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L'abbigliamento casual

Il ricevimento: come ci si veste e come ci si comporta
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Da bambino il mio mondo era diviso in classi / Ed il ricco regalava al povero i panni smessi /

E mentre si scannavano a trovare una soluzione

/ È arrivato il blue-jeans la vera rivoluzione

Il vestire comodo nella vita di ogni giorno

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T-shirt e jeans: l'emblema della moda casual

I ritmi della vita moderna, decisamente cambiati nel corso degli anni ed anzi, in molti casi stravolti da quelli che erano usuali ai nostri padri ed ai nostri nonni, non solo hanno profondamente modificato stili di vita, abitudini ed anche gusti collettivi, ma hanno obbligato la gente, volente o nolente, anche ad una profonda revisione di ciò può essere considerato 'comodo' o meno.
Come era impensabile, fino al primo dopoguerra, di spendere soldi e tempo per sudare e faticare tirando su pesi ed attrezzi (la 'palestra' per come noi la conosciamo ora), così oggi è dai più giudicato impensabile pensare di mettere su famiglie di cinque od anche dieci componenti.
In queste profonde modifiche sociali, anche il vestire ha subito un considerevole cambiamento: dapprima rigidamente codificato e particolarmente relazionato allo stato sociale, è stato de-strutturato e ripensato nel corso degli ultimi decenni, facendo nascere - o per meglio dire, sviluppare - il concetto di 'moda', che tutti noi ora diamo per assodato e parte del nostro vivere quotidiano.

Ricollegandoci al discorso di comodità, la moda ha profondamente cambiato la percezione del cosa è comodo e cosa non lo è: il fustagno, per esempio, in origine era un tessuto estremamente resistente, adatto per lavori pesanti, in quanto a trama spessa e durevole; di certo non era considerato comodo - né tantomeno elegante - per il vivere quotidiano lontano dal lavoro nei campi od in miniera.
Il denim e la rivoluzione culturale degli anni '60 hanno cambiato radicalmente questo modo di vedere, rendendo il taglio jeans una nuova icona di un vestire moderno, adatto a tutti e fondamentalmente indifferente alla classe sociale e all'effettivo potere economico di chi lo indossa.

L'abbigliamento nella vita quotidiana

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Una maglietta polo da uomo: comoda ed elegante

Passando per le varie epoche e le varie civilità conosciute, l'essere umano ha sempre mutato costantemente i propri costumi, anche in maniera repentina: dalle pelli non conciate dell'età primitiva sino alle fresche tuniche di lino usate dai senatori di Roma, il bisogno primario del vestirsi s'è dovuto integrare con lo sviluppo antropologico e, parimenti, con il progredire della scienza e della tecnica di produzione degli abiti.
Molto sinteticamente e per sommissimi capi, generalmente si divide la storia degli abbigliamenti usati dai popoli mondiali in due periodi: il periodo pre-industriale e quello post-industriale.
Tale suddivisione, che ritroviamo anche in altri settori della produzione dei beni, risulta così fondamentale da essere essa stessa la misura del progresso di una data civilità.

La produzione industriale di vestiario con modelli e taglie standard, cominciata a fine '800 e sviluppatasi enormemente dopo il secondo conflitto mondiale grazie alle macchine da taglio automatizzate, ha cambiato profondamente l'approvvigionamento dei vestiti della gente: un'offerta di grande quantità di scelta e a prezzi accessibili ha permesso a fasce storicamente meno abbienti di superare la barriera socio-economica che li separava dai benestanti, aprendo la strada alla vendita di massa di beni fino a pochi anni fa considerati 'di lusso'.
Si pensi ad esempio alle calzature: le scarpe, di qualsiasi modello esse siano, sono un prodotto di complessa realizzazione, che richiede molti passaggi continui di lavorazione, e che prima dell'avvento della produzione industriale era accessibile, in qualità decente, solo ad una ristretta fascia della popolazione mondiale.

Oggi come oggi, i giovani fanno fatica a credere che sino a pochi decenni fa i loro nonni consideravano un paio di scarpe nuove un lusso costoso da regalarsi, e che fino al famoso 'boom economico' in Italia anche i soldati dell'esercito marciavano con le suole di cartone ai piedi.
Adesso è difficile trovare, anche in situazioni di estrema indigenza, persone senza almeno un paio di scarpe da tennis ai piedi, foss'anche di bassa qualità e di modico prezzo.
E come le scarpe, gli esempi della diffusione capillare della produzione tessile si possono trovare in tanti altri accessori e capi d'abbigliamento, tanto che il problema, oggigiorno, non è la mancanza di approvvigionamenti vestiari per tutti, ma semmai la loro iper-produzione.

