Il virtue signalling: l’apoteosi dell’ipocrisia

- Che cos’è il virtue signalling?
- Perché viene praticato il virtue signalling?
- Quando può funzionare il virtue signalling?
- L’onda rosa e il facile consenso al femminile
- L’onda verde: a chi piace vivere nell’inquinamento?
- L’onda arcobaleno: non per i diritti, ma per l’immagine
- Cartagine deve essere davvero distrutta?
- Faccetta nera, sarai romana!
- Come si può essere contro la pace tra contribuenti e fisco?
- Be careful down there, Boss!
- Quindi, stai attento a chi ti ‘parla alla pancia’
- Però, attenzione: ci sono anche comunicazioni genuine, e persone davvero appassionate
- Qui c'è qualcuno che può davvero aiutare, se tu l'aiuti
- Qualche link utile
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Ti sei mai accorto, in qualche pubblicità, leggendo l’articolo di qualche giornale, in qualche gruppo Facebook, oppure seguendo qualche account di qualche influencer a te favorito, che a volte alcuni argomenti risultano descritti con un po’ troppa enfasi, tanto da risultare quasi stucchevoli?
Mi spiego meglio.
Ti è mai capitato di sentire, che so, un politico che lancia appelli contro l’inadeguatezza degli stipendi, giudicati troppo bassi per riuscire a campare decentemente?
O ad esempio, il primo cittadino di una grande metropoli italiana a caso (in cui magari vi è una famosa 'Madonnina dorata', che brilla sulla guglia più alta di una nota cattedrale gotica) che si strugge perché i prezzi degli affitti per gli studenti fuori sede sono troppo alti?
E, per aggiungere onta all’onta, magari quello stesso Sindaco si batte tenacemente da anni contro l’inquinamento e il traffico intenso, istituendo vere e proprie crociate contro le auto (ma solo quelle dei lavoratori con reddito medio-basso) lodando alberi, piste ciclabili e verde, e poi magari la sua giunta autorizza una quantità spaventosa di nuove torri e grattacieli, magari senza neppure passare per un nuovo Piano di Governo del Territorio?
Oppure stai leggendo un accorato articolo su un noto giornale progressista di certo non monarchico dove si parla, con un po’ troppa enfasi e generalizzando oltre ogni dire, del ‘gender gap’, cioè della differenza di retribuzione (media) tra uomini e donne, pur in un Paese che prevede contratti collettivi nazionali particolarmente rigidi, che non fanno distinzioni di sesso, ma prevedono salari eguali per livello?
O magari di una nota azienda di telecomunicazioni ex monopolista e più volte sull'orlo del fallimento e con un debito cospicuo di svariati miliardi di Euro (i cui dipendenti sono al 68% uomini, con l’80% delle posizioni dirigenziali coperte sempre da quest’ultimi), che martella senza sosta sulla difficoltà, per le donne, di accedere a posizioni chiave dirigenziali nelle aziende?
L’unica sopravvissuta sarà la verità di questo mondo e le azioni sincere che ne scaturiscono.
O anche di una nota casa automobilistica d’oltre manica che, pur essendo completamente avulsa alla problematica, comincia a spendere milioni in campagne sociali sull’importanza dell’inclusività delle persone LGBT?
Beh, tutti questi esempi, che potrebbero riempire pagine intere digitali, hanno tutti una cosa in comune: sono un concentrato di ipocrisia all’ennesima potenza, a cui si aggiunge anche forte ostentazione, di solito su argomenti su cui è molto facile tirare su consensi, poiché toccano sentimenti e stati d’animo personali e, a volte, non vengono analizzati con numeri concreti e misurabili, ma solo con generiche sensazioni.
Benvenuti nel lato oscuro del marketing ‘spinto’, in cui una causa sociale diviene niente altro che l’ennesima casella da spuntare nella check-list del to-do della mercatologia: il virtue signalling!
Leggi questa pagina per saperne di più, ed informarti su una delle pratiche più studiate e applicate delle aziende (ma non solo) quando vogliono tirare su velocemente e facilmente consensi, atti non tanto alla vendita del prodotto in sé, ma a ‘sciacquare’ l’immagine aziendale… Che spesso e volentieri, ha qualche macchietta (e non da poco) da nascondere.
E 'n su la punta de la rotta lacca l'infamïa di Creti era distesa / Che fu concetta ne la falsa vacca
Che cos’è il virtue signalling?

Aumentiamo gli stipendi!
Più sanità e più scuola!
Basta sprechi!
Tagli agli stipendi dei parlamentari!
Aumento delle pensioni!
Basta alla violenza sulle donne!
Parità di diritti per tutti!
Meno tasse per Totti... Ehm, no per tutti!
Il virtue signalling, termine inglese che in italiano non ha una corrispondenza specifica ma che potrebbe essere tradotto, forse impropriamente, come ‘segnalazione della virtù’ è una pratica comunicativa scorretta, che ha molte similitudini con un termine forse ora desueto, ma un tempo molto utilizzato: farisaismo.
Il termine ‘farisaismo’ proviene dai farisei, cioè il noto gruppo religioso ebraico, ma con forti poteri anche politici e istituzionali, che prese più volte il potere della Giudea tra, grossomodo, il II secolo a.C. e il 80 d.C.

Profondi conoscitori della legge ebraica e custodi delle usanze del popolo d'Israele, oppure opportunisti senza troppi scrupoli?
Chi erano davvero i farisei?
Essi erano uno dei gruppi più rilevanti di Israele dopo il ritorno del popolo ebraico dalla deportazione a Babilonia, che si formò per esigenze non tanto religiose quanto di potere temporale: anche se Ciro il Grande permise il ritorno dei deportati, o meglio dei loro discendenti, nella Giudea, ad essi però venne negato di istituire una nuova monarchia.
Così, i sacerdoti che custodivano gli antichi ordinamenti di Abramo, e a cui i deportati ebrei si erano obbligatoriamente affidati durante l’esilio per non perdere del tutto le loro tradizioni, si organizzarono per divenire anche una frangia politica e di governo, in assenza forzata di una monarchia.
Tale potere, come spesso accade nella storia della civiltà umana, aumentò di gran lunga l’influenza del gruppo di comando su svariati aspetti della società e della vita ordinaria: i sacerdoti farisei difatti, forse anche timorosi di perdere il loro ruolo (garantito più dallo stato di cattività degli ebrei durante la deportazione, che per meriti propri), divennero molto intransigenti su costumi, modi e usanze che il popolo che governavano doveva manifestare.
Qualsiasi ‘miscuglio’ con altre culture era mal visto, mal vissuto e pubblicamente osteggiato: l’opposizione categorica alle altre usanze di altri popoli era bandita, e la legge ebraica era ossessivamente ripetuta e seguita (senza distinzioni).
Insomma, degli ultra-radicali, diremmo noi con accezione moderna, che ebbero buon gioco in un periodo in cui, giocoforza, l’istruzione e l’alfabetizzazione della gente era pressoché assente.

"Guai a voi, scribi e farisei ipocriti!" Matteo, 23
Per questo loro atteggiamento intransigente, ma solo di facciata e solo per mantenere il loro potere politico-religioso, i farisei furono particolarmente invisi al predicatore errante Joshua, che i romani conobbero come Jesus e noi ora conosciamo come Gesù.
Egli mise in mostra, pubblicamente e per la prima volta davanti alle folle, l’ipocrisia dei farisei e di tutta la loro retorica ortodossa e il loro lassismo verso i bisogni veri della gente ("Dicono e non fanno"), mettendo in dubbio l’effettiva onestà delle loro azioni, che forse non avevano natura così autoritaria per amore del Dio abramitico, ma solo per mantenere lo stato del loro potere sulla popolazione.
Fariseismo dunque indica un atteggiamento del tutto ipocrita, per di più osteggiato senza ritegno e col chiaro intento di cavalcare l’onda del consenso popolare, pur non attuando, nella pratica, nessun atto volto a risolvere fattivamente il problema per cui tanto ci si sbraccia.
Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.
Il virtue signalling è dunque questo: è lo sposare in pieno una causa, un’ideale, un concetto, non tanto per amore di quest’ultimo ma solo per ricavare facili consensi, che saranno poi utili per avere un tornaconto personale.
Il termine 'virtue signalling', seppur descrivente un’attività truffaldina e poco onesta intellettualmente che è riscontrabile in pressoché tutte le civiltà umane note, è stato coniato di recente, e ha un’accezione sempre negativa.
Dagli anni ’10 del XXI secolo, complice anche una certa stanchezza creativa di molte aziende (e di politici) il fariseismo è divenuto uno degli strumenti di marketing più utilizzati, poiché relativamente poco costoso, di facile implementazione e dai risultati pressoché immediati (almeno su una certa parte di target).
Secondo svariate fonti di ricerca (che potrai trovare nei link di questa pagina), oltre il 40% delle donne in USA risulta in sovrappeso (moderato oppure stato di obesità vera e propria).
Un dato preoccupante, in essere da ormai molti decenni, in parte mutuato da pessime abitudini alimentari, nonché una cultura del cibo che, in sostanza, è assente ed è stata quasi completamente importata (con molte differenze) da altri Paesi nel corso della storia d'immigrazione che ha fondato l'America.
Questo problema non è comunque solo una questione di cultura, ma di disponibilità: il benessere diffuso e il costo del cibo ormai irrisorio rispetto al passato, ha consentito agli esseri umani, specie quelli residenti nei Paesi occidentali, di iper-abbuffarsi, aumentando quindi di molto il problema dell'obesità, che nella storia è stato anzi piuttosto raro, per via della scarsità quasi perenne di risorse di pressoché ogni civiltà umana.
Il problema dell'obesità femminile è giunto recentemente anche in Italia, e le statistiche attendibili ritengono che affligga oltre il 30% delle donne di tutto il Paese.
Ovviamente, anche se in sovrappeso od obese, tutte le donne debbono pur vestirsi e indossare intimo, che qualcuno dovrà pur produrre per soddisfare la domanda.
La 'body positivity', cioè la tendenza (o spesso, la costrizione) ad accettare determinate condizioni fisiche, anche quelle patologiche (come l'obesità), che quasi esclusivamente riguarda il target femminile, è stata spesso veicolata dalle aziende cosmetiche, manufatturiere e di moda in genere, con un semplice obiettivo: fare soldi, stimolando le potenziali consumatrici a non iniziare seri piani di dimagrimento, ma invece ad accettarsi 'per come si è'.
Un messaggio quasi sempre velato e veicolato da una quantità ormai incalcolabile di immagini parassita, pericoloso perché può allontanare la donna dal supporto e dall'aiuto medico, invece necessario per inziare un percorso davvero salutare, atto al calo ponderale, con gli innumerevoli vantaggi che esso comporta alla salute.
Ah, si noti bene che le cosiddete 'modelle curvy', in realtà, sono tutte donne in sovrappeso sicuramente, ma con un viso e dei lineamenti sempre molto, molto piacenti.
Questo non è un caso, ma è assolutamente voluto: la modella curvy deve veicolare comunque un'immagine positiva anche se grassa, e deve comunque essere riconosciuta dal target come, per l'appunto, 'un modello' a cui aspirare (anche se con qualche chilo di troppo).
Cosa che sarebbe impossibile da ottenere con dei lineamenti poco aggraziati.
Ah, per la cronaca: allo scrivente le donne 'in carne' non dispiacciono, e dunque questo non è un discorso legato al rifiuto dell'accettazione del sé, ma semplicemente un'analisi di marketing.
Perché viene praticato il virtue signalling?
Il virtue signalling è una pratica di marketing che, a buon vedere, può essere vista come una forma molto rozza (ma non meno efficace) di retorica.
Fa generalmente presa su un target dalla cultura medio-bassa, meglio tendente più al basso che al medio, oppure anche di alta cultura ma poco avvezzo all’analisi razionale dei numeri e della statistica, nonché al pensiero critico e analitico (in ciò, può avere un target estremamente eterogeneo e dunque variabile).

