciale.

Se sei un commerciante e devi affrontare autentici mostri, capaci di avere una logistica in cui lavorano migliaia di persone, con una catena distributiva ed ordini che tu non potrai mai fare in tutta la tua vita lavorativa, devi puntare su altro per poter sopravvivere.

Infatti, il commercio su strada tradizionale ha puntato su altro per contrastare la GDO e i centri commerciali, come ad esempio l’attenzione per il cliente (non facendolo solo sentire una fattura od uno scontrino), l’assistenza post-vendita, la peculiarità e la ricercatezza dei prodotti, anche quelli di nicchia.

Chi ha un negozio fisico sa bene di ciò che sto parlando, poiché è sopravvissuto agli ultimi 15 o 20 anni proprio reinventandosi, ed ampliando quindi la propria offerta, anche dando il via a nuove strade di marketing.

Non a caso, l’ambient marketing è nato proprio nei contesti dei piccoli centri d’acquisto.

Il commercio tradizionale prevede tutta una serie di problematiche che i commercianti conoscono bene, e a cui sono abituati da anni: tra di queste, oltre la trattativa con i distributori, c’è quella del contatto diretto col cliente.

Nel negozio fisico, il cliente non è un account, non è un profilo Facebook, non è un like su Instagram: il cliente è… Il cliente, un essere umano in carne ed ossa, che deve soddisfare un bisogno.

Chi ha quindi a che fare con gente in carne ed ossa ogni giorno, sa le tecniche di vendita che può utilizzare, conosce la psicologia del compratore, sa come trattare con esso.

Tutto ciò avviene di rado nella GDO, come non avviene proprio su Amazon, eBay, Zalando e via discorrendo.

Loro si muovono per grandi, grandissimi numeri: sono come un carro armato, peraltro con doppia o tripla corrazza anti-missile, e l’unico problema di cui blandamente hanno paura è quello dell’aumento dell’imposizione fiscale.

Anche se, comunque, il tempo ha decretato che trovano sempre modi per aggirare qualsiasi stretta del fisco (si pensi al famoso ‘Doppio Irlandese’).

Non comperano 30, 40 o 50 Euro al giorno di pubblicità su Google Ads o Facebook, ma trattano inserzioni da centinaia di migliaia di dollari all'ora.

Possono permettersi di pagare 40, 50.000 Euro per uno spot di 30 secondi in TV, possono imporre ai loro fornitori i prezzi che hanno deciso per un determinato prodotto o stock, possono anche vendere in perdita (facendo dumping) e continuare a farlo per un’enorme quantità di prodotti, senza che ciò ne influenzi significativamente il guadagno totale.

Mettitelo in testa ora ed una volta per tutte: non puoi combattere contro di loro.

Non sei Davide, loro non sono Golia: non basta una pietra ben scagliata per tirarli giù.

Con gli anni, con gli investimenti e con una mirabile gestione aziendale puntata sempre e comunque alla crescita (anche con ottime scappatoie legali e fiscali) sono diventate delle autentiche multinazionali, con cui non puoi scontrarti.

Riescono ad assorbire talmente tanti clienti al mese che possono permettersi il lusso di decidere non solo a chi vendere, ma a chi non vendere.

Hanno in mano tutta l’elettronica di consumo, tutti i prodotti per la casa, tutto l’abbigliamento, tutta l’oggettistica, la cancelleria e si stanno prendendo anche (a forza) il mercato alimentare.

Dove non guadagnano con la rivendita pura, guadagnano con altre cose.

eBay ha PayPal, e prende commissioni su ogni transazione di denaro.

Stessa cosa fa Apple con Apple Pay, mentre Google… Beh, Google guadagna sempre e comunque su qualsiasi cosa.

Sì, sono dei mostri.

Sì, sono dei mostri che abbiamo creato noi, a cui abbiamo dato fiducia e di cui siamo diventati ormai dipendenti.

A meno che non toppino loro, per qualche importante decisione sbagliata di gestione societaria, crack azionario o qualche guaio con la legge, difficilmente cadranno.

E tu sei il loro cibo: sei il piccolo pesce che li nutre.

Come disse un mio vecchio cliente tanti anni fa, l’epopea dei pistoleri nel vecchio West è finita da un pezzo: non ci sono più terre da assegnare, almeno non in questa parte di mondo.
I colossi del commercio elettronico così hanno solo un unico obiettivo, che perseguono strenuamente ogni santo giorno: prendersi il pezzetto di terra degli altri.
E ci riusciranno, fino a che rimarranno solo loro.

Quindi quando conviene l'eCommerce?

Non fraintendermi: l’eCommerce non è una cattiva idea in sé, ma lo è se pensi di farlo magicamente, e se pensi anche solo di poterti mettere in contrasto o in competizione con concorrenti per cui tu non sei assolutamente nulla.