Questo nuovo modo di produrre industrialmente i vestiti ha conseguentemente mutato i costi di molti prodotti un tempo ritenuti proibitivi, ed ormai sono davvero pochi i capi che non possono essere acquistati dalla maggiorparte della popolazione.
Con l'ampia scelta causata dalla grande produzione, la gente ha cominciato a slegarsi dai vecchi canoni, che nella grande maggioranza dei casi erano dettati principalmente da penuria economica: l'abbigliamento casual è nato proprio grazie all'abbondanza e al costo contenuto dei prodotti.
Oggigiorno è normale mettersi una maglietta a T ed un paio di jeans, ed essere socialmente accettati senza problemi, senza sembrare dei poveracci; un abbigliamento semplice, comodo e scontato per noi che viviamo questi anni, ma per arrivare a questa semplicità e comodità c'è voluto un enorme sforzo di risorse, che ha cambiato per sempre l'economia di tanti Paesi - compreso il nostro.

Causal è comodità

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Una moderna giacca in pelle con colletto alla coreana

L'abbigliamento di tutti i giorni non ha una classificazione precisa: varia tantissimo da contesto a contesto, ed anche da stagione a stagione, secondo i gusti e le preferenze dell'utenza.
C'è però una regola che bisognerebbe seguire, quando si decide di vestirsi in libertà: l'abbigliamento casual deve essere comodo.
Dovete sentirvi a vostro agio in quello che indossate, e ci dovete stare bene: è l'unica, vera regola che dovrà essere sempre posta in cima ai vostri pensieri, quando la mattina decidete cosa mettervi addosso.

Considerate che vi state vestendo non per un impegno formale, non per il lavoro (nel caso che abbiate un lavoro che vi obblighi alla divisa o all'uniforme), ma semplicemente per vivere la quotidianetà.
E la dovreste proprio vivere bene, senza essere impiccati in vestiti che non vi piacciono, non vi stanno comodi e non vi mettono a vostro agio.
Ricordate sempre che se è vero che l'abito non fa di certo il monaco, è abbastanza difficile però riconoscere un monaco senza abito; in sintesi: la vostra apparenza viene giocoforza notata dalla società, anche in un contesto estremamente fluido e variegato come quello che viviamo noi oggigiorno, specie nei nostri grandi centri urbani.

Se volete quindi apparire sereni e a vostro agio, per affrontare i molti contesti del quotidiano, dovete in primis essere voi stessi sereni e sentirvi prima d'ogni cosa a vostro agio.
Casual è comodità, ed è proprio quello che voi necessitate.

Il pantalone a taglio jeans

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Il mito: James Dean con cappello da cowboy e pantaloni jeans

Inventato dal famoso sarto americano Jacob Davis nel 1871 e brevettato due anni dopo dall'altrettanto famoso imprenditore suo connazionale Levi Strauss, è un pantalone originariamente da lavoro, composto in tessuto denim.
Tale tessuto, un misto di cotone e lino ordito con armatura a saia, ovverosia intreccio con rigatura diagonale, dalla tenuta molto resistente e dalla famosa caratteristica di avere una trama in filo bianco (oppure grezzo écru), e l'ordito in colore blu.

Questo genera un risultato visivo caratteristico, col tempo divenuto molto famoso, di una colorazione irregolare, tendente però al blu: successive variazioni di colore sono ottenute con il lavaggio, oppure con la colorazione, o con entrambe le lavorazioni.
Una particolarità del tessuto, usata spessissimo dai produttori per ottenere particolari risultati cromatici, è che tende progressivamente a sbiadirsi con l'uso e con i lavaggi, rendendo quindi la sua colorazione ancora più irregolare. Si dice quindi che è un tessuto che 'invecchia', in una maniera imprevedibile che ricorda curiosamente quella umana.

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Gli inconfondibili rivetti in rame del blue-jeans, con l'altrettanto tipica colorazione non omogenea

Il denim è originario del fustagno, da cui differisce solamente per il colore di trama ed ordito, che risultano eguali nel fustagno.
Prende il nome dalla città di Nîmes in Francia, e la parola 'denim' che usiamo correntemente è un adattamento inglese proprio della città francese, secondo l'antica usanza che voleva, un tempo, i nomi dei prodotti ricalcare pari pari il luogo dove venivano prodotti.
Originariamente, per risparmiare, l'ordito era in lino e la trama in cotone, oggigiorno è realizzato interamente in cotone, e assieme al lavaggio e alla colorazione - se presente - viene lavorato con tante altre tecniche di finissaggio, prodotte industrialmente, che pemettono la realizzazione di tantissime varietà di denim, per pressoché ogni gusto estetico.

Il fustagno è prodotto dall'essere umano da almeno mezzo millennio: ne abbiamo prove certe dei commerci sin dal 1500, e in particolar modo la produzione era fiorente nella città di Chieri (vicino Torino).
I tessuti in fustagno venivano poi commerciati e smerciati attraverso il porto più vicino, ovvero Genova, allora potentissima repubblica marinara al culmine della sua influenza su tutto il mediterraneo: fu così che questo tessuto blu estremamente resistente fu chiamato dai francesi, i principali partner economici degli italiani, "bleu de Gênes", quindi blu di Genova.
Il termine usato correntemente, 'jeans', è proprio la derivazione di Jeane o Jannes, antico nome francese di Genova.

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Il colore del tessuto denim varia moltissimo in base al finissaggio: si possono così ottenere innumerevoli varianti partendo dallo stesso modello di base, a seconda del lavaggio e della colorazione finale

Sul finire dell'800, nella California arsa dalla febbre della corsa all'oro dei pionieri, il sarto Jacob Davis ideò un pantalone da lavoro molto resistente, con un taglio comodo e con punti d'attacco, maggiormente soggetti ad usura, rinforzati con rivetti in rame.

Originariamente, il pantalone fu pensato da Davis come un duraturo capo da lavoro, da indossarsi sopra i tradizionali vestiti per non rovinarli (waist overalls, in lingua inglese).
Non avendo a disposizione i 68 dollari americani necessari a depositare il brevetto del suo innovativo pantalone, Davis si rivolse a Levi Strauss, un immigrato tedesco che da qualche anno aveva aperto la Levi Strauss & Co., una piccola ditta che riforniva di vestiario i minatori ed i cercatori d'oro.

Davis e Strauss si misero d'accordo ed il nuovo pantalone fu brevettato il 20 maggio 1873 dall'US Patent and Trademark Office (l'ufficio brevetti americano) con il protocollo N. 139.121, su cui si riportavano i miglioramenti nella chiusura delle tasche.
I nuovi pantaloni, tessuti col denim, furono immediatamente un grosso successo commerciale: versatili e resistenti, furono impiegati per una grande quantità di lavori ed indossati da una moltitudine di operai, cowboys e macchinisti della famosa ferrovia transamericana, diventando in breve un capo conosciuto ed apprezzato per la sua duttilità ed affidabilità.
Nel 1890 scadde il brevetto, e da quell'anno qualsiasi imprenditore può produrre un pantalone a taglio jeans.

Pantalone a zampa / La giacca della Standa / La cubista in tanga eccita la banda

Originariamente con cinque tasche, il jeans attuale ha aggiunto il taschino per l'orologio, quello per le monetine e la seconda tasca posteriore.
Datosi il forte connubio taglio jeans e tessuto denim, nel gergo popolare il denim stesso è divenuto genericamente 'jeans', anche se, come abbiamo visto, in realtà il jeans è solamente un taglio, e di per sé non identifica il tessuto con il quale il pantalone è realizzato.
Inizialmente confinato negli USA, il jeans arrivò in Europa alla fine della devastante II Guerra Mondiale, con lo sbarco delle truppe americane nel Vecchio Continente, e le prime fabbriche europee cominciarono a produrlo industrialmente verso la fine degli anni '50.

Il jeans diventò molto popolare nella cultura italiana - ed europea in generale - grazie alle icone cinematografiche americane degli anni '50, come James Dean o Marlon Brando, che fecero divenire il pantalone da mero indumento per lavori pesanti a mito per le nuove generazioni post-belliche.
Durante gli anni '60, nel pieno della contestazione delle nuove leve alla canonica società occidentale, il jeans divenne l'emblema di un radicale rinnovamento, grazie al suo costo molto basso e alla sua estrema diffusione in ambiente giovanile: un ottimo elemento per scardinare, anche ideologicamente, la ferrea distinzione sociale, basata anche sull'abbigliamento.

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Il colore del tessuto denim varia moltissimo in base al finissaggio: si possono così ottenere innumerevoli varianti partendo dallo stesso modello di base, a seconda del lavaggio e della colorazione finale


Dagli anni '70 in poi, grazie all'apice della produzione industriale tessile e al consumismo ormai diffuso in tutto il blocco occidentale, il jeans passò definitivamente da indumento di lavoro a capo di moda, con tutte le derivazioni - anche distorsioni - che conosciamo ai nostri giorni.
Grandi aziende del lusso - come Versace, Valentino, Prada, Gucci e tante altre - hanno incorporato il jeans nelle loro collezioni nel corso dei decenni, a prezzi spesso molto sostenuti.
Di rimando, grazie alla produzione globalizzata di piccole e grandi industrie sparse ovunque nel mondo, si può trovare un qualsiasi paio di jeans, di forma e colore a piacere, a qualsiasi prezzo, rendendo la scelta veramente vasta.