Body Positivity ed accettarsi belle per come si è?
Beh, sì, ma considerando che oltre il 40% delle donne USA è in condizione di obesità o sovrappeso, e che in Italia 4 donne su 10 hanno un eccesso ponderale... E anche loro comperano vestiti ed intimo
Non di rado, può avere anche un target informato, ma ideologicamente intransigente, in cui il pensiero critico è spesso soppiantato da un viscerale fervore di causa (che, a volte, sfocia nell'intolleranza e nella violenza, non solo verbale).
Il fariseismo viene praticato solitamente per quattro buoni motivi:
- Il committente, azienda o privato che sia, deve riconquistare consensi dopo un’azione, o un periodo d’azioni, che ha portato danno all’immagine istituzionale (e in ciò, il virtue signalling può configurarsi anche nella campagna di propugnazione);
- Il committente è a corto d’idee originali, e ha vagliato ormai tutte le strategie possibili per il suo prodotto, che è poco innovativo, non molto perfezionabile o intrinsecamente problematico (tipico delle grandi aziende di produzione industriale, delle telecomunicazioni o del settore energetico, segmento solitamente ad alto impatto ambientale e che genera spesso dissensi);
- Il committente deve ‘monetizzare’ il suo consenso in breve tempo, e vuole ottenere risultati immediati senza però una strategia di fondo orientata al prodotto (tipico dell'azione politica);
- Il committente deve nascondere il lancio o l’espansione di un prodotto contestato, sia per motivi funzionali che ideologici (ad esempio, un prodotto in regime di monopolio o comunque oligopolistico)
In questi quattro casi, il virtue signalling consente di ottenere un buon ritorno d’immagine, con relativamente semplice implementazione e, se la campagna è ben costruita, una grande impressione sulle masse.
Quando può funzionare il virtue signalling?
Il fariseismo è un piano di marketing che può essere molto efficace, a patto però che sia integrato in maniera logica in un dato prodotto.
Questo prodotto non è necessariamente un bene, ma può essere anche un servizio o, nel caso della politica, un prodotto comunque particolare, perché necessario (anche le dittature peggiori hanno sempre bisogno di politici).
Il virtue signalling, per ben funzionare, deve agire su quattro assiomi:
- Il messaggio comunicativo deve essere di semplice interpretazione, sia per il target a basso livello culturale, sia per quello con livello culturale più elevato;
- Il target, a basso o alto livello di cultura che sia, non deve essere portato al pensiero critico (ed è meglio se non abbia molte informazioni disponibili da confutare);
- Il target dovrebbe essere coinvolto emozionalmente, ad esempio con una causa sociale particolarmente sentita;
- Il target non deve essere propenso alla verifica dei dati, e deve anzi avere scarsa dimestichezza col calcolo statistico e la sua analisi razionale
Un buon esempio di un messaggio di pur virtue signalling, che ben si adatta a molti target eterogenei, potrebbe essere una campagna politica fondata sulla stigmatizzazione degli sprechi istituzionali, sul compenso dei parlamentari e sui costi di gestione dell’apparato politico.
Tutte cose che, in realtà, in Italia costano molto meno di tanti altri servizi pagati dal pubblico (solo gli uscieri, comunali o ministeriali, costano molto di più, ogni anno, di tutti parlamentari messi assieme!), ma sono comunque percepite universalmente sempre come detestabili, tipica emanazione di uno Stato inefficiente e per questo da colpire ed abbattere in ogni occasione.
Un altro esempio potrebbe essere quello della lotta all’inquinamento: in fondo, a chi piace vivere in un Paese inquinato?
A chi piace annusare l’odore dei combusti della benzina quando apre la finestra di casa, e a chi piace il rumore perenne di ambulanze, bus, volanti della polizia, treni et similia, che immancabilmente sono presenti in una grande città?
A chi piace passare intere ore della propria giornata nel traffico della tangenziale, quando si potrebbe tutti assieme pedalare felici in una stradina di campagna, in mezzo al verde e agli uccellini?
Uno dei fondamenti del virtue signalling è proprio questo: agire sul luogo comune ideale della gente, possibilmente ad ampio o ampissimo raggio, enfatizzando l’ovvio e stigmatizzando ciò che è percepito come ostativo a quest’immagine ideale, ma non costruendo, di rimando, nessuna buona idea razionale per risolvere un problema che, spesso, è irrisolvibile poiché intrinseco (come ad esempio la complessità della vita urbana).
L’onda rosa e il facile consenso al femminile

Occhioni da cerbiatta impaurita, ma allo stesso tempo espressione tenace e risoluta: a me non la si fa, io lotto, io combatto!
Viva l'empowement femminile, combattiamo assieme pregiudizi e discriminazioni sulle donne!
Peccato solo che l'azienda committente di questo famoso passaggio promozionale abbia il 68% della forza lavoro di sesso maschile, con oltre l'80% di dirigenti anch'essi uomini.
Che non stanno propriamente facendo un buon lavoro, visto che l'azienda ha circa 25 miliardi di debiti
Dagli anni ’50 del 1900 in poi, la società occidentale, checché se ne dica con retorica vuota, ha iniziato una lunga fase di miglioramento continuo delle proprie condizioni economiche e anche sociali, come mai se ne era vista nei secoli passati.
L’esempio emblematico è proprio il nostro Paese, l’Italia: da economia sostanzialmente rurale, di una nazione distrutta da vent’anni di regime fascista e una guerra devastante, che ha portato anche alla vera e propria guerra civile accessoria (se così possiamo chiamarla), popolata principalmente da analfabeti che, spesso, neppure erano in grado di parlare correttamente l’Italiano standard, siamo divenuti una delle prime potenze economiche mondiali.
Il miglioramento delle condizioni economiche è stato pressoché inarrestabile e progressivo sino alla fine degli anni ’90 quando, con le privatizzazioni delle grandi aziende di telecomunicazioni concluse, l’Italia completò il passaggio definitivo all’economia di mercato piena.
Le migliorate condizioni economiche, l’aumento del benessere, della vita media, dell’accesso all’istruzione per tutti (anche e soprattutto di livello accademico) ha stravolto la società italiana che, nel giro di pochi anni, si è completamente rinnovata.
L’emancipazione femminile, completata durante gli anni ’80, ha permesso al metodo capitalista di prosperare sempre di più, tanto da far divenire le donne stesse il motore del consumismo: circa l’80% delle decisioni di acquisto per pressoché qualsiasi tipo di prodotto, anche di pertinenza squisitamente maschile, sono infatti veicolate dalle donne.
In pochi decenni, con l’apertura universale degli Atenei, molte posizioni un tempo prettamente maschili, come ad esempio la carriera forense, quella giuridica, quella medica o quella notarile sono divenute appannaggio anche delle donne, e anzi, in molti settori (come Medicina) la loro presenza cominciò a virare verso la maggioranza assoluta già da fine anni ’90.

La facoltà di Medicina e Chirurgia e il mondo della Medicina e della sanità in generale sono ormai ben più che appannaggio delle donne: la loro presenza è difatti raggiunge quasi il 70% del totale
Tutto ciò non è stato ovviamente ignorato da chi produce e vende prodotti, sia beni che servizi, e neppure da chi ha come obiettivo principale la detenzione del potere (cioè la politica).
Dagli anni ’70 in poi, il grado di consapevolezza della nuova realtà femminile, che stava sempre di più appaiandosi con quella storica maschile, ha guidato sempre di più le decisioni di marketing aziendale, nonché le indicazioni politiche.
Il possesso della certificazione della parità di genere non migliora la qualità del prodotto o del servizio offerto in una gara pubblica.
Il modello, già divenuto obsoleto di suo, della donna eguale a ‘moglie-casalinga-madre' si è andato pian piano spegnendosi, spingendo le donne nell’ottica piena di consumatrici non dissimili dagli utenti uomini, ma anzi, forse con qualcosa in più: la spesso innata predilezione per la bellezza (l'85% circa delle prestazioni di Chirurgia e Medicina Estetica sono acquistate da donne), per la casa e per i beni d’arredo.
In questo contesto euforico però, ci si è presto dimenticati un dato oggettivo spesso non calcolato: il benessere non è infinito, così come il denaro e il lavoro.
Denaro e lavoro che, quando raggiunti, comportano però responsabilità, fatica ed impegno.
Impegno che, giocoforza, spesso deve far rinunciare forzatamente a qualcosa.
Negli ultimi decenni, la posizione della donna in pressoché ogni attività lavorativa è divenuta cardine, tanto da surclassare, in molti settori, la presenza maschile.
Ma ciò ha causato strascichi sociali spesso non indifferenti, poiché la donna, a differenza dell’uomo, ha delle funzionalità biologiche che, giocoforza, impongono molta attenzione e particolare cura della prole.