Avere un negozio online può essere utile se e solo se hai anche un negozio fisico.

Ad esempio, online puoi mettere ciò che vendi di meno, ciò di cui ti vuoi sbarazzare per far posto ad altro, le rimanenze di magazzino, i rinnovi dei locali, ecc.

Puoi praticare sconti significativi senza svendere i prodotti del negozio, puoi fidelizzare qualche cliente con buoni sconto, puoi insomma levarti di torno piccole seccature o piazzare piccoli guadagni che, nella massa… Fanno massa.

Più che dedicarti al tuo negozio online, però, ti consiglio di dedicarti sempre al tuo negozio fisico in primissima battuta: non spendere molto per il tuo business di eCommerce, ed usa sempre soluzioni già pronte, che necessitano di poco lavoro di setup.

Solo così potrai avere piccoli ritorni, non andando in pura perdita.

Piuttosto che l’eCommerce, fatti una bella vetrina

Sai che quasi tutti i professionisti di successo si rifiutano di avere un negozio online?

Se hai letto bene questo lungo articolo, forse hai capito anche il perché.

Ora il mondo del commercio è geolocalizzato: i clienti vogliono trovare una soluzione vicina in primis, e solo poi pensano a tutto il resto.

Piuttosto che avere velleità di ‘vendere in tutto il mondo’, i professionisti di successo pensano prima a vendere dove sono loro, nella loro provincia, città o regione.

Poi se viene qualcosa anche da fuori, ben venga: ma non è il loro core business.

Più che l’ennesimo sito di eCommerce indicizzato pessimamente su Google e su qualsiasi altro motore di ricerca, pensa piuttosto a farti trovare localmente, dove sei te.

Pensa a costruire una buona scheda di Google My Business, ad esempio: metti orari dettagliati, indica ai clienti se fai consegna o lavori a domicilio, descrivi i prodotti che vendi e proponi le tue offerte da lì.

Non affidare tutto a grossi social network: oltre alla tua pagina Facebook od Instagram, costruisciti anche un sito-vetrina, dove dai informazioni utili e precise ai tuoi clienti.

Descrivi nel dettaglio quello che fai e quello che vendi, rispondi alle loro FAQ, falli sentire parte di un servizio o di un bene che hanno in pochi.

Insomma… Venditi!

In primis come azienda, brand, punto di riferimento, solo poi presenta i tuoi prodotti, nel modo giusto.

Sì, lo so, è un lavoro che richiede tempo, tanto tempo.

Richiede potenzialità, predisposizione, capacità.

Richiede di passare notti insonni a scrivere pagine di informazioni ben strutturate, utili non per un software, ma per le persone.

Vendi batterie ricaricabili?

Spiega cos’è una batteria ricaricabile, e perché il tuo cliente deve cambiare periodicamente.

Dai informazioni che possono valorizzare il tuo prodotto, e mettiti anche (e soprattutto) nella pelle dei compratori: in fondo, anche tu lo sei giornalmente, o no?

Nel SEO non esistono maghi, e non ci sono trucchi

Al contrario di molti colleghi e di molte agenzie, non so davvero darti i ‘dieci trucchi magici del SEO’, o regalarti tre o quattro video dove ti spiego come diventare ricchissimo, di successo o top seller.

Sai perché non posso farlo?

Perché è impossibile farlo.

Non ci sono più trucchi nel SEO: gli algoritmi dei motori di ricerca sono talmente avanzati che possono capire anche la semantica dei testi, e non solo le keyword e la struttura.

Sanno perfettamente distinguere un testo di qualità da uno copiato o di mediocre fattura, così come sanno preferire l’azienda locale a quella lontana quando un utente esegue una query.

GoogleBot preferisce pagine snelle, ben strutturate e con codice pulito, piuttosto che pagine infarcite di immagini responsive a tutto schermo, lente a caricarsi e con l’accozzaglia di codice sparato alla cavolo comune a tutti i CSM.

Tutti i ‘trucchi’ che leggi in giro per ‘fregare’ i motori di ricerca ed eseguire così una strategia SEO a basso costo sono delle bufale: e non potrebbe essere altrimenti, sennò non credi che i diretti interessati ne approfitterebbero da soli, facendo un sacco di soldi e guardandosi bene dal rivelare la loro ‘magia’ ai potenziali concorrenti?

Tu sai cosa sono i sedicenti ‘maghi’ o ‘veggenti’ o ‘sensitivi’ che popolano ed ammorbano da anni la società umana, che trovi ancora in qualche TV locale a tarda notte e che ti assicurano di darti dei magici numeri per vincere al lotto, vero?