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Il pantalone jeans è cominciato a divenire fenomeno di moda dagli anni '70 del 1900.
In questa foto, tre ragazze degli anni '70, con i tipici jeans 'a zampa d'elefante'

Anche se esistono molti altri tessuti molto più comodi del denim, da oltre cinquant'anni nessuno lo spodesta dal trono di più venduto ed indossato per l'abbigliamento di tutti i giorni, tanto che da materiale fondamentalmente povero qual era in origine, è diventato in molti casi decisamente costoso, specialmente quando è trattato con tecniche di finissaggio che mirano a donargli particolari proprietà cromatiche.
Il denim è l' esempio di come un certo marketing aggressivo, con certi riferimenti culturali e un certo modello iconico dei media possano influenzare notevolmente i gusti della gente, rendendo quindi totalmente relativo il concetto di comodità.

Tanti tipi di jeans per tutti i gusti

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Sebbene nel suo taglio storico il jeans sia rimasto pressoché invariato da quando Levi Strauss lo mise in commercio, nel corso di oltre 100 anni il capo base ha subito molte variazioni e varianti, adattandosi sempre al contesto sociale in cui veniva commercializzato.
Ne consegue che, al momento, dopo oltre 50 anni di svariati modelli, il pantalone jeans è disponibile per pressoché ogni gusto od esigenza, facilitando di molto la scelta del guardaroba e permettendo quindi molti tipi di abbinamenti, a seconda dei gusti.

Molto importante, nella scelta del jeans, è considerare bene il vostro aspetto fisico, e la vostra corporatura: come per ogni altro capo d'abbigliamento, anche il jeans va scelto con cura ponderando bene il modello, affinché non stia troppo sgraziato sul vostro corpo.
Non tutti i modelli di jeans sono universali ed adatti a tutti, ed è proprio per questo che, nel corso degli anni, ne sono stati prodotti così tanti; non c'è nulla di peggiore che adattare forzatamente un dato modello su di un corpo che palesemente non lo riesce ad indossare bene, e su questo dovete necessariamente riflettere, prima dell'acquisto.
Di seguito trovate una piccola carrellata dei modelli più comuni di pantaloni con taglio jeans, da cui potete farvi una veloce idea.

Streight jeans ('a sigaretta')

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Il modello 'storico' del jeans, con poche o nulle variazioni rispetto a quello originario di fine '800 ed ancora commercializzato dalla Levi's con il codice di 501.
È il classico jeans, con il classico taglio a tubo, né troppo largo e né troppo attillato.
Il colore storico è il blue denim ma, come detto in precedenza, la colorazione e l'aspetto cromatico finale possono variare sensibilmente a seconda del finissaggio del capo: se ne trovano di ogni colore ed ogni variante, per tutti i gusti.

Viene venduto da oltre un secolo dalla Levi's, e modelli similari vengono venduti dagli altri colossi mondiali Lee e Wrangler, senza contare le altre decine di centinaia di marche a basso costo che ne producono una quantità enorme ogni anno.
È un modello che è 'a prova di moda', nel senso che s'è dimostrato praticamente impermeabile allo scorrere dei decenni, rimandendo sempre vendutissimo a prescindere dal momento storico in cui è stato commercializzato.

Può essere adattato a pressoché ogni tipo di fisico e, volendo, può anche essere accompagnato dal risvoltino, sempre che (consiglio valido per tutti i pantaloni, non solo i jeans) l'indossatore abbia caviglie abbastanza lunghe da non risultare eccessivamente tozze, se risvoltinate.

Wide-leg jeans ('a palazzo')

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Jeans con coscia e caviglia molto larghe, senza nessuna svasatura, dalla cintola all'orlo.
Donano al corpo una figura molto rigida, per l'appunto 'a palazzo', e l'assenza di pieghe e svasature allunga visivamente la gamba.
Modello quasi esclusivamente femminile (non sono particolarmente apprezzati dal pubblico maschile), fecero furore negli anni '70 accanto ai jeans 'a zampa d'elefante', poi caddero nel dimenticatoio per un trentennio buono, fino alla riscoperta negli anni '10 del 2000.

La vita è sempre alta od altissima, per slanciare ancora di più la figura, e l'orlo è portato molto basso, fino a coprire tutto il piede, lasciando scoperta la punta.
Al contrario di quelli 'a zampa' non accorciano visivamente la gamba, quindi possono essere indossati anche da chi non è eccessivamente alta, e la vita alta è comoda per le donne con leggera pancetta, o comunque con un po' di forme.
Grazie alla generosità del diametro della gamba, sono tra i jeans in assoluto più comodi.

Boot-cut jeans (scampanati o 'a campana')

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Jeans originariamente pensato per essere comodo con gli stivali (da qui il nome), vedono la vita stretta che si allarga pian piano sul fondo, ed anche questi sono adatti a pressoché ogni tipo di corporatura.
Il pantalone si svasa dolcemente dal ginocchio in giù, per permettere allo stivale una più comoda calzatura.
La vita è generalmente bassa, ma può aggiustarsi in base alle mode.
La cosa importante da sottolineare è che il jeans si allarga sì, ma lo svaso rimane sempre moderato, appena percettibile: non stiamo parlando della 'zampa d'elefante', per intenderci.
Sono adatti per ogni circostanza ed utilizzo, e sono generalmente molto comodi, specie se indossati - ovviamente - con gli stivali.

Skinny jeans

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Come il nome lascia intuire, sono jeans molto, molto attillati: il tessuto è a contatto della pelle in ogni punto del pantalone, e sia la vita che le caviglie sono molto strette.
Sono quasi sempre elasticizzati, per conferire una più comoda vestibilità, e la vita è generalmente bassa, ma di tanto in tanto la moda ripropone la vita alta od altissima (come gli anni '80 del 1900 e gli anni '10 del 2000).
Il cavallo varia molto da uomo a donna: per gli uomini è solitamente basso, per le donne alto.

Per via della loro natura, non possono essere indossati da tutti: bisogna essere mediamente alti e, soprattutto, né troppo magri e né troppo in carne.
Vanno bene le cosce muscolose, non vanno bene le cosce troppo esili o troppo rovinate da grasso e cellulite.
Possono essere risvoltinati o meno, a seconda delle preferenze, e sempre che l'altezza della figura sia decente.
L'orlo non è mai portato basso, ma sempre medio-alto, ben sopra il calcagno: per questo, vanno benissimo con le scarpe da tennis e le sneakers in generale, oltreché anche con il decolté da donna.

Slim jeans

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Jeans non aderenti come gli skinny, anche se comunque non larghi.
Donano slancio alla linea, ed anche questo modello dovrebbe essere indossato da persone toniche e snelle, anche se, non essendo attillati, questi pantaloni possono essere indossati senza problemi anche da chi è molto magro, oppure ha le gambe un po' arcuate.
Possono essere indossati con qualsiasi calzatura, anche lo stivaletto, e l'orlo può essere corretto a piacere, anche dotandolo di risvolto, sempre che l'altezza complessiva della figura lo consenta.

Flare jeans ('a zampa d'elefante')

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Jeans con gamba molto stretta, che si allarga a dismisura dal ginocchio in giù, e che raggiunge il massimo della svasatura alla caviglia.
Danno alla gamba una curiosa forma 'a zampa d'elefante' (da cui il nome), che spesso e volentieri copre quasi tutto il piede, lasciando spesso intravedere solo la punta.
Sono adatti esclusivamente per fisici snelli, asciutti e molto alti, datosi che tendono ad 'accorciare visivamente' la gamba.

Negli anni '70 del 1900 scoppiò una vera e propria mania mondiale per questi jeans, come si può ancora vedere da film e foto dell'epoca, con svasature estreme, totalmente ridicole.
Ci fun un piccolo 'revival' durante la fine degli anni '90, ma durò solo pochi anni, e colpì - fortunatamente - solo le generazioni più giovani.
Ritornano comunque periodicamente, anche se gli eccessi degli anni '70 sembrano, ringraziando il cielo, solo un lontano ricordo.

Baggy jeans ('da rapper')

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Jeans molto larghi, dalla vita bassissima e spesso di una o due taglie più grandi di quella necessitata effettivamente da chi li indossa, che formano quindi una grande quantità di pieghe, finendo sovente fin sotto le scarpe.
Troppo spesso la vita è talmente bassa che, anche cinturati, i jeans scendono volutamente più giù dell'anca, facendo avvicinare il cavallo al ginocchio.
Sono cominciati a divenire popolari durante gli anni '90, quando i maggiori cantanti di rap o hip-hop ne hanno massicciamente fatto uso pubblico, condizionando quindi molti giovani ad emularli.

Furono quindi estremamente popolari tra i giovani ed i giovanissimi per tutti gli anni '90 e 2000, dimostrando quindi un più che decennale successo, poi lentamente, con l'inizio degli anni '10 del nuovo millennio, la loro popolarità scemò di molto, fin quasi a scomparire.
Sono ancora utilizzati anche se non così massicciamente, ma solitamente identificano un utente giovanissimo, particolarmente vicino ad un certo mondo e stile musicale.

Sono estremamente informali, e non dovrebbero essere usati dopo l'età dell'adolescenza.
Datosi la loro vita ed il loro cavallo eccessivamente basso, datto alla persona una strana apparenza, stile pinguino.
Sono solitamente indossati con scarpe sportive, ma possono essere abbinati anche ad anfibi (molto popolari durante gli anni '90) e stivaletti in generale.

La maglietta

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È un capo d'abbigliamento per il torso, estremamente semplice: è una maglia con tre buchi, uno per la testa e due per le braccia, senza bottoni o colletti.
Dotata comunemente di girocollo, può avere anche il collo a V (o dolce-vita, se invernale), e le maniche possono essere lunghe o corte, a seconda della stagione.
La classica maglia con girocollo e maniche corte è chiamata T-shirt (maglietta a T), per via della caratteristica forma che ricorda, per l'appunto, la lettera T.

Ideata XVIII secolo solamente come capo intimo, è divenuta popolare dopo la II Guerra Mondiale, quando i giovani 'rocabilly' la indossavano rigorosamente bianca, messa sovente sotto i giubbotti in pelle.
Diventò un classico della moda causal in tutto il mondo dagli anni '70 in poi, quando cominciarono a produrne di differenti colorazioni e stampe, a bassissimo costo.
Dagli anni '80 in su, anche la T-shirt, seppur nella sua semplicità, è divenuta oggetto d'interesse delle case produttrici di lusso, che la inglobarono nelle loro collezioni aggiustando adeguatamente il prezzo di vendita.

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James Dean con addosso una T-shirt bianca

A seconda dei periodi storici e delle preferenze personali, può essere portata lunga, corta, attillata, dritta o molto larga.
Anche i tessuti di realizzo possono variare: un tempo esclusivamente di cotone, oggigiorno sono in molti casi in tessuto sintetico, quasi sempre poliestere.
Una variante della classica maglietta a girocollo è la famosa polo, chiamata anche maglietta da tennis o da golf: è una maglietta a T con l'aggiunta di colletto e bottoni (tre o due), con a volte la presenza di un taschino sul petto.

Fu ideata per la prima volta in assoluto dal tennista francese René Lacoste agli inizi del XX secolo, per permettere agli atleti più comodità rispetto all'abbigliamento formale di allora, cioè giacca, camicia e cravatta.
La sua praticità e la discreta eleganza la resero molto popolare anche nell'ambiente del polo e del golf, e lo stilista americano Ralph Lauren, negli anni '70, le portò definitivamente alla consacrazione mondiale.

Attualmente, sia Ralph Lauren che Lacoste le producono, ad alto prezzo, mentre sono a disposizione di qualsiasi ceto sociale le polo prodotte da altre centinaia di fabbriche, spesso in estremo oriente, dai prezzi veramente modici.
Sia le T-shirt che le polo sono unisex, e possono essere abbinate a pressoché qualsiasi altro capo d'abbigliamento, anche la giacca maschile.

Il giubbotto Perfecto ('chiodo')

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Marlon Brando indossa il chiodo, nel celeberrimo film 'Il Selvaggio'

Nel 1928, Irving Schott della ditta americana Schott NYC. mise sul mercato un giubbotto all'epoca rivoluzionario, pensato principalmente per i motociclisti, il Perfecto.
Nominato in onore della marca preferita di sigari di Irving, il giubbotto presentava interessanti caratteristiche uniche nel suo genere: doppio petto in robusta pelle di bufalo opportunamente conciata, presentava numerose tasche con chiusura zip, alcune spostate a 45°, per renderne più agevole l'uso direttamente dalla moto.

Il colletto era fermato con i bottoni automatici per evitare che le alte velocità potessero farlo sbattere, e la sagomatura del giubbotto, di lunghezza molto corta, lo rendeva molto comodo per l'uso in sella.
Divenne subito un grande successo, ovviamente soprattutto tra la comunità dei biker americani.

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Un moderno chiodo in pelle da uomo

Nel 1953, raggiunse il riconoscimento mondiale grazie al film "Il Selvaggio" con Marlon Brando, dove la produzione convinse la Schott NYC. a realizzarne uno in pelle di cavallo, con il nome del protagonista "Johnny" ricamato sul petto ed il famoso logo del teschio con i pistoni verniciato sulla schiena.

Il giubbotto, per via del suo stile aggressivo ma contemporaneamente molto comodo, divenne un'icona della cultura rock e poi, dagli anni '70, anche della sub-cultura punk.
Viene tutt'ora prodotto (a prezzi non propriamente modici) dalla Schott NYC., ma anche tantissime altre aziende, di lusso o meno, ne implementano almeno un modello nei loro cataloghi: molto famosi, ed anche costosi, sono quelli dell'italiana Diesel di Renzo Rosso.

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Un chiodo in pelle rossa da donna

La classica colorazione è nera, ma nel tempo il giubbotto è stato prodotto in tanti altri colori, adattandosi anche ad un pubblico femminile.
Dopo un periodo passato in leggera sordina, il 'chiodo' è tornato prepotentemente alla ribalta negli anni '10 del 2000, sia per lui che per lei.

Non è un giubbotto formale, per nulla, e la sua natura da biker è fin troppo evidente; detto ciò, è comunque considerato un classico, specie per i giovani e per i rockettari e metallari.
Come tanti altri capi d'abbigliamento, anche il chiodo ha ormai perso la sua funzione originaria, cioè quella di pratico giubbotto da motociclista, ed è attualmente usato quasi esclusivamente come capo di moda; progettato per essere chiuso e proteggere bene dal vento, ora si porta quasi esclusivamente aperto, con i bottoni automatici dell'ampio colletto agganciati.

Le altre giacche di pelle

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Il leggendario Arthur "Fonzie" Fonzarelli e la sua inseparabile giacca di pelle

A parte il chiodo, da almeno un secolo il giubbotto o la giacca di pelle è un indumento molto usato dalla gente, per via delle indiscusse e consolidate qualità del cuoio animale conciato.
Se ben trattato con la concia infatti, il cuoio ha delle assodate ed eccellenti qualità igieniche e di resistenza, che lo rendono adatto per la produzione di capi d'abbigliamento la cui durata nel tempo dev'essere garantita.
Materiale capace di 'respirare', cioè farsi attraversare dalle micro-gocce di vapore acqueo emanato dal corpo umano, è imputrescibile e, grazie al collagene naturalmente presente nella sua struttura molecolare, è anche termoisolante.

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Un giubbotto in montone rovesciato

Utilizzato praticamente da sempre dall'essere umano (anche non Sapiens), è ricavando scorticando gli animali ammazzati o morti, tra i quali: bovini, ovini, caprini, suini, equini, anche pesci.
Tendenzialmente qualsiasi animale dotato di epidermide può essere usato per la produzione di cuoio.

Il processo che rende imputrescibile la pelle animale è chiamato concia, ed è conosciuto all'uomo da migliaia di anni, tanto che viene ancora utilizzato a volte senza particolari varianti rispetto a quello che i primi ominidi usavano millenni fa.
Abbiamo tracce di prodotti in cuoio in pressoché ogni era ed in ogni civiltà a noi nota, e la produzione industriale non ha fermato il suo uso, anzi, lo ha reso molto più accessibile.
La moderna giacca in cuoio, a prescindere dal modello, è un indumento vecchio di oltre due secoli: cominciarono a produrne già da fine '700, ed il suo sviluppo nel corso degli anni è andato di pari passo con quello delle usanze degli altri capi d'abbigliamento.

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Una giacca di pelle da donna

Taglie e tagli sono cambiati nei decenni, ma rimane essenzialmente un indumento molto informale, spesso usato per lavoro o per tempo libero, dall'indubbia comodità e dall'alta vestibilità.
Come il modello "Perfecto", anche altri modelli di giacca in pelle sono diventati molto famosi e, complici cinema e televisione, sono diventati dei veri e propri 'cult': si pensi, ad esempio, al famoso giubbotto in pelle di Arthur "Fonzie" Fonzarelli nella popolarissima serie TV "Happy Days", tanto per citarne uno.

Attualmente, esistono una varietà infinita di giacche e giubbotti in pelle, adatti per tutte le occasioni: sono generalmente molto comodi da indossare - come del resto tutti i capi in pelle - piacevoli al tatto e, se di buona qualità e ben conciati, molto resistenti nel tempo.
Dagli anni '70, oltre ai classici colori neri e marrone testa di moro, ne sono stati prodotti in tante altre differenti colorazioni, un po' per tutti i gusti.
Possono essere abbinati pressoché con tutto, e tanti sono i modelli che ad elencarli tutti è davvero impossibile. Però, non di meno, è possibile dare qualche consiglio utile:

  • Tutti i prodotti in cuoio, in Italia, sono regolamentati dalla legge, che distingue chiaramente ciò che è definibile 'vera pelle' e ciò che non lo è. La legge 1112 del 1966 e la più recente direttiva europea 94/11/CE obbligano i produttori dell'industria conciaria a rispettare certi determinati parametri per i loro lavorati, e l'UNIC (Unione Nazionale Industria Conciaria) obbliga i produttori ad apporre il marchio "Vero cuoio" o "Vera pelle" sui prodotti, assicurando quindi il consumatore che quello che sta comperando è effettivamente un prodotto derivato da pelli animali, non contenente residui tossici o comunque nocivi della concia e della lavorazione e che il bene è interamente prodotto in Italia;
  • Data la sua composizione molecolare, estremamente elastica, il cuoio tende ad allargarsi ed adattarsi alla foma su cui è applicato. Cioè è solitamente ben evidente nelle calzature, ma succede anche alle giacche e ai giubbotti.
    Quando si valuta l'acquisto di un giubbotto in pelle, quindi, è sempre bene considerare che tale indumento 'cederà' un minimo, adattandosi al corpo;
  • Il termine 'ecopelle', spesso impropriamente usato dai produttori, non significa 'pelle sintentica', ma identifica un prodotto che i soddisfa i requisiti previsti dalla norma UNI 11427:2011.
    In pratica, è un tipo di cuoio in cui la concia e la lavorazione producono molti meno scarti inquinanti rispetto ai processi canonici, usati da millenni;
  • La 'finta pelle', chiamata anche 'pelle sintetica' o 'simil-pelle' non è l'ecopelle: non è proprio pelle.
    È un materiale sintetico (tessuto rivestito di resine poliuretaniche o totalmente polimerico) che somiglia solo in apparenza al cuoio.
    Viene usato, in tanti varianti e colorazioni, per surrogare la vera pelle, in quanto di costo molto contenuto e dalla resa visiva accettabile; non ha però le caratteristiche fisiche ed organiche della pelle, e manca soprattutto della capacità di traspirare il vapor acqueo, rendendo quindi i capi molto meno confortevoli rispetto a quelli realizzati in vero cuoio;
  • Le pelli colorate, divenute di moda a partire dagli anni '70 in poi, sono molto belle, ma particolarmente delicate, specie all'acqua: bagnandosi possono crearsi delle macchie scure difficili poi da eliminare, e quindi occorre prestare sempre particolare attenzione e cura nell'indossare abiti in pelle colorata;
  • La pelle va pulita esclusivamente da professionisti esperti, con prodotti particolari. Non va assolutamente pulita con solventi o saponi a base d'acqua, e la pulizia dovrebbe sempre essere effettuata da una lavanderia che tratta capi in pelle, così come i rimedi 'fai da te' trovati sull'Internet andrebbero evitati, onde rovinare irreparabilmente un capo a cui magari s'è molto affezionati;
  • Le pelli conciate senza film di protezione sono chiamate nappa, e sono particolarmente pregiate, morbidissime e delicate. Si riconoscono facilmente, perché la mancanza di pellicole protettive non nasconde la grana epidermica originaria dell'animale da cui provengono.
    Dotate di un'eccezionale morbidità e piacevolezza al tatto, sono particolarmente costose, e la mancanza di qualsiasi pellicola protettiva le rende molto delicate.
    Un qualsiasi capo in nappa, quindi, dovrebbe essere tenuto in particolar riguardo, ed assolutamente mai indossato in giornate troppo umide o piovose

Le sneakers e le scarpe da tennis

Il ricevimento: come ci si veste e come ci si comporta

Sono le scarpe più usate attualmente, e godono di questo primato da almeno una quarantina d'anni.
Hanno scalzato - è davvero il caso di dirlo - dal podio di più indossate la scarpa stringata classica ed anche il popolare mocassino, complice una quantità di modelli, di forme e di prezzi veramente enorme, adatta per tutte le esigenze e per tutte le tasche.
Come il nome lascia intuire, sono state originariamente create per il gioco del tennis, e specificatamente per migliorare l'attrito sugli scivolosi campi in erba o terra battuta.

Chiamate anche 'scarpe da ginnastica' nel corso degli anni ne sono state disegnate e costruite una quantità abnorme da tanti famosi marchi sportivi (come Adidas, Nike, Puma, Diadora ecc ecc.), non solo per il tennis ma per qualsiasi sport: calcio, pallacanestro, pallavolo, corsa, atletica e via discorrendo.
Fino agli anni '60 del XX secolo, il loro uso era strettamente confinato all'attività sportiva, e raramente venivano usate nell'abbigliamento di tutti i giorni.

Dagli anni '70 in poi, sono state gradualmente accettate come scarpe casual, divenendo in poco tempo la tipologia più indossata da giovani o comunque da chiunque necessiti, per lavoro o per diletto, comodità.
Tale enorme trasformazione dei gusti del mercato ha costretto i produttori ad essere sempre più attenti all'estetica dei loro prodotti, non concentrandosi esclusivamente sulla funzionalità.
Le sneakers sono scarpe da ginnastica molto curate esteticamente, il cui uso primario non è più l'esercizio fisico, ma l'utilizzo quotidiano.

Il ricevimento: come ci si veste e come ci si comporta
Un paio di scarpe da ginnastica storiche: le Adidas L.A. trainer, in produzione ininterrotta da oltre 30 anni

Anche in questo caso, per via della sempre crescente domanda mondiale, molti marchi d'alta moda hanno incluso le sneakers nei loro cataloghi, progettandone e vendendone di molto costose: ne sono un esempio le famose Hogan.

Sia scarpe da tennis che sneakers sono quanto di più informale ci sia, e sono diventate uno dei tanti emblemi dell'abbigliamento casual; perciò, come sempre, quando dovete sceglierle per il vostro vestire di tutti i giorni, a parte la piacevolezza estetica, assicuratevi sempre che siano comode: il vostro piede deve starci dentro molte ore al giorno, e quindi deve trovare un ambiente confortevole per evitare in futuro dolorosi problemi.

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