In Italia si registra una presenza femminile nei ruoli di Magistrato del 56% del totale (al 2025).
Segno evidente della parità di condizioni di accesso al ruolo e alle professioni un tempo esclusivo appannaggio degli uomini
Che non sempre è possibile risolvere a costo zero, ma anzi, richiede un impegno maggiore rispetto al passato.
La difficoltà della donna di conciliare lavoro e maternità, o lavoro e vita di coppia o gestione della casa è un problema su cui, spesso, chi si avvale del virtue signalling punta con veemenza: è un problema sentitissimo dalla società ormai iper-capitalista, in cui ormai non c’è quasi più neppure l’aiuto dei grandi nuclei familiari che, in passato, servivano anche a prendersi cura reciprocamente della prole.
Il fariseismo di molte aziende, che si sbracciano per sensibilizzare su quote rosa e condizioni agevolate per le donne è spesso e volentieri accolto anche dalla politica, che vede in molte donne, che oggettivamente hanno problemi di gestione della loro maternità col lavoro, un perfetto bacino d’utenza.
In realtà, le aziende che mettono veramente in condizione le donne di prosperare anche essendo mamme, e che garantiscono posizioni di vertice basate sul merito, sono relativamente poche.
Così come gli slogan politici che, spesso, si tramutano in pochi e scarsi bonus ‘una tantum’, che non risolvono il problema ma anzi, aumentano solo la rabbia e la frustrazione delle elettrici (e delle loro famiglie, poiché in sofferenza, spesso, ci sono anche i loro compagni).

Una nota multinazionale del mobile, divenuta molto popolare e famosa più per i prezzi bassi che per la qualità dei propri prodotti, da molti anni si è impegnata a raggiungere la parità effettiva e reale dei propri dipendenti: cioè 50% di sesso maschile e 50% di sesso femminile.
C'è quasi riuscita nel suo intento, ma la qualità dei prodotti non sembrerebbe migliorata: sono sempre costruiti principalmente da macchine, con un basso valore aggiunto umano, pensati per un target a bassa capacità di spesa
Il voler spingere a tutti i costi la parità sessuale pressoché assoluta negli organi dirigenziali delle aziende è un vecchio ‘pallino’ di molte aziende (specie quelle che hanno qualcosa da 'farsi perdonare') e di una certa agenda politica, grossomodo trasversale, che però molto difficilmente si è mai dimostrato veramente efficace nel migliorare la condizione delle donne.
Le aziende continuano a preferire (com’è giusto che sia) personale dirigenziale basato sulle competenze reali e non sul sesso, e nella produzione aziendale si è più volte dimostrato che l’apporto di personale equamente diviso al 50% tra uomini e donne è del tutto ininfluente sulla qualità finale dei prodotti ultimati.
In Italia, la famosa legge Golfo-Mosca del 2011 ha obbligato alcune aziende quotate a riservare una certa percentuale alle donne degli organi di amministrazione.
Dapprima si è partito con un minimo di 1/5, per poi salire a 1/3 ed arrivare, al 2020, al 40% di rappresentazione femminile nei Consigli di Amministrazione.
Le aziende si sono dovute adeguare, ma i risultati sono stati decisamente insoddisfacenti.
I dati attuali disponibili confermano l’inutilità de facto della legge ad-hoc: la presenza femminile nei CdA è salita effettivamente dal 7% del 2011 e al 40% nel 2020, adempiendo dunque all'obbligo legale, ma con un grosso 'ma'.
Difatti, solo il 3% delle donne in CDA ha ruoli esecutivi reali (Amministratore Delegato, CEO, Direttore Generale, ecc.).
La stragrande maggioranza ricopre posizioni di facciata, spesso non operative.
E questo perché la legge Golfo-Mosca si applica ai puri numeri degli organi di amministrazione, e non ai ruoli esecutivi (che, ovviamente, sono quelli che detengono il potere).
E i ruoli esecutivi, quasi sempre, provengono da complesse (e lunghe) carriere aziendali, reti informali e percorsi generali di specializzazione che nulla hanno a che vedere col sesso.

Praticamente tutte le ricerche disponibili tendono a convergere che team misti, di uomini e donne, di differenti età e con differenti competenze, nonché anche differenti metodi di lavoro, sono quelli che solitamente permettono la produzione migliore, e che creano ambienti più sani e sostenibili psicologicamente.
Il team misto non deve necessariamente essere composto dalla metà esatta tra i sessi: l'integrazione è variabile in percentuale, e nessuna ricerca afferma che il 50-50 sia oggettivamente più produttivo.
Conta il discorso di ambiente di lavoro, di stimoli e di visione di gruppo, non una percentuale matematica!
In realtà, la parità migliorativa delle condizioni della società non è una questione di numeri puri, ma di condizioni reali: politiche ‘a bonus’ (una tantum), difficoltà oggettive di cura della prole con rigidi orari d’ufficio, scarsezza della figura paterna (considerata spesso non necessaria, a volte invece del tutto assente), impossibilità di scalata lavorativa in aziende medio-piccole a trazione famigliare… Tutti problemi che non riguardano l’emancipazione, ma che invece sono ottimi per divenire solo narrazione.
E dunque ottimi per cavalcare l’onda dell’indignazione, lavorando ‘alla pancia’ di tutte quelle lavoratrici che, per molti motivi, hanno difficoltà a conciliare lavoro e vita privata.
L’onda verde: a chi piace vivere nell’inquinamento?

"Can you tell a green field / From a cold steel rail? / A smile from a veil? / Do you think you can tell?"
Ritornando al noto Sindaco di una nota metropoli italiana con una Madonnina dorata che ‘domina la città’: sai che tale metropoli è, ormai da molti anni, una delle città più inquinate in Europa?
Questa città, popolata già da prima della dominazione romana della penisola italica, ha sempre avuto problemi d’inquinamento, per un motivo intrinseco: è stata fondata e costruita, nei secoli anzi espansa, in una zona geografica ben poco felice.
In una conca, precisamente, di una sterminata pianura che, però, non ha spazi aperti sul mare, che si chiude con le montagne alle spalle.
Per ovvi motivi geografici, quindi, in questa città vi è poca ventilazione, e la posizione più bassa del livello del mare non migliora la situazione: polveri, sedimenti e quant’altro tendono immancabilmente a radunarsi sul ‘fondo’ della conca, che è popolato ormai da grattacieli e palazzi, con un’alta densità abitativa.
Dalla rivoluzione industriale in poi, seppur in ritardo rispetto a Inghilterra e Francia, questa città ha comunque trainato l’economia di tutta l’Italia, anche ben prima della sua unità nazionale: vicinanza relativa con l’Europa, laboriosità delle sue genti, posizione avvantaggiata vicino a Repubbliche marinare storiche (come Venezia e Genova)… Insomma, tanti elementi che, nel corso dei secoli, hanno fatto di questa città uno dei punti cardine dell’economia della penisola italica.
Però, ciò non ha migliorato né la sua salubrità per i polmoni umani, né il suo clima, che continua ad essere pessimo: caldo intenso e poco ventilato in estate, freddo ed umido d’inverno.
La rivoluzione industriale ha anzi peggiorato la situazione: centinaia di fabbriche si sono ammassate nei pressi della grande città, sfruttando i numerosi corsi d’acqua naturale e anche artificiale (i navigli), che hanno assicurato per secoli una buona e conveniente forma di trasporto delle merci.

Aumentare la densità abitativa, anche al netto delle correzioni di risparmio energetico delle nuove costruzioni, significa, giocoforza, aumentare il consumo di suolo e il consumo di servizi.
Anche se in classe A, una torre da 18 piani richiederà risorse energetiche maggiori di una palazzina di quattro piani in classe energetica inferiore, senza contare l'aumento del traffico che, ovviamente, più gente accalcata in poco spazio comporta
All’avanzare dell’industrializzazione, avanzava però anche il grado di sedimentazione delle polveri nocive, dei combusti e dei residui degli stessi, proveniente dalle fabbriche ma anche, non secondariamente, dai bisogni di riscaldamento della gente che accanto alle fabbriche abitava.
La situazione è rimasta invariata per decenni anche in epoca moderna, e non è mai sostanzialmente cambiata: questa città continua ad essere perennemente inquinata, anzi forse più di prima, poiché nel tempo è anche aumentata in maniera drammatica la sua popolazione (e dunque la sua densità).
Ora, la domanda è: per quanto a grande potenziale economico, chi vorrebbe mai vivere in una città perennemente inquinata?
Risposta: nessuno.
Sappiamo bene che l’inquinamento è un fenomeno complesso, che può avere origine antropica, cioè causata dall’uomo, o anche origine naturale, causata da eventi imprevedibili o inevitabili, come l’eruzione di un vulcano, ad esempio… O anche il costruire dove non si dovrebbe costruire.
Sicuramente la motorizzazione civile dell’Italia, dagli anni ’50 sino ad oggi, è stata imponente: il nostro Paese ha attualmente uno dei parchi auto più grandi d’Europa, e spesso di età molto avanzata.
Non v’è dubbio che i residui dei combuti prodotti dai motori a scoppio, seppur ora molto contenuti grazie all’evoluzione dei propulsori (ora imparagonabili, per consumi ed inquinamento, a quelli di 30 o 40 anni fa), anche con l’espansione moderata della tecnologia ibrida ed elettrica, siano comunque nocivi per la salute umana, specie in quella grande città che ha problemi geografici di ventilazione.

Mega-torri e grattiacieli costruiti facendoli passare per semplici ristrutturazioni, senza Piano di Gestione del Territorio e senza permesso a costruire, bensì solo con una semplice SCIA = aumento della densità abitativa, consumo di suolo pubblico del demanio (non retribuito a dovere), aumento del traffico e dell'inquinamento
Eppure, la statistica vuole che la maggior parte dell’inquinamento non sia prodotto dalle autovetture, bensì… Dai riscaldamenti degli edifici.
Già, specie con una produzione edilizia come quella italiana, sostanzialmente ferma agli anni ’60 e ’70, con edifici ben poco efficienti in coibentazione, spesso riscaldati da vecchie caldaie a gas, non sempre così energicamente parche.
È un fatto notorio e riconosciuto universalmente: l’urbanistica del luogo influenza pesantemente i consumi energetici, l’inquinamento e anche la mobilità, che in effetti è un derivato della concentrazione di abitanti in un unico posto.
Però è abbastanza difficile ‘chiudere’ forzatamente le caldaie dei palazzi e spopolare gli stessi, senza andare in contro a feroci resistenze della popolazione.

Domanda semplice: se prima c'era nulla ed ora ci sono due torri da 16 e 18 piani, anche se con balconi pieni di piante (che comportano comunque costi di gestione e mantenimento), l'inquinamento, la densità abitativa, i consumi energetici e di acqua corrente, lo smaltimento dei rifiuti e il traffico, secondo voi, saranno diminuiti o aumentati?
È invece molto più facile dare la colpa di tutto alle automobili, etichettandole come il problema principale dell’inquinamento, e chiudendo dunque ampi spazi della città, specie se centrali… Anzi no, meglio metterci sopra un bel pedaggio, così il Comune guadagna anche di più e il virtue signalling prende anche una forma di ‘valore economico sociale’.
E poco conta se, nel frattempo che si chiudono spazi alle auto, si progettano lunghe e costose piste ciclabili (nell’inquinamento), si piantano una quantità ridicola di alberi (spesso, nei vasi, per impossibilità di piantumarli a terra… C’è la metropolitana), si può benissimo edificare torri e grattacieli, aumentando così di molto la già alta densità abitativa.

Pedalare rischiando la vita nel traffico caotico, con piste ciclabili ricavate 'alla buona', in una delle città più inquinate d'Europa è il sogno di ognuno di noi!
E poco conta anche se quest’edificazione pressoché totale di qualsiasi spazio utile sia stata fatta senza un Piano di Gestione del Territorio, ma solo autorizzando ‘ristrutturazioni’ di vecchi ruderi con una semplice SCIA.
Il motto è: “Una città verde, a misura d’uomo”.
Una città senz’auto, una città amica della natura, delle biciclette e del verde.
Una città che, ora (al 2025), si trova indagata per centinaia di presunti abusi immobiliari, che ha ghettizzato le fasce più povere della popolazione nelle periferie abbandonate, e che ha, di fatto, cacciato molti suoi concittadini storici dal cuore della città, divenuto inaccessibile ai più.

Il riscaldamento dei palazzi delle grandi città è una delle fonti primarie dell'inquinamento (qui il report dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale)
Eppure: "Meno auto, più alberi, meno inquinamento!"
Un buon esempio di virtue signalling tenendo un occhio non solo alla popolarità, ma anche alla cassa.
L’onda arcobaleno: non per i diritti, ma per l’immagine
L’omosessualità, ormai dovrebbe essere un dato noto e non più materia di discussione, è una tendenza comportamentale presente in natura non solo nell’essere umano, ma anche negli altri animali.
Senza scendere nel dettaglio e nell’analisi antropologica, che non è argomento di quest’articolo, vale la pena ricordare che abbiamo tracce evidenti di rapporti omosessuali in pressoché qualsiasi civiltà conosciuta.
In alcune culture, l’omosessualità era tollerata, in altre ben vista, in altre invece guardata con sospetto, in altre ancora ostacolata o punita.
Il rapporto col sesso dell’Homo Sapiens è molto complesso, e a motivazioni antropologiche si mischiano spesso istinti primordiali, nonché esperienze dirette vissute, che rendono l’approccio sessuale praticamente differente per ogni soggetto (incluse le sue preferenze di genere).
Nella cultura occidentale, vi sono stati rapporti contrastanti con l’omosessualità: ben tollerata nella Grecia antica, conosciuta e tollerata (con limitazioni) a Roma, mal vista dalla religione abramitica e dalle sue derivate (cristianesimo ed islam).
Anche con le difficoltà che la condizione di omosessuale ha avuto nei secoli, comunque la tendenza non si è mai sopita e, seppur fortemente minoritaria nel genere umano, è sopravvissuta anche a periodi oggettivamente bui.
L’evoluzione dell’Occidente e dei suoi sistemi democratici, comunque, ha permesso pian piano alla comunità omosessuale di mostrarsi sempre più apertamente, seppur a volte con delle criticità, più che altro legate agli usi e costumi ormai consolidati da secoli, piuttosto che da un ‘odio primitivo’, che in realtà è stato sempre storicamente raro (si presume, seppur su base empirica, che pressoché ogni famiglia ha avuto, negli anni, alcuni componenti omosessuali).
Dal dopoguerra in poi, l’esclusione sociale, per lo più d’apparenza, delle persone omosessuali ha subito piccole ma progressive e radicali trasformazioni.
A fine anni ’60, dapprima negli USA, nascono i primi movimenti di attivisti, che sfoceranno poi in comunità sempre più grandi e sempre meno nascoste, che daranno origine dapprima ai “Pride”, cioè alle manifestazioni di parata, per poi sfociare anche in attivismo politico.
Dapprima spesso emarginati e ghettizzati (non sempre, e non in tutti i Paesi occidentali, va detto), gli omosessuali sono via via diventati sempre più visibili, sempre più integrati nel contesto sociale e produttivo esattamente come le persone eterosessuali.
Lo scrivente stesso, pur essendo inguaribilmente eterosessuale, è cresciuto, da piccino, frequentando quasi tutti i giorni un noto circolo ARCI Gay, dove andava spesso a giocare al biliardino e ai videogiochi, in un ambiente assolutamente tranquillo e anzi, in cui veniva coccolato e considerato ‘la mascotte’ del posto.
Non sono dunque mai stato ‘traviato’ da nessuna persona omosessuale, né ho mai ricevuto avanches non richieste, o proposte indecenti.
Questo, tanto per chiarire, anche se non ce ne sarebbe bisogno.
Ovviamente, aumentando l’integrazione sociale, il senso di protezione della comunità (specie quello che garantiscono grandi agglomerati urbani), l’accesso all’istruzione e al reddito che ne consegue, ha fatto sì che ora, solitamente, le persone omosessuali sono ottimamente inserite nei contesti sociali più disparati, senza peraltro vergognarsi della loro condizione.
E dunque, quale migliore condizione per le aziende di sfruttare l’occasione, e guadagnarsi simpatie (e soldi) delle persone omosessuali usandole come ‘buoi da mercato’ per tirare il loro aratro?
La politica dell’inclusione forzata, la cosiddetta ‘onda arcobaleno’ che, da fine anni 2000, ha toccato pressoché ogni settore produttivo occidentale, nonché buona parte della politica, è un ottimo esempio di virtue signalling dei più beceri, che tende a sensibilizzare su un problema che, di fatto, è ormai molto meno severo del passato.
Almeno, nell’Italia democratica del XXI secolo.
Oggigiorno, anche se purtroppo ancora possibile, è raro che un’azienda possa discriminare un lavoratore solo perché omosessuale, né sono noti episodi concreti di licenziamenti per le preferenze sessuali (cosa del resto impossibile, con la Legge italiana).
I cittadini omosessuali godono ormai degli stessi identici diritti degli altri, ad eccezione delle adozioni su cui vi è, attualmente, comunque bagarre politica (resta però da vedere se i numeri reali del fenomeno siano rilevanti o meno).
Uno degli ultimi cardini che è stato divelto qualche anno fa riguardava le unioni civili, che sono state regolamentate già da oltre un decennio.
Eppure, alcune frange politiche e qualche azienda (anche di grossa dimensione) continuano imperterrite a promuovere ‘eguaglianza di diritti’ dei cittadini omosessuali con quelli eterosessuali, come se ci fosse una perenne e grave emergenza sociale.
Le politiche cosiddette DEI (Diversità, Equità ed Inclusione), utilizzate spesso da molte aziende come degli arieti per ottenere facili consensi, in alcuni Paesi sono state rese addirittura obbligatorie, di fatto esercitando dunque una forma, e non troppo velata, di coercizione e, in definitiva, limitando di molto la libertà non solo aziendale, ma d’espressione.
Proprio il contrario di quello che, in teoria, tali politiche avrebbero dovuto assicurare.
La casistica disponibile di ormai consolidata attendibilità dimostra che non vi è alcuna differenza tra la produttività di un lavoratore basata sulle preferenze sessuali rispetto ad un altro, anche se assunto con politiche speciali: conta più che altro l’ambiente che si viene a creare e il team di lavoro, che può (e anzi, sarebbe meglio che sia) essere più diversificato possibile.
Quando un’azienda, che magari non ha mai avuto alcun tipo d’interesse nel target specifico omosessuale, comincia a bombardare con messaggi spesso poco attinenti, altre volte invece di pura retorica (senza proporre soluzioni concrete e fattibili, ad esempio al problema della genitorialità), è sempre meglio chiedersi: “Ma per chi lo sta facendo?”
Nota di colore (è il caso di dirlo): un mio compagno d’università e amico ormai ventennale, apertamente omosessuale ma perfettamente integrato nella società, una volta disse, esasperato, di fronte ad un noto personaggio politico che stava parlando, da diversi minuti, con la più becera retorica farisea possibile: “Sarò contento, Onorevole, quando lei e il partito che rappresenta smetterete di usare me e la mia categoria come un branco di ‘bambini speciali’, da tirare fuori solo un mese all’anno per guadagnare facili consensi”.
Credo che ciò dica tutto.
Cartagine deve essere davvero distrutta?

Il 'censore' per eccellenza: Marco Porcio Catone, ossessionato da Cartagine e da tutto ciò che osava mettere in discussione le 'tradizioni romane'.
Un 'populista' o 'iper-coinservatore', come lo definiremmo noi oggigiorno.
"Carthago delenda est!"
Quante volte, se venite dal liceo classico oppure dallo scientifico, o se comunque avete avuto una cultura umanistica, avete sentito questa frase?
Così come quante volte avete usato il termine 'censura', che oggigiorno suona sempre con un significato negativo ma che, in passato, aveva spesso tutt'altro senso?
Marco Porcio Catone (Tusculum, 234 a.C. circa – Roma, 149 a.C) fu una persona rigorosa e, spesso, integerrima, con una brillante carriera politica anche se proveniva da una famiglia plebea.
Molto del suo successo lo dovette sicuramente alla sua abilità oratoria in cui, comunque, fece ampissimo uso del farisaismo, spesso e volentieri utilizzato in chiave politica, specie per accusare gli avversari di scranno (specie se famosi, come ad esempio gli eroi del tempo, gli Scipioni).
Alcune sue frasi di puro farisaismo sono ancora utilizzate al giorno d’oggi, più o meno senza stravolgimenti, come:
«I ladri di beni privati passano la vita in carcere e in catene, quelli di beni pubblici nelle ricchezze e negli onori»
(Marco Porcio Catone, citato in Aulo Gellio, Notti attiche, XI, 18, 18)
Oppure anche;
«Nessuna legge è comoda ugualmente per tutti.»
(citato in Tito Livio, XXXIV, 3; 1921)
«La città è afflitta da due vizi tra loro opposti, l'avarizia e il lusso, rovinosi malanni che hanno fatto crollare tutti i grandi imperi.»
E tante altre perle, risplendenti specie contro i suoi bersagli, che di solito erano personaggi nobili e famosi… Oppure Medici, visto che il Censore non aveva particolarmente a cuore i greci, luogo da cui provenivano quasi tutti i Clinici del tempo (per ovvi motivi, visto che la Medicina occidentale nacque proprio lì).
Ma Catone passo alla storia soprattutto per la sua retorica più famosa, mirabile esempio di farisaismo che diventò per lui quasi un’ossessione: la distruzione di Cartagine.
All’epoca Cartagine (grossomodo l’attuale Tunisi) era l’unica ‘superpotenza’ del Mediterraneo in grado di rivaleggiare con Roma per il dominio di ben due continenti: l’Europa Occidentale e il Nord Africa.
Aveva un commercio fiorente, una flotta navale di eguale potenza e grandezza rispetto a quella romana ed aveva ampi influssi su qualsiasi altra regione attigua.
Lo scontro con Roma divenne inevitabile, e tale scontro si consumò in una serie di feroci guerre, combattute sia in territorio africano che europeo, che passarono alla storia come guerre puniche.
Ce ne furono tre, anche se ‘vere guerre’ solo le prime due, datosi che la terza fu più o meno poco più che una spedizione punitiva di Roma, contro una Cartagine ormai in ginocchio.
La più feroce e pericolosa per Roma, che quasi capitolò, fu la seconda, che si combatte principalmente in territorio italiano: esatto, quella del Generale Hanníbas Bárkas (Annibale Barca), che passò le alpi con gli elefanti e arrivò vicinissimo a distruggere Roma dall’interno.
Dopo quest’esperienza scioccante, che lasciò segni duraturi nei romani (“Annibale è alle porte!” è uno spauracchio che circolò davvero in tutta la Repubblica, ed è usato anche oggi per paventare un pericolo imminente), la popolazione per molto tempo ebbe problemi a fidarsi di uno dei capisaldi del potere di Roma, ossia il suo esercito.
Ebbene, Catone, avendo capito il disagio della folla (del resto, veniva dalla plebe e sapeva bene come parlare ‘alla pancia’ della gente), nel suo ultimo periodo al senato cominciò una tremenda retorica proprio contro Cartagine, anche se ormai la potenza punica era stata ridotta ai minimi termini proprio dopo la disfatta per opera di Publio Cornelio Scipione (che difatti fu chiamato poi ‘l’Africano’, in lode alla sua impresa).
È un fatto noto che ogni discorso di Catone, anche se nulla c’entrava con le beghe cartaginesi, finiva inequivocabilmente con:
«Per il resto ritengo che Cartagine dev'essere distrutta.»
(dal latino: ceterum censeo Carthago delenda est)
(da Plutarco, Vita di Catone)
Una frase, per l’appunto, censoria (da qui l’aggettivo che noi usiamo) che, in effetti, poco c’entrava nei discorsi che solitamente teneva, e che paventava uno spauracchio ormai poco probabile: Cartagine, dopo la semi-distruzione della seconda guerra punica, non avrebbe mai potuto risollevare la testa e tornare agli splendori che furono, e Catone lo sapeva bene, avendo visto con i suoi occhi Cartagine durante un suo viaggio nel 153 a.C. come parte di una delegazione romana inviata per mediare una disputa tra i Cartaginesi e Massinissa, re della Numidia.

Annibale Barca, il Generale cartaginese che sfidò Roma direttamente in Italia, e che fu molto vicino ad assalire l'Urbe.
Armato di un piccolo ma fedelissimo esercito, cresciuto nell'odio di Roma e della Repubblica Romana, dalla Spagna varcò le Alpi e giunse in territorio italico, infliggendo cocenti ed umilianti sconfitte all'esercito romano.
Anche per via di un mancato supporto della sua madrepatria, dovette alfine ripiegare e tornare a Cartagine, dove fu sconfitto sonoramente da Publio Cornelio Scipione, il famoso Generale romano che, proprio per la vittoria nella guerra punica, fu nominato poi "Africanus", cioè l'Africano.
Pur se dalla parte dei perdenti, Annibale è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi strateghi di tutti i tempi: anche se con un esercito numericamente inferiore a quello di Roma, riuscì per anni a scatenare il terrore proprio in territorio italico, con una serie di vittorie che, seppur non decisive, misero in dubbio la capacità militare di tutta la Repubblica Romana
Catone sapeva perfettamente che Cartagine non era più pericolo militare per Roma, ma che comunque si era economicamente ben ripresa e che dunque, volendo, teoricamente in futuro avrebbe potuto riarmarsi.
E questo per lui era un qualcosa di inaccettabile (anche se in effetti, molto remota come possibilità).
Ad ogni buon conto, aizzare la folla contro un nemico che ormai poteva essere distrutto a piacere, ma che tanto terrore aveva scatenato nel passato, faceva sempre presa e stava sempre bene con tutto.
Per la sua condotta ritenuta ‘di ferro’ dai suoi connazionali, per il suo disprezzo anche di piccoli piaceri ritenuti normali al tempo (era avvezzo ai bordelli, al consumo del vino, alle feste in generale), per la sua intransigenza sui ‘valori tradizionali romani’, rifiutando tutte le nuove influenze, Catone fu sempre ben considerato dai posteri, tanto che Dante, per l’appunto, lo mette a guardia del Purgatorio.
Ora, la domanda è questa: per caso, in tutto questo racconto, trovate delle analogie con molti dei comportamenti dei politici attuali (e non solo italiani)?
Quanto è comodo, per molti, ‘censurare’ qualsiasi cosa che non sia rigorosa ‘della morale’, ‘delle tradizioni’, insomma di ampia parte di usi e costumi che il tempo ha fatto divenire quasi ‘familiari’ (ma non per questo non criticabili o probi)?
Quante Cartagine possono esserci che ‘devono essere distrutte’, non tanto perché siano un vero e proprio pericolo, ma solo perché al sentimento comune della gente ciò piace, anzi, fa ‘stare meglio al solo pensiero’?
Il nemico sempre alle porte, l’oscuro fato che si abbatte quando meno lo si aspetta, che va dunque prevenuto e corretto subito, anche con un’iper-sforzo che, forse, non è del tutto necessario?
Quanto è facile prendere consensi sulle paure della gente, sui loro fantasmi (spesso, solo ricordi di brutte esperienze passate), sul sentito dire generale di un qualcosa che, forse, neppure si conosce a fondo?
Il virtue signalling funziona bene, spesso, proprio per questo: come un parassita, sfrutta il nostro bisogno di affidarci ma non comprendere appieno, anche se magari, genuinamente, crediamo davvero in quello che il farisaismo richiama.
Faccetta nera, sarai romana!

"Faccetta Nera / Bell'Abissina! / Aspetta e spera che già l'ora s'avvicina!"
“Se tu dall’altipiano guardi il mare, moretta che sei schiava tra le schiave / Vedrai come in un sogno tante nave / E un tricolore sventolar per te!”
Cominciava così, ormai un secolo fa, una canzonetta lì per lì giocosa e orecchiabile, cantata con parole semplici e dirette, che però nascondeva una spinta di iper-propaganda di un regime che, di lì a poco, avrebbe portato l’Italia in una sanguinosa guerra mondiale prima, e in una devastante guerra civile poi.
Per Benito Mussolini, Duce d’Italia che prese il potere senza essere votato da nessuno (al contrario di Adolf Hitler, a ben vedere, che fu regolarmente eletto democraticamente), anche l’Italia doveva avere il suo impero coloniale.
A tutti i costi.
E dunque, datosi che le parti ricche ed appetibili dell’Africa erano già state prese, da secoli, dai più furbi inglesi, francesi e portoghesi, si doveva ripiegare sugli ‘scarti’ che nessuno aveva voluto, ma che pur sempre potevano andare bene per aizzare le folle al Duce.
Ah, Duce viene dal latino dux, e significa semplicemente ‘capo’ o ‘condottiero’, spesso inteso come comandante miliare (il famoso dux legioni era il comandante romano di una legione).
Le campagne d’Africa che portarono all’Africa Orientale Italiana furono sanguinose, abbastanza inutili e estremamente dispendiose per l’Italia, che tra le altre cose fu anche punita severamente, sul piano internazionale, con pesanti dazi, che indebolirono ulteriormente la già non brillantissima industria nazionale, molto arretrata rispetto a quelle europee.

Italiani! Armiamoci... E partite!
La propaganda fascista, come al solito, spese ogni risorsa per convincere l’opinione pubblica che mandare a morire diciottenni e ventenni nel Corno d’Africa fosse una buona idea per il Paese.
In quest’ottica, il regime ricorse alla più becera delle retoriche populiste: il concetto di ‘libertà agli oppressi’.
Sul serio: si fece passare una campagna di aggressione, peraltro in Paesi non così convenienti da occupare, come una spedizione necessaria per la cessazione dello sfruttamento del popolo africano, anzi abissino nello specifico (l’Abissinia era l’odierna Etiopia, se proprio siete stati poco attenti durante le lezioni di storia).
L’operazione mediatica della campagna d’Africa italiana fu imponente, quasi tutta centrata sul bisogno di ‘portare la libertà’ al povero popolo etiope.
La schiavitù, il concetto di sottomissione, la ferocia schiavista e coloniale dei tanto disprezzati inglesi (che all’epoca controllavano, non tanto convinti in onestà, il Corno d’Africa) venne enfatizzata su tutti i media, e il regime spese anche molto denaro per pagare, come nel caso di Carlo Buti, artisti all’epoca di grido, proprio per celebrare la spedizione liberatrice.
Come si può essere contro la civiltà, contro il razzismo, contro lo schiavismo?
Non si può ovviamente.
Non si può andare contro la civilizzazione di un popolo schiavo degli oppressori, vero?
Ecco un altro storico esempio di virtue signalling, che peraltro portò a centinaia di migliaia di morti ammazzati, spesso in età poco più che puberale.
Curiosità per certi aspetti paradossale: Benito Mussolini odiava ‘Faccetta Nera’, la canzone dell’incipit.
Fece di tutto per boicottarla e tentò persino di farla bandire, ma non ci riuscì: alla gente piacque.
Forse anche perché, agli italiani, le belle ‘morette’ in realtà son sempre piaciute (e non pochi soldati ritornarono in Italia con moglie etiope… Chiamali scemi, considerando il loro fisico quasi sempre perfetto!).
Come si può essere contro la pace tra contribuenti e fisco?

L'impennata spaventosa del debito pubblico italiano, cominiciata negli anni '80 del 1900 e mai veramente corretta
Tempo fa, un noto politico italiano ebbe un’idea geniale, anche se non proprio innovativa: far passare un condono fiscale per un’operazione di rappacificazione tra l’Erario e i contribuenti.
Il tema dei tributi, in Italia come del resto in quasi tutti gli altri Paesi del mondo, è particolarmente sentito: il nostro Paese ha una situazione debitoria molto critica e perennemente in bilico, con un debito pubblico mostruoso e alti interessi da pagare ogni anno.
Gran parte del debito pubblico, emesso sotto forma di titoli di stato, è stato contratto negli ultimi 30-40 anni, per erogare servizi di assistenza e previdenza, ad una popolazione che, anno dopo anno, aveva però smesso di crescere in numero ma aumentando, al contempo, l’aspettativa media di vita.
La pressione fiscale odierna italiana ha raggiunto già, da qualche anno, la massima esigibilità possibile: la media si avvicina, con distinzioni ovviamente, quasi al 50% dell’imponibile, e anche se tale percentuale è coerente, grossomodo, con quella europea, è ritenuto da molti esperti impossibile andare oltre senza affossare completamente il libero mercato ed uccidere quindi l’economia.
Eppure, il debito pubblico, salvo casi sporadici, non accenna a diminuire, anzi aumenta di anno in anno.

L'Agenzia delle Entrate - Riscossione è tua amica, e ti aiuta.
No, in realtà proprio no: esegue esclusivamente gli interessi dello Stato, applicando una legge fatta ad-hoc che pretende SUBITO quando deve ricevere, mentre ha un atteggiamento indifferente, per non dire lassista, quando invece deve dare
Il Paese si trova quindi costantemente sul bilico: non può aumentare le imposte, non può abbassare il debito, non può abbassare di molto una spesa che, giocoforza, con l’aumento dell’età media di vita aumenta di conseguenza, e viene distribuita quasi tutta in previdenza ed assistenza.
D’altro canto, la demografia ha smesso di crescere già da molti decenni: la situazione cominciò a divenire preoccupante già a fine anni ’80, mentre negli anni 2000, passata l’euforia del rally demografico portata dall’immigrazione massiccia, il numero totale di residenti ricominciò a scendere, per mai più risalire.
Meno gente, soprattutto giovane, meno possibilità d’incasso per lo Stato.
In questa situazione, considerando poi gli stipendi medi praticamente fermi da decenni, molte famiglie hanno accumulato debiti col fisco, spesso di poche centinaia di euro, a volte di qualche migliaio (specie i piccoli imprenditori).
Debiti che, non avendo i debitori grossi redditi da aggredire, risultano dunque inesigibili da parte dello Stato.
Sono usualmente debiti di poco, ma messi tutti insieme fanno tanto: circa 1.200 miliardi di Euro.
Una bella cifra!
Molti di questi debiti, circa 537 miliardi, sono stati dichiarati praticamente inesigibili dall’Agenzia delle Entrate, per vari motivi: per insolvenza dei debitori, per una loro situazione oggettiva di nullatenenza, per impossibilità, de facto, di pagare, perché ormai falliti o morti. E via discorrendo.

La 'pace fiscale' fu un provvedimento voluto fortemente da un noto politico che, supportato dal Parlamento (anche in evidenza di documentazione dell'Agenzia delle Entrate che avvertiva che buona parte del debito non riscosso era ormai impossibile da recuperare), avviò ben quattro 'rottamazioni' delle cartelle esattoriali scadute, scadenzate nel tempo.
Ce ne vollero quattro, una dietro l'altra, poiché la nuova possibilità di far 'pace' col fisco non venne accolta che da una minoranza sparuta di debitori.
Il risultato fu di un modesto recupero del 5,9% di tutto il debito
Per tentare di recuperare almeno una parte, un noto politico pensò dunque di propagare un maxi-condono, una cosiddetta ‘rottamazione’ delle cartelle fiscali.
Della serie: “Mi devi dare 10? Ok, te ne chiedo 7, però dammeli. Anche a rate”.
Per dire: piuttosto che niente, è meglio piuttosto.
L’operazione prese il nome in codice di Peace Walker... Ehm, no, di ‘pace fiscale’, e fu esibita in pompa magna con ben quattro interventi diluiti negli anni: rottamazione, rottamazione bis, rottamazione ter, rottamazione quater.
Il risultato?
71 miliardi sanati.
Su un debito di 1.200 (MILLEDUECENTO) miliardi di Euro, di cui potenzialmente esigibili 663 (gli altri 537 praticamente impossibili da recuperare).
La mega-operazione, di cui si parò per mesi, anzi anni, come l’operazione che ‘metteva pace’ tra i contribuenti e il tanto odiato fisco, alla fine recuperò circa il 5,9% del totale del debito.
Esatto: neppure il 6%.
Un’operazione più di facciata che di utilità, quindi, che certo, è servita sicuramente a dare più fiato a qualche imprenditore e qualche famiglia, ma che non ha contribuito al recupero deciso del dovuto.
Però, come si può essere contro chi ti ‘propone pace’ tra te e il fisco?
Il virtue signalling è proprio questo: è usare sentimenti generici e popolari per conseguire facili consensi, senza però proporre nulla di attivo, fattivo e, soprattutto, risolutivo.
Il problema dell’irrecuperabile debito delle famiglie e degli imprenditori italiani non si risolve ‘scontando’ quello che c’è da versare, ma si risolve mettendo in condizione il mercato di ripartire, e chi ha avuto problemi (che possono sempre capitare, nel business) di risollevarsi, lavorando, e permettendogli di rientrare, anche ratealmente e senza interessi da strozzino, del dovuto.
Il vecchio adagio popolare vuole che le bugie abbiano sempre le 'gambe corte', cioè che, alla lunga, vengano sempre comunque scoperte e smascherate.
Il perché una bugia, di solito, prima o poi viene scoperta può variare da caso a caso e spesso è comprensivo di una lunga serie di errori e contraddizioni (spesso, proprie delle bugie), ma alla fin fine, il motivo che porta inevitabilmente alla verità è che... Le bugie costano, mentre la verità no.
Sì, esatto: anche la più piccola bugia necessita di un'azione, seppur limitata, di 'cover-up', cioè di 'insabbiatura': questo comporta sempre uno sforzo che, anche se irrisorio (per le piccole bugie) a sua volta richiede un certo impegno.
La bugia va prima di tutto pianificata, poi ben raccontata (cercando di farla il più credibile possibile, meglio se viene mischiata a fatti veramente accaduti) e poi, soprattutto, ricordata.
Più grande è la bugia, o più una bugia è elaborata e complessa, più solitamente richiede una certa specie di 'talento' nel mantenerla credibile, anche coinvolgendo eventuali terze parti che, in teoria, sanno o potrebbero sapere la verità.
La storia ha dimostrato che più le menzogne sono grosse, e più di solito sono articolate, complesse, spesso mischiate ad eventi e dati reali, difficili da smascherare e, sempre di solito, che coinvolgono molte persone, in un complicato intreccio che, non di rado, richiede massicci investimenti di cover-up.
Ecco perché, solitamente, a grandi livelli le grandi bugie necessitano di una vera e propria pianificazione aziendale, e hanno anche bisogno di un certo budget operativo per essere messe in atto.
Uno sforzo giustificato dal fine, che solitamente vale molto più del costo totale della menzogna (altrimenti, non avrebbe senso mentire!), ma che, anche se dopo anni ed anni, alla fine viene a mancare.
La verità invece, pare quasi strano dirlo, ma in realtà è proprio così, di per se non costa nulla: non richiede 'coperture', non richiede piani complicati, non richiede corruzione.
In realtà, purtroppo, molto spesso invece la verità ha un costo, a volte molto grande: e tale costo è dipeso proprio dal comparto di menzogne della parte avversa alla verità stessa, che ha giudicato più conveniente mentire, piuttosto che accettare il vero.
Be careful down there, Boss!

Arriva l'Unità Parassita... Preparati, Boss!
Nel 1984, il leggendario soldato Big Boss si sveglia in un letto di un’ospedale di Cipro, dopo ben nove anni di coma, in conseguenza di un tremendo incidente che distrusse il suo nutrito esercito di mercenari, i Militaires Sans Frontières.
Lo sfortunato Venom Snake scoprirà con orrore che ha perso il braccio sinistro, e un frammento di granata è rimasto conficcato sul suo lobo temporale, mentre il suo amico e socio Kazuhira “Kaz” Miller è da anni torturato dalle forze speciali della XOF, guidate dal suo ex capo Maggiore Zero, che si fa aiutare nelle sue veci da uno spietato agente sfigurato noto come Skull Face.

Il tragico risveglio di Venom Snake dopo nove anni di coma, raccontato magistralmente in "Metal Gear Solid V - The Phantom Pain"
Con l’aiuto di Revolver Ocelot, un suo vecchio nemico che in realtà lo ha sempre stimato, Big Boss si rimetterà in sesto e, armato di un nuovo braccio bionico, correrà a salvare Kaz dal suo luogo di tortura e di prigionia.
Dopo aver tratto in salvo il suo amico, però, Snake sarà attaccato da una misteriosa truppa di soldati apparentemente invincibili ed invulnerabili alle armi da fuoco, chiamati l’Unità Parassita.
Essi sono in realtà poco più che degli zombi, senza volontà e senza autonomia, resi praticamente immortali dalla contaminazione di alcuni archeobatteri parassiti sviluppati proprio da Skull Face, che donano poteri eccezionali ma che annullano completamente la ragione e la coscienza.
Anche se questa storia è frutto della mente fervida del grande Hideo Kojima, il creatore della famosa saga di “Metal Gear”, l’idea che un parassita possa infettare un essere umano non solo nel corpo, ma toglierli anche la coscienza e la volontà non è nuova alla fantascienza.
Fantascienza che, a sua volta, ha sempre un briciolo di aderenza con la realtà.
E difatti, pressoché tutto il XX secolo, specie la sua parte finale, è stato una sequenza quasi senza soluzione di continuità di input ‘parassiti’, che lentamente hanno scavato nella società e l’hanno modellata da dentro, spesso riplasmandola in un fluido non sempre ben definito, adattabile al contesto e dipendente dal contesto, con un solo contenitore possibile: il consumismo.

OK, non sarà molto magra ma... Questa donna è attraente senza dubbio!
Secondo molte ricerche attendibili, il viso e la proporzione dei lineamenti sono, in assoluto, il fattore più importante nell'attrazione umana.
E le immagini parassita lo sanno bene!
Nel marketing, c’è una regola che vale per molti prodotti (pressoché tutti): al consumatore non piace che gli si venda, ma vuole comunque comperare.
Seguendo questo assioma, sono state sviluppate tante forme di vendita che, in realtà, non sembrano apparentemente una vendita: le offerte promozionali, la strategia del prezzo predatorio, il coupon, la prova omaggio, il campione omaggio, il test-drive, l’open day e via discorrendo.

Chi è quello a cui non piace una foto del genere?
Chi è l'insensibile, il senza cuore, lo psicopatico che non vorrebbe accarezzare questo tenero cucciolo?
Con un'immagine del genere, si può teoricamente mettere qualsiasi claim...

Anche questo qui, che propriamente non è proprio il massimo del buongusto.
L'immagine parassita si palesa esclusivamente quando si prende consapevolezza dell'uso che ne stanno facendo, ma questo a volte non accade, e il messaggio che ci viene veicolato bypassa le nostre protezioni e rimane ben attivo nella nostra coscienza
Le arti visive hanno sempre guidato il marketing sotto vari aspetti, e sono anzi considerate l’attività creativa tra le più importanti in generale, poiché l’essere umano utilizza, da sempre, la visita come senso prioritario, e dunque più importante in assoluto.
Per far apparire un qualcosa che si vuole vendere appetibile, senza dire che si vuole però vendere, è possibile ricorrere ad uno stratagemma molto sofisticato, chiamato immagine parassita.
Un’immagine parassita è un visual, quindi un richiamo visivo (foto, disegno, illustrazione, anche un video o un frame dello stesso) che, pur rappresentando un qualcosa di noto e ben riconoscibile, in realtà ‘buca’ la nostra difesa razionale e parla direttamente al nostro bisogno di capire, quindi acquisire un’informazione, senza però riflettere.
Sono immagini solitamente pensate e create per essere piacevoli, familiari, ma che in realtà ci vogliono comunicare ben altro, quindi il loro significante non è coerente con il significato, almeno non nella forma che, apparentemente, potrebbe sembrare.

Quant'è bella una famiglia unita e felice, vero?
Beh, peccato che sia un'immagine che, forse, raramente è davvero esistita nella realtà!
Mi spiego meglio.
Supponiamo che a me, pubblicitario, sia stata commissionata una campagna di promozione sociale, magari da una ONLUS, che ha il fine comunicativo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della parità dei diritti di adozione per le coppie omosessuali.
Ora, se so fare un pelo il mio lavoro, so perfettamente che oltre il 90% della popolazione mondiale è eterosessuale: con picchi e differenze tra Paese e Paese certo, a volte tra città e città e contesto sociale, ma globalmente la percentuale è sempre della maggioranza assoluta.
È dunque inutile che io tenti di scardinare delle assodate difese psicologiche della popolazione eterosessuale (che è, per l’appunto, eterosessuale) tendando di far passare messaggi che potrebbero non essere capiti: io devo comunicare principalmente non agli omosessuali (non sono loro il target) ma devo sensibilizzare gli eterosessuali.
Per fare ciò dunque, evitando che il mio messaggio venga subito ‘rifiutato’ dal target, devo utilizzare un qualcosa di già noto allo stesso target: un qualcosa che sia familiare, che sia ‘domestico’, che sia riconoscibile e che non faccia paura.
Insomma: un qualcosa in cui il target si possa riconoscere, anche se ha gusti sessuali, e spesso stili di vita ed interessi, completamente differenti da quelli del committente.
E allora, io metto quest’immagine qui:

Come si fa a non amare una foto del genere, a prescindere dai gusti sessuali?
l’immagine di due belle donne, giovani, attraenti, in posizione colloquiale, in poche parole assolutamente normali.
E ci metto in mezzo una bambina, anch’essa sorridente, felice, assolutamente normale.
L’immagine diventa così familiare: OK, al posto di un uomo c’è un’altra donna, ma comunque trasmette serenità.
Completo poi la pubblicità così, con un: “Come te, come noi” come claim e via, il gioco è fatto.

E la pubblicità sociale è servita... E colpisce dritto al cervello!
Ho creato un messaggio parassita: sto parlando di diritti omosessuali, ma in realtà ti sto colpendo dove tu ti senti a casa, cioè nell’immagine della famiglia in cui ti puoi riconoscere.
Questo tipo di immagine, nel marketing, non è una novità, ed è stato ampiamente utilizzato anche dei decenni passati, ma mai in maniera intensiva come sta avvenendo ora, con i media digitali coinvolti.
Convenzionalmente, questa strategia visiva può essere inquadrata nel visual anchoring, mentre in psicologia ha forti attinenze col bypass cognitivo, di cui è, di fatto una sua sofisticata versione visiva.
Le immagini parassita, esattamente come l’Unità Parassita di “Metal Gear Solid V - The Phantom Pain” (che v'invito a giocare perché è un gran gioco) sono degli zombie: non hanno volontà, non hanno autonomia, non hanno uno scopo se non quello che io, che le controllo, voglio dargli.

Un'immagine così bella, così rilassante, così semplice: una barca a vela (quindi ZERO inquinamento), il mare incontaminato, l'energia del vento... Tutto meraviglioso, chi mai potrebbe criticare una simile, splendida cornice?
Eh, appunto: nessuno.
Tanto che questo visual è usato, da decenni, per promuovere l'immagine (ed i prodotti) di una nota azienda petrolifera di un noto sultanato arabo, che tutto è tranne che 'amica della natura'...
Si possono mescolare con l’ambiente che io ho scelto, sono invisibili e silenziose, e sono apparentemente invincibili: chi mai si sognerebbe di attaccare una coppia serena e sorridente, di due belle ragazze, con un tale graziosa bambina?
Il fatto che siano due donne lesbiche passa completamente in secondo piano e, anzi, diviene quasi normale (quasi).
Solo uno squilibrato potrebbe criticare un messaggio del genere.
"E io non sono squilibrato, vero?"
Le immagini parassita sono in realtà la forma visiva del virtue signalling: delle immagini che si fanno amare facilmente, che trasmettono quasi sempre solo ‘vibrazioni positive’, in cui è facile identificarsi e riconoscersi anche se non si è propriamente uguali, che è difficilissimo criticare (a chi mai potrebbero non piacere i gattini che fanno le fusa, eh?), ma che in realtà stanno penetrando le nostre difese, e stanno aggredendo il nostro bisogno intrinseco di capire senza però riflettere troppo.

Anche se il mondo della comunicazione ormai pullula di messaggi parassita, ogni tanto qualche Snake si erge per combatterle... Beh, almeno spero!
E no, non tutti hanno il sangue freddo, la mancanza alcuna di paura e la spietata tecnica militare di Big Boss, per affrontarle ad armi pari… E questo le agenzie pubblicitarie lo sanno molto, molto bene.
Quindi, stai attento a chi ti ‘parla alla pancia’

Vi ricordate, per caso, di un noto V-Day che fu il punto di partenza per la presa di potere di un altrettanto noto movimento politico che, manco a dirlo, 'parlava alla pancia'?
Il virtue signalling è l’apoteosi dell’ipocrisia, con però un guizzo in più: ostenta, mette in mostra, è arrogante e supponente.
Non propone, impone: frasi fatte su temi generici, spesso talmente generalisti da poter essere applicati su ogni strato sociale, su tematiche storicamente sentite e, spesso, di difficile risoluzione, poiché con problematiche intrinseche.
Il fariseismo non promette: determina, in maniera rozza e tranchant.
Ma in sostanza non fa assolutamente nulla per tentare di proporre anche un’idea accennata di soluzione.

"Difendiamo NOI i diritti!"
Senza dubbio, quelli GIÀ acquisiti sicuramente :)
E quando lo fa, perché magari è costretto a farlo, propone banalità, o soluzioni talmente vacue e generaliste da essere sostanzialmente inutili.
‘Parlare alla pancia’ delle persone vuol dire non parlare al loro cervello, ma al loro intestino: e sappiamo tutti cosa transita nel colon, solitamente, vero?
In realtà, la struttura sociale umana è estremamente complessa, e ci sono problemi che già da secoli sono stati giudicati difficilmente risolvibili (forse solo migliorabili, ma non di molto) poiché intrinsechi nella struttura complessa del nostro vivere.
Ad esempio, cose come:
- Le tasse e i tributi in generale;
- L’inquinamento;
- La spesso scarsa trasparenza dei politici;
- Il costo della spesa pubblica (che è a vantaggio del collettivo);
- Il costo della vita che aumenta sempre (inflazione);
- La difficoltà di coniugare vita privata con vita lavorativa;
- Le preferenze sessuali;
- Il diritto alla salute e la speranza di morire il più tardi possibile;
- La paternità e la maternità;
- Il problema della convivenza forzata con differenti culture, spesso dagli usi molto dissimili;
- L’integrazione sociale;
- L’invidia sociale e la frustrazione di ‘non avercela fatta’;
- La difficoltà che comporta lo studiare e raggiungere livelli considerevoli di produttività lavorativa;
- Il fatto che siamo tanti (sovrappopolazione) e che non tutti possono numericamente farcela
Sono concetti atavici, che non hanno una soluzione rapida e immediata, e che non hanno dunque bisogno di essere continuamente ripetuti e citati in qualsiasi contesto.
Farsi belli inveendo contro il Governo in carica, contro gli sprechi pubblici, contro uno Stato che ‘non ti aiuta’, contro l’inquinamento (inevitabile, in un contesto di produzione industriale avanzata) è facile, comodo, veloce per fare ottenere facili consensi.
“Contro la violenza sulle donne! Non una di meno!”
Tutto bello, tutto giusto, ma sarebbe da chiedersi: CHI mai può essere davvero a favore della violenza, sulle donne ma in generale?
Qualche psicopatico sicuramente, ma gran parte della popolazione, ovviamente, non è MAI a favore della violenza.
“Contro l’inquinamento!”
E mi pare giusto: chi mai sarebbe a favore di un prodotto tossico, di un’aria malsana, di una città irrespirabile?
“Contro la pedofilia!”
Anche qui, solo un malato psichiatrico potrebbe essere a favore di un crimine similare.
“Università libera per tutti!”
È abbastanza ridicolo che ciò venga urlato in un Paese dove le tasse universitarie sono le più basse al mondo, vero?
Insomma: il farisaismo è facile, veloce e costa molto poco per essere implementato.
Fa conseguire rapidi consensi, ma altrettanto rapidamente poi si scorda: perché senza attuazione reale, tutto viene scordato nella storia umana.
Funziona ottimamente per grandi capi, per far guadagnare velocemente credito iniziale, o per far recuperare (entro certi limiti) un’immagine spesso traballante, ma se non viene seguito poi da azioni reali, viene scordato.
Pensaci bene, la prossima volta che senti frasi che ti sembrano ‘già precostituite’.
Però, attenzione: ci sono anche comunicazioni genuine, e persone davvero appassionate