Truffatori.

Quello che puoi fare

C’è una sola regola che può tentare di farti sopravvivere ai pistoleri del West che si sono ormai appropriati di quasi tutte le terre possibili: cambiare aria, e cambiare territorio.

Se la vendita diretta solo ed esclusivamente online è ormai impossibile, buttati su altre strade.

Vedi, c'è un qualcosa che la GDO, Amazon, eBay e i colossi dell'eCommerce ancora non possono fare: non possono essere così vicini al cliente come invece puoi esserlo tu.

Vendono prodotti generici, ne vendono tanti, ma anche con il servizio d'assistenza migliore non possono, per ovvi motivi prettamente numerici, seguire il cliente passo passo.

Tu invece puoi.

Pensaci!

Chiamami, parliamone

Promozione e marketing a Roma

Vuoi parlare con me del tuo business di eCommerce?

Ti ascolto!

Mi occupo di web marketing, web copywriting e pubblicità e campagne promozionali

'Below-the-Line' da oltre 15 anni, e sono pronto ad ascoltarti e a mettere le mie conoscenze al servizio del tuo business.

Se hai bisogno di contattarmi velocemente, compila pure il modulo che trovi qui sotto: ti risponderò sempre entro 24 ore.

P.S. Presta attenzione ai campi con * perché sono obbligatori!

E se ci tieni davvero ad essere ricontattato, non sbagliare ad inserire il tuo numero telefonico ed il tuo indirizzo email!

Scrivimi ora, e ti aiuterÒ!
prima consulenza sempre gratuita!
Contattami ora per la tua promozione digital
Tutti i campi con * sono obbligatori.
Ti risponderò entro 24 ore al recapito che sceglierai come preferenziale.
Sei interessato a:
Dove preferisci essere ricontattato?
Email Telefono


Questo modulo è protetto contro lo spam da Google Recaptcha
Se il form ti dà problemi d'invio,
puoi mandarmi una mail a
info[at]georgefiorini.eu
Digital Marketing a Milano
Vuoi contattarmi telefonicamente?
Sono sempre a tua disposizione, chiamami!

Siti web ottimizzati SEO
La tua agenzia pubblicitaria creativa a Milano
La tua agenzia pubblicitaria creativa a Milano
Giorgio Fiorini
Digital Specialist , SEO e SEM expert
Ho smontato il mio primo calcolatore elettronico a 9 anni, e miracolosamente sono riuscito a rimontarlo più o meno funzionante.
A 10 anni volevo essere Haran Banjo, a 40 mi sono accontentato di essere riuscito a divenire me stesso.
Non tutto si può vendere grazie al marketing, ma di certo senza il marketing niente si può vendere.
La buona promozione parte da un buon prodotto, al quale non si deve mai rinunciare.
Milano non è una città, è un bel vestito: ti fa risaltare solo se sei tu ad avere eleganza.
Ah: Uan era solo un bastardo rosa.

Sito anti-bufala
Professionisti certificati google per la tua pubblicità
Sono certificato Google, e così tutti quelli che lavorano per me
Una garanzia per te, un dovere professionale per me.
Le Certificazioni Google ti assicurano che sia io che i miei collaboratori siamo costantemente formati, anno dopo anno, e che ci teniamo sempre aggiornati sui servizi che ti offriamo.
Certificazione Google YouTube Video Ads
Google Ads Video Certification

Certificazione Google Measurement
Measurement Certification

Certificazione Google Search Ads
Google Ads Search Certification

Certificazione Google Dislay Ads
Google Ads Display Certification

Certificazione Google App Ads
Google Apps Certification

Certificazione Google Shopping Ads
Shopping Ads Certification
ti potrebbero interessare anche i seguenti contenuti:

Articoli generati da un'AI? No, grazie

Articoli sanitari scritti da umani e non ai

Tutti gli articoli sanitari presenti in questo sito sono stati scritti da professionisti umani.
Le informazioni sono date secondo i principi di scienza e coscienza, con fonti certe, verificate ed attendibili, senza ausilio di algoritmi generativi.
Nessun articolo è stato scritto, anche parzialmente, da un'intelligenza artificiale generativa.

Iscriviti alla mia newsletter

Iscriviti per essere sempre informato sul mondo della pubblicità, del marketing e della tecnologia!
Ti prometto che non ti manderò mai spam o proposte commerciali non attinenti ai tuoi interessi, ed i tuoi dati saranno trattati nel rispetto della legge sulla privacy!

Ti è piaciuta questa pagina? Vuoi parlarne con me?

È rapido e veloce: se hai il tuo profilo su uno dei seguenti social network, clicca semplicemente sul logo che ti interessa per aggiungermi ai tuoi amici: