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La nascita della TV e la pubblicità televisiva

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Ti sei mai chiesto che cos'è esattamente la televisione?
Da dove nasce? Chi l'ha inventata? La tecnologia che ne permette l'utilizzo?
Perché è chiamata il 'media sovrano', anche tutt'ora che è globalmente disponibile l'Internet a basso costo?
E soprattutto, hai mai pensato a cosa ne garantisce la sussistenza economica?
Sai esattamente come si sviluppa la pubblicità in TV?
Se vuoi una risposta a queste e ad altre domande sull'affascinante mondo della TV, non ti resta che leggere questa pagina d'approfondimento.

E ho guardato la televisione / E mi è venuta come l'impressione / Che mi stessero rubando il tempo e che tu / Che tu mi rubi l'amore

Cos'è la televisione

La pubblicità in TV: storia della televisione

La televisione (dal prefisso greco 'tele' cioè 'a distanza' e dal latino 'video', ossia 'vedo') chiamata anche TV per abbreviazione, è un complesso sistema di trasmissione delle informazioni audio e video a distanza, prevalentemente (ma non esclusivamente) per mezzo di radiofrequenze inviate nell'etere oppure direttamente da un satellite, e ricevute da apposite antenne collegate ad appositi apparecchi dotati di un monitor ed altoparlanti in grado di riprodurre immagini, suoni ed anche testi.

Le informazioni trasmesse sono inviate da apposite compagnie (network televisivi), sia pubbliche che private, che si occupano di produrre una grande abbondanza di programmi, con segnali inviati sia in presa diretta (ossia, in contemporanea con la fruizione del servizio) sia in differita, quindi registrate e solo in un secondo tempo inviate al pubblico che le riceve.

Le riprese audio e video sono effettuate con videocamere non molto dissimili da quelle che si usano in cinematografia, e la tecnologia d'acquisizione ha visto un enorme progesso tecnologico dall'avvento della rivoluzione digitale, a partire dagli anni '80 del 1900.

Con l'avvento dell'Internet, i network di tutto il mondo hanno cominciato ad offrire la loro offerta televisiva anche attraverso il World Wide Web, per mezzo della tecnologia di streaming ed usando il servizio IPTV (Internet Protocol Television).

Il numero di apparecchi TV prodotti ed utilizzati in tutto il mondo è difficilmente calcolabile: se nella sua primissima e prima fase d'offerta i televisori costavano carissimi ed erano ben poco accessibili al ceto medio o basso, con l'iper-produzione industriale, l'avvento dell'elettronica a basso costo ed il conseguente crollo dei prezzi di produzione è stata possibile una diffusione capillare della tecnologia in ogni parte del mondo, per ogni classe economica.Contattami ora per la tua promozione!

Quando è nata la televisione

La pubblicità in TV: storia della televisione

Nel 1925, lo scozzese John Logie Baird, utilizzando un disco di Nipkow ed auto-prodotti sensori particolarmente ricettivi al selenio, riuscì ad inviare a distanza l'impulso elettrico di 28 linee di scansione, che formavano l'immagine del suo fattorino William Taynton.

La pubblicità in TV: storia della televisione
Il televisione elettro-meccanico su modello di Baird: è chiaramente visibile il disco di Nipkow, scanner meccanico delle immagini

Il sistema era elettro-meccanico: il disco di Nipkow, girando davanti ai sensori, scansionava riga per riga l'immagine da riprodurre, e la sua luminosità era convertita in un dato valore elettrico, punto a punto.

Sembrerà strano, ma la scansione riga per riga è quella che viene applicata ai giorni nostri, solamente che ora il sistema è totalmente elettronico.

Il disco di scansione (scanner) era sincronizzato, a distanza, con un altro disco di Nipkow che invece era posto davanti ad una lampada al neon, la cui corrente di scarica (e quindi, la luminosità) era controllata dal segnale inviato dallo scanner.

Le immagini venivano poi ingrandite per mezzo di una lente, che dava anche il limite del campo visivo.

In pratica il disco di Nipkow del visore fungeva da tubo catodico, oppure da matrice di pixel se paragonato da un display LCD o LED moderno.

A seguito di questo primo esperimento, Baird effettuò diverse altre dimostrazioni, dapprima trasmettendo il segnale televisivo da Londra a Glasgow su una distanza di 700 Km, e poi su via transoceanica, da Londra a New York.

La pubblicità in TV: storia della televisione
Lo scozzese John Logie Baird, l'inventore della prima trasmissione d'immagine elettromeccanica della storia

Per queste prove, Baird usò un comune cavo telefonico, e le immagini che riuscì a trasmettere elettromeccanicamente erano sia statiche che in movimento, in scala di grigio.

Farnsworth e la televisione elettronica

Nel 1927, l'inventore statunitense Philo Taylor Farnsworth riuscì, nel suo laboratorio di San Francisco, a trasmettere immagini in movimento usando un sistema completamente elettronico: il segnale dello scanner era proiettato su una superficie sensibile senza l'ausilio di un disco meccanico, ma usando un tubo sotto vuoto in cui un elettrodo (catodo) emetteva elettroni per effetto termoionico.

Anche la scansione era totalmente elettronica: con un procedimento inverso, un fascio d'elettroni proveniente da un tubo a vuoto nella cinepresa scansionava riga per riga l'immagine, ed il segnale veniva poi inviato, per cavo o via radio, al visore.

Farnswoth aveva creato il primo 'tubo catodico' della storia, nonché la prima televisione elettronica.

In pochissimi anni, la tecnologia s'espanderà e si migliorerà considerevolmente, e nel 1930 la BBC (British Broadcasting Corporation) cominciò ufficialmente le trasmissioni televisive prima con il sistema elettromemnccanico a 30 righe di scansione, e poi passando, nel 1933, ad un sistema elettronico a 180 righe.

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Philo Taylor Farnsworth, l'inventore della prima televisione totalmente elettronica

Già nel 1934 erano disponibili televisioni atti a riprodurre segnali da 240 righe e 25 quadri al secondo.

Nel 1936 venne adottato il sistema Marconi-EMI, a 405 righe di scansione e con la caratteristica di essere interlacciato: le 405 linee venivano trasmesse sotto forma di due semiquadri complementari, con un frame rate (la cadenza di ripresa, ossia la riproduzione dei frammenti statici d'immagine entro un dato intervallo temporale) di 25 fotogrammi al secondo.

Il sistema Marconi-EMI garantiva una definizione dell'immagine enormemente superiore a quella prodotta dalla tecnologia precedente, e diventò in breve tempo lo standard in Inghilterra e in molti altri paesi del Commonwealth.

Più o meno parallelamente, in Italia un gruppo di tecnici dell'Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche (EIAR) di Torino mise a punto il primo sistema integrato di videotrasmissione e videoricezione: l'EIAR diventerà dopo pochi anni la Radiotelevisione Italiana (RAI), uno dei più grandi network del mondo.

Tutto ciò accadeva in un periodo in cui, è bene ricordarlo, più che il lato prettamente commerciale ed economico del nuovo media era preponderante invece l'analisi squisitamente tecnica e scientifica, e non meno l'ipotesi di un suo ipotetico uso militare: inviare immagini a distanza in tempo reale era visto come un grande vantaggio tattico per gli eserciti (cosa che in effetti è).

Nel 1937, l'incoronazione di re Giorgio VI è il primo evento di una certa risonanza trasmesso in diretta dalla televisione.

Curiosamente, i primi televisori prodotti avevano il campo visuale non quadrato o rettangolare, come siamo soliti vedere oggigiorno, ma rotondo oppure ogivale.

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Una vecchia TV da tavolo della Zenith, con schermo rotondo

La nascita dei network ed il business pubblicitario

Negli Stati Uniti il business economico della TV viene intuito prima di ogni altro paese: nel 1939 la National Broadcasting Company (NBC) iniziò le regolari trasmissioni con una diretta-fiume della Fiera Mondiale di New York.

Da subito il network si dimostrò votato ad un taglio molto meno formale dei corrispettivi europei e molto più interessato a proporre informazioni prettamente commerciali.

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Una TV Philco da tavolo, con schermo ogivale

Il primo spot della storia

Sempre nel 1939, con l'inizio della Seconda Guerra Mondiale, le trasmissioni dei principali network europei cssarono per via del sanguinoso conflitto, ma i colleghi americani invece proseguirono spediti con l'evoluzione del nuovo media: il primo luglio del 1941 la NBC trasmise il primo spot pubblicitario a video della storia, per la nota marca di orologi Bulova.

Lo spot durava 10 secondi, al costo di 4 dollari americani.

Questo passo è considerato fondamentale in tutta la storia della pubblicità, perché aprirà il media televisivo all'uso sistematico della promozione a pagamento come primo mezzo di sussistenza dei network.

Nel 1942 anche i network americani sospesero le trasmissioni causa il conflitto mondiale, ma il dato curioso è che negli USA furono piazzati circa 7000 apparecchi televisivi, quasi tutti concentrati a ridosso dell'area di New York City.

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Una TV degli anni '90, con tecnologia CRT (Cathode-Ray Tube), ossia dotata di tubo catodico.
Tale tecnologia è stata l'unica disponibile per quasi cinquant'anni, ed obbligava gli apparecchi ad essere molto pesanti e di spessore voluminoso, in quanto era impossibile comprimere il tubo catodico oltre una certa lunghezza minima

Dopo la fine della guerra, l'ingegneria ed i programmi televisivi riprenderanno da dove avevano lasciato, e comincerà una fortissima fase d'espansione che durerà per almeno un ventennio, fino a raggiungere una penetrazione pressoché totale su tutto il pianeta a partire dagli anni '70 in poi.

Vengono introdotte numerose funzionalità e miglioramenti, come il colore, gli standard video (NTSC, PAL, SECAM ecc ecc.), la possibilità di inviare messaggi di testo stampato a video (il sistema Teletext, od i sottotitoli per non udenti), la trasmissione via cavo o satellitare e la possibilità di acquistare canali in abbonamento.

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Un moderno televisore con tecnologia LED a schermo piatto

La nascita dei primi network privati, praticamente sempre presenti negli USA ma arrivati in Italia dalla metà degli anni '70 (non senza difficoltà per l'ostruzionismo monopolistico della RAI), completa il business ormai miliardario della TV, divenuto uno dei settori chiave dell'intrantenimento in tutto il mondo.

Alla fine degli anni 2000, si assiste al passaggio graduale dalla trasmissione del segnale analogico ad uno digitale, mentre inziano anche le prime trasmissioni in alta definizione (HDTV).

Come molti avevano ipotizzato all'inizio della prima ondata di alfabetizzazione informatica per le masse, l'Internet non ha scalzato la TV, ma l'ha piuttosto inglobata in un sistema ormai polifunzionale.Contattami ora per la tua promozione!

A chi è rivolta la televisione

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La Radiotelevisione Italiana SpA, uno dei più grandi network del mondo, controllato dallo Stato

La TV è, come qualsiasi altro media, un vettore per le informazioni: è considerato quindi un veicolo generalista, rivolto a qualsiasi persona che possa vedere e sentire.

Al contrario della carta stampata, non è richiesta l'alfabetizzazione per usufruire del media, ma solamente intendere la lingua in cui le trasmissioni vengono prodotte: questo fatto, che ai più sembrerà scontato, in realtà è stato ed è ancora di fondamentale importanza nella storia moderna, poiché molte genti di molti paesi (Italia inclusa) nel primo periodo di distribuzione del nuovo media avevano tassi altissimi di analfabetismo.
Non a caso, negli anni '60 del 1900 la RAI realizzò anche trasmissioni educative (la famosa "Non è mai troppo tardi"), proprio per alfabetizzare la larga parte della popolazione che aveva già passato l'età scolare, ma che ancora non sapeva né leggere e né scrivere.

Questa sua immediata fruibilità è una delle caratteristiche di forza della TV, che l'ha fatta divenire molto popolare in un periodo temporale molto breve.

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Mediaset Spa, il network privato fondato da Silvio Berlusconi negli anni '80

Televisione e propaganda politica

Datosi che, avendo mezzi e strutture, è abbastanza facile inviare l'informazione attraverso la televisione ed è altresì facilissimo dall'altra parte ricevere il messaggio senza altri filtri, la TV è stata, è e forse sarà sempre usata come veicolo privilegiato per la propaganda politica.

Non a caso molte dittature del passato hanno usato la TV come un potente mezzo persuasivo e di controllo della popolazione, mentre tutt'ora (anche in Italia) la situazione della libera circolazione delle informazioni è perennemente sottoposta al pericolo del controllo strumentale politico.

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Sky Italia, il network satellitare pay-per-view del gruppo News Corporation del magnate Rupert Murdoch

Forse è superfluo sottolineare, a titolo esemplificativo, che la Rai SpA è una società per azioni solo di fatto: la maggiorpare del suo pacchetto azionario è detenuto dal Ministero dell'Economia (ossia, lo Stato), e tutto il suo consiglio direttivo, nonché i vertici aziendali e dirigenziali sono da sempre scelti e controllati dal Governo in carica. Contattami ora per la tua promozione!

I prodotti ed i format della televisione

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I tre giganti della televisione italiana: Corrado, Mike Bongiorno e Pippo Baudo

Datosi che non è niente altro che un mezzo di diffusione, è possibile produrre un'infinita quantità di prodotti per qualsiasi target: spettacoli di varietà, manifestazioni sportive, sceneggiati, spettacoli per ragazzi, documentari, notiziari, concerti, e, ovviamente, riprodurre i film proposti inizialmente nelle sale cinematografiche, nonché idearne di specifici per la TV.

La produzione di contenuti originali è però molto costosa, e quindi solo grandi o grandissimi network possono farlo, relegando le emittenti più piccole a comperare prodotti già sviluppati da altri, pagando le royalties e le eventuali licenze.

Nel corso degli anni, sono stati prodotti una quantità incalcolabile di programmi televisivi, in pressoché tutte le lingue del mondo e per qualsiasi target.

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Massimo Boldi ospite del "Drive-In", programma di enorme successo della Mediaset negli anni '80

I format televisivi

Con l'aumento dei loro telespettatori, i principali network mondiali si sono accorti di un fatto abbastanza noto agli antropologi già da diverso tempo: i gusti medi degli esseri umani tendono a convergere in un periodo di tempo sufficientemente lungo, e questo indipendentemente da ceto sociale, nazionalità o lingua parlata.

Questo vuol dire, parlando del mondo televisivo, che una particolare struttura di un programma di successo in un particolare paese che parla una particolare lingua potrebbe adattarsi ad un altro paese con un'altra lingua, mantenendo sempre un alto gradimento di pubblico.

Un prodotto che è quindi commercializzato in vari paesi, su vari network e con vari attori e/o presentatori vari ma con un unica progettazione di base, che ne determina carattetistiche e proprietà inconfondibili è chiamato format.

I gusti medi degli esseri umani tendono a convergere in un periodo di tempo sufficientemente lungo, e questo indipendentemente da ceto sociale, nazionalità o lingua parlata.

Il format può essere visto come un protocollo, o se vogliamo una serie di regole da seguire per ottenere un prodotto similare, a prescindere da chi lo produce e dove lo produce.

Un format ricade sotto la legge del diritto d'autore (o, in Italia, di opera dell'ingegno): è quindi possibile registrarla o depositarla, per venderne poi i diritti.

Ci sono compagnie ed aziende (tipo la nota Endemol) il cui core business principale è proprio l'ideazione e la vendita di nuovi format televisivi.

Ridendoci un po' sopra: c'è un format usato da più o meno tutte le TV del mondo, ormai da svariati decenni, e per cui nessuno paga i diritti d'autore a nessuno. Eppure, è pressoché uguale in ogni canale televisivo, a prescindere la lingua, presentatore e paese.

Quale sarà mai?

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Come si propaga la televisione

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Quando uno spot televisivo diventa così popolare da entrare nel linguaggio comune e sfondare il muro generazionale: il fortunato "Silenzio, parla Agnesi" è ancora utilizzato dall'azienda pastificia italiana, che l'ha utilizzato per il suo ritorno sul mercato nel 2016

Il segnale televisivo può essere inoltrato dall'emittente ai televisori in svariati modi:

  • Tramite radiofrequenze terrestri;
  • Tramite radiofrequenze provenienti da satelliti;
  • Tramite cavo coassiale;
  • Tramite il protocollo TCP/IP, per mezzo di connessioni ADSL,VDSL, fibra ottica, LTE, ecc ecc.

In Italia, il segnale analogico mandato nell'etere dai principali network nazionali è stato definitivamente spento nel 2012.

Attualmente, i segnali della RAI, di Mediaset e delle emittenti locali possono essere captati solo con apparecchi dotati di decodificatore per il segnare DVB-T (Digiatal Video Broadcasting - Terrestrial), oppure usando un set-top box satellitare con decodificatore DVB-T incluso, oppure ancora collegandosi in streaming tramite app o siti ufficiali dei network.Contattami ora per la tua promozione!

Come si sovvenziona la televisione

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Uno degli spot più famosi di ogni epoca: la pubblicità degli anni '70 della Coca-Cola, con l'inconfondibile jingle "I'd like to buy the world a coke". Lo spot fu trasmesso in praticamente ogni paese del mondo, e furono prodotti jingle tradotti in pressoché ogni lingua

I ricavi dei network possono avvenire da tre fonti principali:

  • Il finanziamento governativo;
  • Il pagamento di un prezzo per l'accesso ai canali (abbonamento);
  • La vendita di spazi pubblicitari

Il primo metodo di sovvenzionamento viene applicato solitamente a reti di rilevanza nazionale, possedute e gestite da uno Stato: ne é l'esempio la RAI italiana che, benché divenuta nel tempo una società per azioni, come accennato prima lo è solamente di comodo, in quanto la quota maggioritaria del suo pacchetto azionario è in mano pubblica.

La RAI è quindi parzialmente finanziata direttamente dallo Stato per mezzo di svariati strumenti, tra cui il famoso 'canone', ovverosia la tassa sul possesso di apparecchi radioriceventi.

Il pagamento di un abbonamento, invece, è prerogativa dei network privati (come ad esempio Sky, i servizi Premium di Mediaset oppure Netflix): il segnale viene inviato all'utente solo dopo il pagamento di una quota, solitamente mensile, che da accesso all'offerta di programmi.

La terza opzione è invece abbastanza comprensibile anche senza spiegazioni: il network affitta degli intervalli tra i programmi (spazi pubblicitari) dove aziende pubbliche e private possono proporre i loro prodotti ai consumatori.

In questo caso, gli introiti derivanti dall'affitto di tali spazi compensano le spese di gestione del network e comprendono anche il guadagno dei proprietari dello stesso, che possono essere affiancati ad abbonamenti o finanziamenti governativi.

Datosi che è stato appurato da tempo che un generico network od emittente non può sussistere solo con il pagamento dell'abbonamento o con un finanziamento statale, la terza soluzione viene applicata sistematicamente da qualsiasi azienda, sia essa pubblica o privata.Contattami ora per la tua promozione!

La valutazione del gradimento dei programmi televisivi

La pubblicità in TV: storia della televisione
Il "Festival della Canzone Italiana" è uno degli eventi musicali più seguiti sia in Italia che in Europa, con cadenza annuale

In gergo televisivo si chiama audience tutto l'insieme dei consumatori (telespettatori) che ha seguito un determinato programma televisivo, di qualsiasi genere.

È quindi un dato statistico, che serve ai produttori ed ai network per valutare il gradimento di una particolare trasmissione, secondo il principio di popolarità: più un programma è visto, e più sarà presumibilmente gradito.

Nei media tradizionali, l'audience è paragonabile più o meno al numero di copie stampate dai giornali, oppure (andando prettamente sullo spettacolo puro) al fatturato totale di un film ai botteghini.

I dati dell'audience sono di fondamentale importanza per due motivi: permettono alle aziende di sapere se un prodotto ha effettivamente riscontrato i favori del mercato (e quindi, è di successo) e, cosa essenziale, permettono anche di fissare i prezzi degli spazi pubblicitari.

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L'Auditel ed i parametri misurativi della televisione

La misura dei dati è effettuata da apposite società (in Italia, molto famosa è l'Auditel) che, avvalendosi di particolari dispositivi connessi alla TV (meter) rilevano automaticamente o semi-automaticamente tutti i dati necessari alla statistica: programma, tempo di sintonizzazione, cambi di canale, ecc ecc.

Tali dati sono inviati poi ad un centro di elaborazione automaticamente, tramite linea telefonica o connessione TCP/IP.

Le famiglie che accettano di farsi monitorare le TV sono chiamate famiglie campione (panel), e sono scelte rispettando diversi criteri: età, numero di componenti, situazione lavorativa, reddito, livello d'istruzione, ecc ecc.

Non di rado, alle famiglie campione vengono proposti periodicamente anche dei rilievi manuali (sweeps), cartacei o digitali, dove i componenti del nucleo familiare devono annotare tutti i programmi visti, ed il loro grado di preferenza degli stessi.

Una società di rilevamento audience può anche effettuare sondaggi ad hoc su particolari programmi o particolari fasce della giornata, così come può condurre ricerche di mercato per capire quali sono i potenziali programmi che la gente sarebbe disposta a visionare.

I principali indici dell'audience che solitamente vengono analizzati nelle statistiche sono:

  • Audience media
    Come il nome lascia suggerire, è il numero medio di spettatori che un particolare programma ha, o in senso assoluto o in un particolare momento. Volendo, la media si può applicare anche ad una particolare fascia oraria.
    Si tratta di un calcolo lordo, in quanto eventuali rilevatori in duplicazione non vengono esclusi.
    L'indice è utile per sapere a quanti spettatori, mediamente, si può fare riferimento per una determinata fascia oraria, oppure per avere un'idea generale del gradimento di un programma (anche sezionato in un particolare momento);
  • Share
    Si tratta della percentuale del numero di spettatori di un programma o di una fascia oraria condiviso (share, per l'appunto), messa in relazione con tutti gli altri concorrenti degli altri canali, nello stesso momento e sullo stesso media.
    È quindi un rapporto, ed il suo indice serve a capire quanta penetrazione effettiva ha un determinato programma in concorrenza con altri nello stesso momento.
    È importante notare che i numeri dello share devono necessariamente tenere conto della fascia oraria in cui esso è misurato, e pertanto non possono essere considerati assoluti: la fascia notturna dopo la mezzanotte, ad esempio, ha un bacino d'utenza complessivo generalmente molto inferiore al prime time serale.
    Grazie allo share gli sponsor possono scegliere la trasmissione preferibile in una data fascia mettendola a confronto con più proposte parallele: quella con un gradimento maggiore di pubblico chiederà più soldi per affittare gli spazi pubblicitari, perché lo share alto indicherà un presunto maggior numero di visualizzazioni;
  • Rating
    Il rapporto tra l'audience media e il totale di tutta la popolazione statistica, che nell'ambito della TV indica tutti quelli che hanno o sono in grado di accedere ad un televisione (in pratica, qualsiasi persona sopra i 4 anni d'età).
    Il rating è la percentuale di penetrazione per eccellenza, su cui vengono poi riportate le statistiche a livello macro.
    Essenzialmente, indica in maniera grezza quante persone in tutto il contesto (nazionale o locale) hanno visto un determinato programma, anche quelle che non fanno parte del panel;
  • Contatto netto
    Gli spettatori unici che hanno assistito ad almeno un minuto di un programma;
  • Minuti visti
    I minuti effettivamente visionati di un programma da un contatto netto;
  • Permanenza
    Come il nome lascia intendere, è il rapporto tra i minuti visti di un programma e la sua durata totale

L'Auditel è affidabile?

Essendo l'audience un rilievo a campione, i dati Auditel sono sempre stime, e non valori assoluti.

I rilievi del panel potrebbero non coincidere con l'effettiva fruizione della popolazione statistica, e già in passato sono stati sollevati dubbi sul sistema usato dagli operatori di rilevamento.

In particolare, le critiche sono spesso rivolte all'esiguità del panel rispeto alla popolazione statistica: ad esempio, l'Auditel ha un panel di circa 5.200 famiglie campione, a fronte di una popolazione di quasi 60 milioni di persone, la grande maggioranza oltre i 4 anni di vita (età giudicata minima per capire i messaggi televisivi).

Altresì, l'Auditel non esegue statistiche della moltitudine dei consumatori che accedono ai contenuti televisivi tramite connessioni TCP/IP: parliamo della grande quantità di gente che si collega ai siti o le app native dei principali network tramite smartphone, tablet e computer; una fetta di mercato che, negli ultimi anni, è diventata consistente, e di cui il peso reale non è ancora conosciuto con esattezza ma è ipotizzato essere di almeno il 30% di tutta la popolazione statistica.

Società come Netflix, Amazon od anche Apple, benché conoscano bene il numero esatto dei clienti dei loro servizi televisivi, non divulgano i dati con la motivazione che il loro business è vendere abbonamenti e prodotti, e non pubblicità.

Tecnicamente, il problema sarebbe risolvibile in maniera rapida e di facile implementazione: basterebbe installare, con l'avvallo dei netwotk emittenti, un software che automaticamente tracci tutti i dati dell'audience mentre l'utente fruisce dei servizi.

Una soluzione abbastanza banale, in effetti.

Piuttosto, il guaio è che Netflix e le altre compagnie che lavorano esclusivamente o quasi online, non permettono questo: i dati di accesso ai siti delle TV emittenti sono privati, e per questo sono a disposizione solo dei loro proprietari, che possono decidere di condividerli o meno, ma al momento non sono obbligati a divulgarli forzatamente.

La frammentazione del mercato dopo l'avvento dell'Internet e del digitale terrestre è un problema serio per sia per chi fa rilievi statistici, sia per i network che sopravvivono grazie alla pubblicità: stabilire con certezza i prezzi degli spazi promozionali è fondamentale per la susssitenza stessa dell'emittente che non basa il suo business esclusivamente su introiti pubblici od abbonamenti. Contattami ora per la tua promozione!

Le fasce televisive

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I notiziari sono programmi d'informazione molto seguiti dai consumatori, le cui edizioni principali solitamente coincidono con i due peak time della giornata

Nei primi anni della diffusione della televisione, le trasmissioni avevano un inizio ed una fine: cominciavano solitamente al pomeriggio e finivano la sera, lasciando tutte le fascia nottura e di mattina scoperte, con attivo il famoso monoscopio (un test video di calibrazione usato dai tecnici per controllare la qualità del segnale).

In Italia, questo stato di cose è rimasto in essere fino alla fine degli anni '70, quando il monopolio della RAI iniziò ad assere aggredito dalle TV commerciali.

I network cominciarono quindi a proporre contenuti in qualsiasi momento della giornata, trasmettendo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7.

Con la trasmissione 24h24, si sentì quindi l'esigenza di dividere il palinsesto in più parti della giornata, oguna tarata per uno specifico bacino d'utenza: nacquero quindi le fasce orarie, ossia frammenti della trasmissione giornaliera inclusi in ore particolari.

Con l'avvento delle TV via cavo, della TV on-demand, dello streaming, della TV satellitare e poi del digitale terrestre, ormai le fasce orarie sono un concetto che spesso non è più coerente con uno standard: l'utente di oggi può consumare il prodotto televisivo in molteplici modalità e in qualsiasi momento, a prescindere dal suo effettivo orario di trasmissione.

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Il monoscopio, immagine video usata per le prove tecniche di trasmissione

Questo ha forti ripercussioni sugli introiti pubblicitari, poiché molti sponsor ormai guardano il gradimento complessivo di un determinato programma e non più la sua originaria fascia di trasmissione, datosi che molta gente, per svariati motivi, ama registrare o salvare i programmi preferiti per poi rivederseli in un secondo momento.

Tuttavia, per una TV generalista, le fasce televisive sono ancora usate, assieme ai dati dell'audience, per stilare il listino prezzi degli spazi pubblicitari.

L'assunto è questo: una fascia televisiva di maggior visualizzazione di pubblico comporta costi maggiori per la promozione degli sponsor.

La suddivisione delle fasce televisive

La suddivisione canonica delle fasce della giornata ha subito alcune variazioni nel corso degli anni, per adattarsi meglio agli stili di vita e alle abitudini della popolazione.

Al momento, questa è la lista delle fasce televisive di una TV generalista:

  • Early morning
    La fascia oraria che va dall'alba (indicativamente dalle ore 06.00) sino all'inizio del day-time, ossia alle ore 09,00.
    È una fascia prevalentemente composta da programmi di notizie ed attualità, pensati principalmente per studenti e lavoratori che devono alzarsi per andare a scuola o al lavoro.
    Datosi che la maggiorparte dell'audience di riferimento si sta preparando per uscire - e quindi non ha molto tempo per seguire con attenzione i programmi - le trasmissioni devono essere necessariamente leggere, di rapida fruizione e di quanta più ampia generalità: oroscopo, notizie dell'ultima ora, informazioni sul traffico, previsioni meteo, ecc.
    Sono anche popolari i cartoni animati, per gli studenti più piccini;
  • Day-time
    La fascia oraria che va, indicativamente, dalle ore 09.00 alle ore 19.00.
    Considerando che è una fascia lavorativa, e che quindi la maggiorparte delle persone con un lavoro (idealmente) non possono consumare il prodotto televisivo, è una fascia che storicamente si rivolge a quelle categorie di persone che o lavorano part-time, non lavorano per nulla (disoccupati, casalinghe, pensionati, bambini) o che ancora studiano.
    I programmi presentati sono quindi per lo più d'intrattenimento (giochi a quiz, telefilm, talk-show, reality show), oppure d'informazione (notiziari, documentari, ecc ecc.).
    I telegiornali sono generalmente sempre presenti durante la fascia che va dalle 12.00 alle 14.00 circa, ora in cui il day-time generalmente subisce un aumento di spettatori (peak time), complice il desinare.
    La fascia si popola di programmi squisitamente per ragazzi o per giovani adulti subito dopo l'ora di pranzo, per venire incontro agli studenti che finiscono la scuola.
    Prima dell'avvento dei reality show e del loro enorme successo tra il pubblico, i tipici programmi del day-time erano contenitori del genere infotainment (informazione-spettacolo) tipo i famosi: "Affari Vostri" e "Mezzogiorno è" della RAI oppure "Il pranzo è servito" di Corrado sulle reti Mediaset;
  • Preserale
    La fascia oraria che parte subito dopo il day-time ed arriva fino all'access prime time.
    Solitamente comincia verso le ore 19.00 e termina appena inizia il notiziario della sera, quindi verso le 20.00/20.30.
    È una fascia considerata storicamente di svago, in quanto i lavoratori che tornano a casa dopo la giornata di lavoro (assumendo che siano tutti tipici impiegati, cosa che spesso non è proprio) accendono la TV solo 'per compagnia', mentre preparano la cena, riordinano le cose in casa o, semplicemente, si rilassano.
    I programmi trasmessi sono quindi leggeri e non impegnativi, possibilmente che non richiedano continuità di visualizzazione per essere capiti: perfetti sono i giochi a quiz, che difatti da decenni imperversano in ogni canale generalista.
    Esempi di programma vincente per questa fascia sono i format "La ruota della fortuna", "Chi vuol essere milionario?" o "L'Eredità": tutti giochi a premi, facili da seguire e che non richiedono particolare attenzione da parte del consumatore, che così è libero anche di fare altre cose mentre tiene la TV accesa;
  • Access prime time (pre-prima serata)
    La fascia che va dal notiziario della sera, o comunque dalle 20.00-20.30 fino all'inizio della prima serata, ossia verso le 21.00-21.30 (raramente prima).
    È una fascia abbastanza recente, che fino alla fine degli anni '80 non esisteva: i programmi del preserale finivano con la fine del notiziario, e cominciava subito la prima serata, solitamente alle 20.30 esatte.
    Fu Antonio Ricci, il celebre creatore di "Striscia la Notizia" ad introdurre per primo la nuova fascia in Italia: nel 1988 venne prodotta la prima edizione di "Striscia" di soli 10 minuti, trasmessa su Italia 1 della Mediaset nello spazio-lampo tra il TG della sera e l'inizio dello spettacolo di prima serata.
    Il successo della trasmissione ed i suoi alti ascolti fecero capire al marketing di Mediaset prima e della RAI poi che poteva essere creata una nuova micro-fascia oraria, molto lucrosa poiché praticamente di bacino d'utenza eguale alla prima serata.
    È una fascia che, benché relativamente giovane, è considerata critica per l'oscillazione dei prezzi pubblicitari: datosi che il tempo a disposizione è molto poco, i programmi presentati devono essere di rapida fruizione, divertenti o comunque esuberanti, pronti a preparare lo spettatore per il prime time.
    Insomma, devono avere la funzione di 'antipasti', stuzzicandone l'appetito.
    Esempi di programmi idonei all'access prime time sono il già citato "Striscia la Notizia" di Mediaset, "Affari tuoi" della RAI, "I soliti ingoti" sempre della RAI e l'estremamente popolare quiz musicale degli anni '90 "Sarabanda" della Mediaset;
  • Prima serata (prime time)
    La fascia oraria considerata la regina di tutto il palinsesto generalista, quella che da sempre ha il bacino d'utenza più elevato, od almeno quella in cui il pubblico è potenzialmente maggiore.
    Assieme al peak time dell'ora di pranzo, la prima serata è il secondo picco d'ascolto della giornata televisiva.
    In Italia e fino all'inizio degli anni '90 la prima serata partiva direttamente dalla fine del notiziario, cioè verso le 20.30, ma l'introduzione dell'access prime time l'ha spostata dalle 21.00 alle 21.30, con rari casi in cui comincia direttamente alle 20.45 (solitamente, capita sempre durante gli eventi sportivi).
    Ogni network la considera essenziale per la sua stessa sussistenza, in quanto è la fascia che garantisce il maggior ritorno economico dagli sponsor, complici i prezzi d'affitto più alti di qualsiasi altra parte della giornata: per programmi di grande successo, gli investitori possono arrivare a spendere anche oltre i 100.000 Euro per una pillola commerciale di 30 secondi.
    È la fascia in cui un network può mettere di tutto, ma solitamente vengono favoriti film di successo (meglio se prime visioni, ossia mai passati prima in TV), serie televisive popolari (sia d'importazione che di produzione italiana), spettacoli e varietà di alto gradimento, reality show popolari, eventi sportivi o musicali di rilievo (il Festival di Sanremo, concerti di grandi big della musica internazionale, partite di calcio di tornei per nazionali o di leghe di club importanti, olimpiadi, ecc ecc.).
    Lo share del prime time è considerato critico per ogni emittente, in quanto ogni network solitamente possiede una rete 'ammiraglia' con un programma in prime time di forte impatto, che va a scontrarsi direttamente con quello di un'altra ammiraglia di un altro network.
    Il programma vincente potrà quindi richiedere più soldi per affittare i suoi spazi pubblicitari agli sponsor.
    La prima serata si conclude sempre al termine del programma con cui inizia: cioè avviene attorno alle ore 23.00-23-30, raramente e solo per eventi di grandissima portata si va oltre.
    Particolarmente importanti sono considerate le prime serate del venerdì e del sabato: in questi giorni, solitamente, le ammiraglie dei network trasmettono i loro spettacoli di maggior successo, complice il bacino d'utenza che, ipoteticamente, nel week-end risulta maggiore rispetto al restodella settimana.
    Programmi di successo per il prime time sono: film famosi in generale, lo storico varietà "Fantastico" e l'altrettanto famoso "Ballando con le stelle" della RAI, "La Corrida" e "Ciao Darwin" della Mediaset, i reality show "L'isola dei famosi", il "Grande Fratello", "X-Factor" e, in generale, qualsiasi altro show che sia di gran richiamo per i telespettatori;
  • Seconda serata
    La fascia che comincia subito dopo la prima serata (quindi, verso le 23.00-23.30) e si conclude verso le ore 01.00 della mattina, quando lascia spazio alla fascia notturna.
    È una fascia che, anche se non ai livelli del prime time, genera comunque buoni ascolti; complice l'ora tarda, non è considerata protetta, e quindi possono essere trasmessi film vietati ai minori, oppure programmi prevalentemente per giovani adulti.
    Molto popolari sono anche i programmi d'approfondimento, sia sociale che politico, che raccolgono chi, per vari motivi, non vuole o non può ancora andarsene a letto.
    Un programma in seconda serata può anche essere spostato in prima, se gli ascolti ne decretano il successo.
    Esempi ottimi di programmi di seconda serata sono "Quark" di Piero Angela ed "Ulisse - Il piacere della scoperta" del figlio Alberto, poi spostati in prima serata dalla RAI per via del sempre crescente successo, il fortunato show comico "Zelig" della Mediaset, e l'inossidabile rotocalco "Porta a Porta" di Bruno Vespa;
  • Notturna
    La fascia che va dalle ore 01.00 all'alba, solitamente verso le 06.00.
    Fino all'inizio degli anni '90 era una fascia che non esisteva, almeno non in Italia: la RAI interrompeva le trasmissioni verso la mezzanotte/mezzanotte e mezza, per poi riprenderle all'alba.
    L'avvento delle TV locali e commerciali ed il cambio di stile di vita della popolazione ha imposto la trasmissione 24h24 di ogni canale, a cui la RAI s'è dovuta giocoforza abituare.
    La programmazione notturna vede solitamente programmi in replica, oppure vecchi film o telefilm, vecchie stagioni di serie televisive famose e, in generale, qualsiasi contenuto che possa essere messo in onda con il minimo dispendio di costi.
    Questo perché la fascia notturna è quella che ha il bacino d'ascolti più basso di tutte le altre fasce, e quindi gli sponsor sono disposti a pagare molto meno per l'affitto degli spazi pubblicitari.
    Non a caso, nella fascia notturna i prezzi sono talmente bassi che possono essere mandate in onda intere televendite di svariati minuti ad un prezzo molto accessibile, spesso inferiore a quello di soli 30 secondi di un prime time.

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I prezzi degli spazi pubblicitari

La pubblicità in TV: storia della televisione
"Chi vuol essere milionario?" , uno dei format più famosi e seguiti al mondo, in Italia storicamente presentato da Gerry Scotti

Come già ben chiaramente detto in precedenza, i prezzi degli spazi pubblicitari sulle televisioni sia pubbliche che private variano in funzione di due fattori principali:

  • Rating, cioè il grado di penetrazione di un programma che affitta i suoi spazi;
  • Fascia oraria

I listini cambiano costantemente, e negli ultimi anni le TV hanno dovuto fare i conti con la concorrenza feroce dei media non tradizionali (i Below-the-Line, ossia principalmente l'Internet), che invece propongono l'affitto di spazi commerciali a cifre infinitamente più contenute.

listini più cari sono indubbiamente quelli della prima serata: per un programma prime time di successo 30 secondi di spot costano in media dagli 80.000 ai 120.000 Euro, a seconda del rating della trasmissione e della quota di share del mercato che essa detiene.

Eventi sportivi di grande richiamo, come finali dei campionati del mondo di calcio FIFA, oppure finali della UEFA Champions League, tutti il primissima serata, possono costare anche oltre i 200.000 Euro.

Non scherzano anche programmi di grande successo in access prime-time: una trasmissione di grido in questa fascia oscilla tra i 70.000 e gli 80.000 Euro, sempre per pillole di 30 secondi.

La seconda serata ha prezzi che, solitamente, sono la metà di quelli del prime time: tra i 40.000 ed i 50.000 Euro, seconda dello share del programma che affitta gli spazi.

Molto più malleabile il day-time, almeno fino alle ore 12.00: lì per 30 secondi di spot si possono spendere dai 10.000 ai 20.000 Euro, ma durante il peak time della pausa pranzo i prezzi schizzano ai livelli di una seconda serata.

Allora io propongo per non fare confusione / A chi ha meno di cinquant'anni di spegnere adesso la televisione

Il preserale è un'altra fascia in cui lo share del programma conta tantissimo: programmi con share alto possono arrivare a costare quasi come un access prime time, mentre per la fascia notturna i prezzi sono i più bassi di tutta la giornata.

In notturna con 10-15.000 Euro si possono acquistare non secondi, ma interi minuti commerciali, e quindi possono essere effettuate anche le televendite dirette. Contattami ora per la tua promozione!

Chi può investire in pubblicità televisiva

La pubblicità in TV: storia della televisione
"Carosello", lo storico contenitore di spot pubblicitari della RAI, famosissimo per tutti gli anni '50, '60 e '70

Solitamente, eccezion fatta di eventi unici e di grandissimo richiamo, i network televisivi non vendono singoli spazi pubblicitari, ma bensì dei pacchetti di un tot di minuti o visualizzazioni, che vengono mandati poi a rotazione (passaggio) per un certo numero di volte e su un certo programma di una determinata fascia oraria, in una o più giornate di trasmissione.

Questo fa immediatamente capire come le spese pubblicitarie per le promozioni televisive siano consistenti: pochi passaggi pubblicitari di 30 secondi in un'economica fascia day-time possono già superare il fatturato annuo di un piccola impresa o ditta individuale, rendendo quindi possibile l'accesso alla pubblicità in TV solamente a grandi o grandissime società, spesso e volentieri multinazionali.

Ad esempio, il settore automotive, ossia l'industria delle autovetture, è una delle categorie di sponsor che predilige il passaggio televisivo: i prodotti che vende sono generalmente molto costosi e la concorrenza è enorme.

Questo necessita di una martellante pubblicità con alta ridondanza e di rapidissimo accesso, poiché bisogna superare l'iniziale remora del consumatore a spendere così tanti soldi per un bene che perderà di valore in pochissimo tempo, e di cui ha oltrettutto una sconfinata possibilità di scelta, per ogni fascia di prezzo.

Lo stesso discorso si può applicare anche al settore dei beni di largo consumo, come detersivi e prodotti per la casa in generale: anche qui l'offerta è sterminata, ed il costo dei prodotti talmente uniformato che c'è bisogno di una campagna quanto più eterogenea possibile, rapida e d'immediato impatto.

Non si mira tanto al valore intrinseco del messaggio, ma si deve puntare esclusivamente all'impressione del marchio nella testa dei consumatori: vi siete mai chiesti perché i brand di Dash, Dixan, Gilette (solo per dire tre) sono ben poco presenti sull'Internet ma invece sono quasi ai limiti di sopportazione umana in TV?Contattami ora per la tua promozione!


La TV cosiddetta 'commerciale' (o privata) è arrivata in Italia a partire dalla fine degli anni '70 del 1900.
Prima di tale periodo, la televisione italiana era monopolizzata, per legge, dalla RAI: ai privati era vietato di usare qualsiasi radiofrequenza per trasmettere il segnale televisivo, ed il regime era quindi di assoluto controllo da parte dello Stato (anzi, del governo in carica).
Una situazione riscontrabile solamente nei regimi di socialismo reale, peraltro rigidamente ingessata in format e canoni abbastanza obsoleti, praticamente impermeabili alle profonde trasformazioni sociali che stavano avvenendo in quegli anni.
Le prime TV private in Italia partirono rigorosamente via cavo: la trasmissione nell'etere attraverso radiofrequenze era riservata alla RAI.
Nel 1974, dopo che molti appassionati e piccoli imprenditori avevano lanciato le TV locali (cioè su scala cittadina o regionale), la famosa sentenza sentenza n. 202 della Corte costituzionale mise fine al monopolio della RAI, aprendo l'etere alle TV private e dichiarandone legittima la libertà d'esercizio.
Negli stessi anni l'imprenditore milanese Silvio Berlusconi acquisì da Giacomo Properzj, per un prezzo simbolico, la piccola emittente milanese Telemilano, che aveva iniziato le sue trasmissioni proprio via cavo nel comprensorio di Milano 2, città-satellite costruita proprio da Berlusconi pochi anni prima.
L'imprenditore meneghino in pochi anni trasformò una piccola emittente di quartiere in Canale 5, l'ammiraglia di riferimento del gruppo Fininvest (poi Mediaset), uno dei due principali network italiani e tra i maggiori al mondo per numero di telespettatori e fatturato.
Ad inizio anni '80, Berlusconi completò l'opera di formazione di un grande network acquisendo i canali Italia 1 e Rete 4.
All'inizio, le TV locali, benché permesse dalla Corte costituzionale, potevano trasmettere entro un certo raggio (a livello locale, per l'appunto), ma gli erano vietate le trasmissioni in presa diretta e su territorio nazionale: Berlusconi fu il primo ad aggirare questo limite (tenuto esclusivamente per avvantaggiare la RAI, che vedeva intaccato il suo monopolio storico), ideando la prima syndacation de facto italiana.
I programmi delle tre reti erano registrati e poi, mediante l'uso delle videocassette, mandati in contemporanea su tutte le frequenze locali, coprendo così ufficiosamente tutto il territorio italiano.
Le reazioni politiche alla nascita del gruppo Fininvest e alla sua inarrestabile ascesa, dettata dalle preferenze dei consumatori di televisione del periodo, furono durissime, soprattutto dai vertici storici della RAI per cui finì, fondamentalmente, la posizione di predominio.
Per tutti gli anni '90 e buona parte degli anni 2000, le televisioni private hanno continuato la loro scalata di mercato: l'avvento della pay-per-view, della TV satellitare e della webTV, con importanti aziende private internazionali (come Netflix, Amazon, Apple e Sky) che ormai offrono un'estrema personalizzazione dei contenuti, ha completato l'opera di maturazione del mercato.

La composizione di uno spot televisivo

La pubblicità in TV: storia della televisione
Claudio Bisio e Vanessa Incontrada, gli storici presentatori del popolare spettacolo di cabaret "Zelig"

Durante i passaggi degli spot pubblicitari, il consumatore è letteralmente bombardato da una quantità impressionante d'informazioni, che si susseguono a ciclo continuo per svariati minuti.

In Italia, ai sensi della normativa corrente, gli spot pubblicitari non possono superare il 18% di tutta la programmazione oraria di una dato canale: questo vuol dire che, dati i 60 minuti che dura un'ora, 10'8" minuti possono essere dedicati alla promozione pubblicitaria canonica.

Le televendite dirette invece non rientrano in tale canonicità, e pertanto la loro quantità può essere senza alcun limite: ecco il motivo per cui, specialmente nella fascia del day-time o in quella notturna, complice anche i bassi costi degli spazi, le televendite risultano concentrate.

10 minuti l'ora di passaggi pubblicitari sembrano pochi, ma in realtà sono una quantità considerevole se si pensa che ogni singolo spot dura dai 15 ai 40 secondi (raramente arriva al minuto).

Il tempo a disposizione di ogni video pubblicitario è quindi estremamente limitato; ciò può essere un problema, perché più uno spot è lungo e più probabilità ha di essere appreso e quindi memorizzato.

Il tempo necessario a questa memorizzazione aumenta in maniera esponenziale se nel break pubblicitario sono compresi articoli similari o comunque concorrenti dello stesso settore del prodotto in promozione.

La struttura di un messaggio pubblicitario televisivo

Per facilitare il ricordo, la pubblicità televisiva deve ricorrere a determinati accorgimenti, in realtà comuni a tutta la promozione in sé ma che in TV devono essere usati in maniera chirurgica.

Sintetizzando al massimo, il messaggio pubblicitario in TV deve essere:

  • Differente
    Il consumatore è bersagliato da ogni direzione da una quantità enorme di messaggi, e questo può provocargli quindi confusione, repulso e mancata memorizzazione dell'informazione che invece si vuole andare a proporgli affinché venga ricordata.
    Lo spot televisivo deve quindi riuscire ad essere differente dal contesto degli altri spot che lo precedono o lo susseguono; questo a volte è più facile a dirsi che a farsi, poiché i creativi di ogni agenzia pubblicitaria che si occupa di Above-the-Line percorrono incessantemente tutte le strade possibili per trovare sempre nuovi elementi con cui confezionare il messaggio;
  • Compresso
    Il tempo del passaggio televisivo è estremamente limitato, e pertanto deve puntare all'essenziale, facendo leva su stereotipi ed esasperando i cliché ed i luoghi comuni.
    Il consumatore deve immediatamente associare le immagini, i testi ed i suoni al messaggio, e questo può essere ottenuto solo ricorrendo alla figura retorica: è necessario quindi comprimere l'informazione in associazioni basilari, che il cervello possa riconoscere agevolmente e che quindi possa memorizzare in breve tempo;
  • Schematico
    Il messaggio dello spot deve essere sudddiviso per schemi lineari, sequenziali ed associativi.
    Lo schema ideale di base è: bisogno > soluzione > prodotto a cui si associano i sotto-schemi qualità > marchio > prezzo.
    Il bisogno deve essere presentato idealmente come primo elemento, oppure la composizione audio/video deve creare la sensazione dello stesso nel consumatore.
    Il prodotto va presentato come la soluzione ideale del bisogno, a cui poi deve essere associato un logo, un logotipo, un marchio da ricordare.
    Lo schema deve essere chiaro, cioè non deve essere confusionario, e tutto ciò ciò che non rientra nello schema deve necessariamente essere eliminato.
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La posizione seriale e la durata degli spot

La pubblicità in TV: storia della televisione
Un giovanissimo Paolo Bonolis durante il suo inizio in TV con il popolare contenitore per ragazzi "Bim Bum Bam"

A prescindere dal contenuto del messaggio informativo e dal canale, fascia oraria o programma in cui esso è commercializzato, è imperativo ricordare che nel break pubblicitario non tutti gli spot sono percepiti dal consumatore nello stesso modo.

Infatti l'utente tende a ricordare meglio gli spot all'inizio ed alla fine del blocco pubblicitario, mentre tende ad ignorare, o comunque considerare molto di meno, quello posti in mezzo.

Gli spot all'inizio vengono ricordati meglio perché non sono influenzati da tutti quelli che li seguiranno nel blocco (effetto primacy), mentre gli spot posti alla fine vengono ricordati meglio perché, alla ripresa del programma, il cervello 'stacca' al volo la connessione associativa con quanto visto fino a pochi istanti prima, e rimane una sorta di 'immagine residua' che aiuta la memorizzazione (effetto recency).

Mentre la TV diceva / Mentre la TV cantava: / "Bevila perché è tropicana, yeah!"

Il lag effect degli spot televisivi

Vi è poi un altro importante elemento da considerare, chiamato in gergo tecnico 'lag effect'.

Tale effetto vuole che la memorizzazione del messaggio da parte del consumatore migliori enormemente se uno spot è presentato più volte in una stessa sessione, intervallato però da altri spot di altri beni.

È un fenomeno di cui ancora le cause non sono del tutto chiarite, ma che comunque funziona a prescindere dalla nostra comprensione: ecco perché sovente, nello stesso break pubblicitario, lo stesso spot viene ripetuto un paio di volte, in modalità non continua (ovverosia, inframezzata da altri spot).

Per massimizzare la percentuale di memorizzazione, l'effetto lag si può unire agli effetti primacy e recency, mandando in onda quindi il medesimo spot ad inizio e alla fine del break.

L'effetto lag funziona anche se lo stesso spot è ripetuto più volte singolarmente durante il programma: l'importante è che vi sia comunque un qualcosa (item) nel mezzo della ripetizione dello spot.

Questo fenomeno è usato intensivamente anche negli spot Below-the-Line, per esempio durante gli streaming TV o durante la riproduzione dei video di YouTube, dove un software opportunamente istruito manda lo stesso spot ogni tot durante la trasmissione del programma.Contattami ora per la tua promozione!

La ridondanza ed il rumore

La pubblicità in TV: storia della televisione
Esempio classico di spot televisivo: marchio e prodotto bene in vista, perfettamente presentati con visual tecnicamente coerente

La ridondanza è la ripetizione dello stesso messaggio in distanza di tempo più o meno ravvicinata, sullo stesso media e con le stesse modalità di trasmissione.

Si basa sul concetto del repetita iuvant, ossia che ripetere giova, in questo caso ovviamente alla memorizzazione.

Il cervello umano è un calcolatore biologico molto complesso ed estremamente evoluto, che è capace di apprendere ed elaborare le informazioni costantemente, usando algoritmi appresi per via genetica, per via didattica o per via sperimentale.

Non solo, ma al contrario degli attuali software prodotti, il cervello è in grado di costruire nuovi algoritmi o di modificarne di già esistenti, permettendo quindi l'evoluzione del pensiero, mentre una capacità di richiamo apparentemente immediata delle informazioni in memoria garantisce la coscienza del bene operato (intelligenza).

Tuttavia, proprio perché in ogni momento il nostro cervello elabora una quantità impressionante di dati (basti pensare che regola automaticamente tutte le funzioni primarie e secondarie del nostro corpo, a prescindere dalla nostra volontà), alcune informazioni non essenziali vengono necessariamente accantonate, confinate in un settore logico della memoria difficile da richiamare.

Questo fatto deve essere evitato il più possibile durante la promozione TV, quando già il cervello è bersagliato da ancora più informazioni del solito.

Video killed the radio star.

La ripetizione dei passaggi pubblicitari alla televisione

Per aiutare il calcolatore biologico del consumatore a ricordare il messaggio dello spot, esso può essere ripetuto anche più volte durante la giornata televisiva, e non solo nello stesso programma o break pubblicitario: all'effetto lag si può quindi unire la ridondanza, ossia la riproposizione dello stesso spot (o serie di spot) sparsi dal day-time sino alla seconda serata.

Bisogna però stare bene attenti al numero totale di passaggi, ed anche disponendo di una capacità economica adeguata è imperativo stilare un piano di rotazione ragionato: oltre un certo punto, la ridondanza perde i suoi effetti benefici e si tramuta in rumore, ossia un disturbo del messaggio che rende difficoltosa od impossibile la memorizzazione.

Il rumore è un fenomeno comune nella pubblicità televisiva: campagne martellanti con numerosissimi passaggi - spesso, veri e propri attacchi in stile brute force - sono sovente percepite come fastidiose dai consumatori, ottenendo quindi l'effetto contrario a quello che si voleva invece raggiungere.

Per difendersi dal rumore, il consumatore attua delle particolari difese, alcune automatiche del cervello (rifiuto dell'informazione e sua conseguente dispersione) ed altre invece volontarie.

Una delle difese volontarie che tutti conoscono bene e che può fungere da ottimo esempio è lo zapping durante il break pubblicitario.

Durante lo zapping il consumatore cambia compulsivamente canale, e la stra-grande maggioranza degli spot del break pubblicitario vengono così falcidiati.

Una soluzione che un network può attuare per difendersi dallo zapping è effettuare la cosiddetta strategia di roadblocking, cioà mandare contemporaneamente i break pubblicitari su ogni canale del network.

Il problema è comunque di delicata attenzione e di difficile soluzione, poiché lo zapping per eludere la pubblicità dipende intrinsecamente dal singolo consumatore e dal singolo programma: non tutti i consumatori sono portati per lo zapping e non tutti i programmi ricevono lo stesso trattamento.Contattami ora per la tua promozione!

Jingles all the way: l'importanza dell'audio nella televisione

La pubblicità in TV: storia della televisione
Tipico caso di jingle ben usato per uno spot: il brano "Hymne" del famoso compositore greco Evangelos Odysseas Papathanassiou è stato usato massicciamente dalla Barilla negli anni '80 (e poi più volte riproposto), tanto da fare associare il brano, nel parlare comune, come 'musica della Barilla'

In uno spot televisivo, l'informazione sonora è considerata prioritaria quasi al pari di quella visiva.

Tramite essa vengono somministrate le informazioni complementari del messaggio, che usualmente sono quelle che specificano nel dettaglio il bisogno e la soluzione dello stesso per mezzo del prodotto.

Essenzialmente, l'audio di un messaggio pubblcitario è composto da tre parti, di cui almeno una obbligatoria:

  • Voice-over (voce fuori campo)
    Una voce che descrive il dettaglio del prodotto o che suggerisce dove e quando comprarlo, che proviene al di fuori del campo visivo (fuori campo, per l'appunto).
    È estremamente importante perché permette di inquadrare visualmente il prodotto senza ricorrere ad attori fisici, focalizzando così l'attenzione solo sul bene o servizio in promozione.
    Data la nota brevità dello spot, il voice-over deve essere compresso e sincronizzato perfettamente con il video, sia semanticamente che logisticamente.
    Spot pubblicitari internazionali, cioè in passaggio in differenti paesi ed in differenti lingue, necessitano di voice-over trattati da specialisti del settore fonico, poiché è spesso difficile sincronizzare il video con un audio originariamente pensato per la lunghezza di un'altra lingua senza stravolgere il contenuto del messaggio;
  • Parlato degli attori
    Se nello spot sono presenti attori, i loro dialoghi possono essere usati per comporre parte del messaggio pubblicitario.
    Come nel visual, il parlato deve giocoforza lavorare per cliché e figure retoriche, oltreché essere ridotto all'essenziale.
    Il dialogo tra attori è molto utile per riproporre una situazione di vita reale comune oppure ideale, permettendo quindi al consumatore di contestualizzare l'offerta del prodotto;
  • Jingle
    L'essere umano ricorda molto meglio la musica rispetto alle parole, così come ricorda molto meglio le immagini rispetto ai testi e ai numeri.
    I motivi di ciò sono molteplici, ma principlamente risiedono nella pareidolia, ossia l'attitudine innata dell'uomo ad associare elementi casuali in schemi ordinati.
    Gli spot pubblicitari televisivi, con la loro capacità di riprodurre non solo immagini ma anche il sonoro, da sempre hanno puntato fortissimo su questa caratteristica: il motivo sonoro (o canoro) presente nello spot è chiamato jingle, ed una brevissima canzone o motivo strumentale atto a facilitare la memorizzazione nel consumatore.
    Musiche gradevoli, di rapido impatto e facile riproduzione (anche fischiettando) hanno da sempre fatto la fortuna degli spot di successo.
    I contenuti musicali possono essere originali, cioò creati apposta per lo spot, oppure possono essere motivi famosi, tratti da arie o da canzoni popolari, riproposti in forma originaria oppure modificati secondo le esigenze dello spot.
    Canzoni famose, specialmodo i loro ritornelli, essendo già conosciute dal pubblico facilitano la memorizzazione del messaggio; questa loro caratteristica rimane invariata anche se il testo originale viene in parte modificato, poiché il fenomeno della pareidolia comunque farà assemblare lo schema originario al cervello, aiutandone così lo stoccaggio mnemonico.
    Il jingle è stato inventato agli inizi del XX secolo, con l'avvento della radio: le prime composizioni originali risalgono già nei primi anni '10 del 1900, e l'avvento della TV non ha fatto altro che unire le immagini al consolidato uso del motivo musicale.
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La produzione di uno spot TV

La pubblicità in TV: storia della televisione

Produrre un generico spot televisivo equivale esattamente a produrre un cortometraggio, con i relativi costi di produzione medi per il genere.

Il modus operandi per lo sviluppo di un generico spot pubblicitario non si discosta molto da quello di una produzione cinematografica, sia concettualmente che nella parte pratica.

Oltre al costo di ideazione di tutta la campagna, svolto dai creativi dell'agenzia pubblicitaria a cui lo sponsor si rivolge, ci sono altri costi incomprimibili di realizzazione materiale, che gravano sulle spese vive dello spot.

Tali costi possono variare a seconda della portata della campagna e della lavorazione generale del filmato (esattamente come una pellicola cinematografica), ma comprendono sempre una lista standard di figure professionali obbligatorie, che debbono quindi essere reclutate e pagate.

La produzione canonica di un generico spot pertanto deve includere le seguenti figure di base:

  • Regista
    È il direttore artistico dello spot, ed il responsabile diretto della sua produzione finale.
    Coordina gli attori e tutto il set, sceglie le riprese, le inquadrature e gli eventuali cambi sequenza.
    Sovente ha voce in capitolo anche sul casting, e a lui spetta anche l'OK del 'final cut', ossia il taglio finale del montaggio.
    Il regista di spot pubblicitari ha più o meno le stesse mansioni di un suo collega cinematografico, ma con un grosso handicap in più: il suo tempo di sviluppo è enormemente più corto e limitato rispetto alla sua controparte del grande schermo.
    Solitamente il regista è coadiuvato dai suoi collaboratori diretti, tra cui l'aiuto regista;
  • Direttore della fotografia
    Il tecnico responsabile di tutta la parte tecnica di riprese delle spot.
    Dispone le luci, compone l'inquadratura, il piano di messa a fuoco ed il controllo della macchina da presa, oltreché sceglie gli obiettivi, i filtri e l'eventuale inserimento di slow-motion, modellini od effetti speciali.
    Il suo apporto è fondamentale per tutta la troupe, e solitamente gode di ampia autonomia decisionale, seconda solo a quella del regista.
    Tra i suoi compiti, anche quello essenziale della color correction in fase di post-produzione;
  • Video maker (Video-grafico)
    Il professionista che si occupa della grafica di tutto lo spot, compresi testi ed eventuali effetti speciali.
    Datosi che è un lavoro estremamente specializzato (ci sono professionisti specializzati solo nel lettering, ed altri in lavorazioni ed animazioni 3D, ad esempio), sovente è un compito che non svolge un solo uomo, ma un team.
    Il suo lavoro è a stretto contatto con quello del direttore della fotografia, dal quale essenzialmente dipende, ed anche con quello del copywriter, che deve indirizzare il lettering dello spot;
  • Tecnico del suono
    Il tecnico deputato a tutta la parte d'acquisizione audio del set: fa istallare i microfoni, mixer, diffusori acustici, registratori, altoparlanti, ecc ecc.
    Essenzialmente esistono due figure che possono definirsi 'tecnico del suono', entrambe di fondamentale importanza: il fonico di presa diretta è il responsabile della registrazione in tempo reale del set, mentre il fonico di missaggio si occupa di includere le registrazioni effettuate nelle riprese nel clip finale, effettuado i tagli, la correzione di toni e volumi, gli eventuali doppiaggi e voice-over, gli effetti sonori vari.
    Il suo lavoro, sia in presa diretta che nel missaggio, è considerato critico per la riuscita ottimale dello spot;
  • Montatore
    Il tecnico che si occupa di lavorare tutte le riprese e le registrazioni ed eseguire il 'final cut', ossia il taglio finale dell'opera, così come sarà visionata dagli spettatori.
    Lavora a strettissimo contatto con il regista e col fonico del missaggio, e si occupa di mettere insieme scene girate e le inquadrature per ricostruire così tutto il racconto così come è previsto dalla sceneggiatura.
    Il suo lavoro è quello che lo spettatore vede come prodotto finito, quindi è di importanza vitale per tutta la produzione;
  • Direttore del doppiaggio
    La figura che coordina tutti gli attori che dovranno doppiare le parti audio dello spot, così come l'attore o l'attrice che dovrà effettuare il voice-over, ossia la voce guida.
    Solitamente è un ex attore di teatro o di cinema con grande esperienza nel settore, e lavora a stretto contatto con il fonico del missaggio, poiché l'inserimento dell'audio doppiato ed il suo sincrono con la parte video è considerato delicatissimo per la riuscita finale della produzione;
  • Responsabile del casting
    La figura che è incaricata, sia dalla produzione che dal regista, di trovare gli attori giusti per lo spot televisivo.
    Chiama gli attori e le attrici che ritiene più adatti, collabora con le principali agenzie di casting e provvede alla selezione, quasi sempre in collaborazione col regista.

Resta inteso che, a corredo di tutte queste figure principali, il set di una produzione pubblicitaria televisiva ha bisogno di ogni altra figura necessaria e comune a qualsiasi altra lavorazione cinematografica: cameraman, microfonisti, truccatori, costumisti, facchini, fattorini, carpentieri, aiutanti di scena, tecnici informatici, ecc ecc.

Tutto questo grande team di risorse umane rappresenta il costo vivo della produzione di un generico spot: la sua quantificazione economica a priori non è ovviamente possibile, ma sono quantità di denaro considerevoli, che generalmente solo grandi aziende o gruppi possono affrontare.

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A 10 anni volevo essere Haran Banjo, a 40 mi sono accontentato di essere riuscito a divenire me stesso.
Non tutto si può vendere grazie al marketing, ma di certo senza il marketing niente si può vendere.
La buona promozione parte da un buon prodotto, al quale non si deve mai rinunciare.
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