Il nulla, l'apatia, l'assenza di qualsiasi valore reale e genuino, non precostruito: è questa la via migliore per conquistare il potere, parola di Gmork!
Il virtue signalling è una tecnica comunicativa abbastanza spregevole non tanto perché è l’apologia dell’ipocrisia e la culla (comoda) della critica assolutamente lassista, ma è davvero disgustosa se si pensa che, nel mondo, c’è davvero tanta, tanta gente che si batte davvero per cause nobili e meritevoli, spesso senza molti mezzi a disposizione e tra mille difficoltà.
Non puoi vivere in questo mondo senza giustizia e umanità.
In tutto l’Occidente, Italia inclusa, ci sono davvero tante associazioni private, o tanti singoli privati, che hanno sul serio a cuore cause importanti, come ad esempio la parità sociale vera, la meritocrazia, il diritto di esprimere e d’informarsi liberamente, il diritto al libero studio, il dovere civico del voto (e l’importanza della politica), la lotta per un’equa riforma fiscale, la lotta senza se e senza ma a qualsiasi forma di violenza (senza distinzione di sesso), la lotta (seria!) al consumismo frenato e l’invito al riciclo e all’abbassamento dello sfruttamento delle risorse naturali, e via discorrendo.

La Lega del Filo d'Oro aiuta da moltissimi anni i pazienti nati sordo-ciechi, e lo fa con impegno, amore, dedizione, prestando soccorso anche alle loro famiglie.
Se vuoi aiutare qualcuno per davvero, aiuta loro (qui il link al loro sito). Grazie
Tutte cause che, per molti, non sono solo belle parole da mostrare in uno spot televisivo o in un comizio, ma attività vere, con cui impegnarsi e per cui impegnarsi.
Ecco, il farisaismo, purtroppo, spesso disillude la gente dalle vere cause importanti, e fa perdere molta, molta credibilità ad iniziative che, potenzialmente, potrebbero davvero fare la differenza.
Perché è più facile dominare chi non crede in niente ed è questo il modo più sicuro di conquistare il potere!
Gridare sempre “Al lupo! Al lupo!” come la famosa storia di Pierino insegna, porta SEMPRE conseguenze spiacevoli: alla lunga, la cosa stanca la gente, che comincia a divenire insofferente a frasi ed iniziative, anche se genuine, che percepisce ormai come onnipresenti e prive di significato vero.
Il più grande danno del virtue signalling è proprio questo: alla lunga, fa perdere alla gente la passione genuina per i grandi temi sociali, instillando anzi una sensazione di rifiuto e repulsione.

L'Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti è da molti anni una realtà solida, concreta, che dona vero aiuto alle persone che hanno problemi di vista, accompagnandole e permettendogli di integrarsi nella vita sociale e produttiva.
Nel corso degli anni, hanno aiutato FATTIVAMENTE molti miei parenti meno fortunati, e posso dunque garantirne l'assoluta trasparenza e il genuino interesse.
Se vuoi aiutarli, fallo: qui c'è il link al loro sito (Unione Italia Ciechi ed Ipovedenti). Grazie
Questo è un male vero, poiché senza più azioni genuine e sincere, la società è impossibile da cambiare e migliorare.
E questo lo dice la storia: non è vero che è "beato è il Paese che non ha bisogno di eroi”, ma è invece triste, molto triste vivere in una società ormai cinica ed alienata, in cui non sono più presenti eroi perché, in fondo, nessuno crede più a niente.
Qui c'è qualcuno che può davvero aiutare, se tu l'aiuti

I malvagi, con le loro azioni malevole che travisano la realtà a loro favore, prima o poi scontano tutte le loro colpe... Vero, Diavolo?
Durante la battaglia finale al Colosseo, dopo che riuscì ad impossessarsi della Freccia ed aver fatto evolvere il suo stand nella sua versione Requiem (Gold Experience Requiem), Giorno Giovanna apostrofò duramente Diavolo, il boss dell'organizzazione mafiosa Passione, dicendogli che, in sostanza, solo le azioni vere e sincere scaturite dalla verità avrebbero potuto sopravvivere al mondo.
Ovviamente, si stava riferendo al suo nuovo potere di annullare e riavvolgere all'infinito le azioni dell'avversario: il che è ironico, considerando che il potere di King Crimson, lo stand di Diavolo, era proprio quello di cancellare le azioni immediatamente future.
La morale è: non giocare con il futuro delle persone e non storpiare la realtà con le tue finzioni per tuo tornaconto, perché esse poi, un giorno, potrebbero fartela scontare cara, e tu stesso potresti ritrovarti come quelli che hai turlupinato.
Prima o poi, la realtà salta sempre fuori: magari ci metterà del tempo, magari lo farà quando tu non sarai più, ma lo farà.

"Noi che stiamo in comodi deserti / Di appartamenti e di tranquillità / Lontani dagli altri / Ma tanto prima o poi gli altri siamo noi"
Se vuoi davvero aiutare chi sta messo peggio di te (e spero davvero che tu lo faccia, perché ricorda che, come cantava Umberto Tozzi negli anni '90, "Gli altri siamo noi"), ecco una mia personale lista di associazioni no-profit che conosco, e su cui posso dare giudizio pieno e sincero, poiché ho personalmente saggiato il loro operato.
Ricorda che aiutare non è un'opzione: non puoi vivere in questo mondo senza giustizia e umanità.
Nota a margine: per mia personale esperienza, posso dirti che, solitamente, più localizzata e presente sul territorio è un'organizzazione, e più essa è affidabile.

George Eastman è stato uno dei più grandi imprenditori dello scorso secolo.
Fondatore della Kodak, oltre che portare la fotografia semplice ed accessibile in tutte le case, fu anche un grande filantropo.
Cresciuto in povertà (il padre morì quando era ancora piccolo), sviluppò presto problemi ai denti, che in realtà sarebbero stati facilmente risolvibili con le adeguate cure odontoiatriche, che però non potè permettersi, soffrendo molto per questo.
Quando il suo nipotino morì d'infezione dentale, mal diagnosticata e mal curata, decise di utilizzare parte della sua enorme fortuna per costruire un gran numero di cliniche odontoiatriche completamente gratuite in tutto il mondo.
Ne costruì anche una a Roma, enorme, che tutt'ora porta il suo nome: Presidio Odontoiatrico George Eastman.
Grazie ad esso, migliaia di romani (e non solo, l'ospedale accetta pazienti da tutta Italia), ogni anno, possono ricevere cure odontoiatriche di alto livello, a prezzi quasi gratuiti (è un ospedale del Sistema Sanitario Nazionale), in cui peraltro operano professionisti non solo competenti, ma anche empatici ed umani.
Lega del Filo d'Oro
Si occupa da anni di aiuto e supporto per persone nate sordo-cieche, con percorsi terapeutici di apprendimento e di fisioterapia.
Una garanzia, ormai da molti anni, sia per grandi che per bambini.
Qui il link al sito della Lega Italiana del Filo d'Oro, dove potete effettuare donazioni in qualsiasi momento
Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti
L'associazione più grande d'Italia per le persone con disabilità visiva.
Offre ogni genere di aiuto (amministrativo, sanitario, logistico, ecc.) per tutte le persone non solo non vedenti, ma anche ipovedenti.
Sono stati insostituibile aiuto per molti membri della mia famiglia, e conosco perfettamente il loro operato, sempre altruista e cristallino.
Qui il link al sito dell'Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti, dove potete effettuare donazioni in ogni momento
Presidio Odontoiatrico "George Eastman" di Roma
Non è proprio un'associazione, ma un pubblico ospedale che si occupa esclusivamente di Odontostomatologia.
Fu fondato nel 1933 da George Eastman, il noto magnate fondatore della Kodak, dapprima come Ospedale Odontoiatrico per i bambini, per poi venire aperto a tutti.
È un nosocomio del Servizio Sanitario Nazionale e della Regione Lazio, e offre servizi odontoiatrici di altissima qualità (cosa rara, nel mercato odontoiatrico pubblico italiano), anche con un pronto soccorso stomatologico sempre attivo.
Il personale è di alta qualità, non solo a livello sanitario ma anche considerando l'empatia e l'umanità.
Aiuta ogni giorno centinaia di persone, spesso svantaggiate economicamente, a mangiare, a parlare e a sorridere.
Per aiutarlo, basta semplicemente pagare i tributi dovuti ogni anno.
Qui il link al sito del Presidio Odontoiatrico "George Eastman" di Roma
Fondazione Bambino Gesù
La fondazione Bambino Gesù è la ONLUS che raccoglie le donazioni per l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, una delle eccellenze mondiali della Chirurgia e della Medicina Pediatrica.
L'ospedale, situato nello storico nosocomio del Colle Gianicolo della Capitale (uno dei famosi 'sette colli' di Roma) è da decenni impegnano nelle cure, avanzatissime, per i piccoli pazienti, con personale tecnico, amministrativo e sanitario di livello mondiale.
Molte delle nuove tecniche chirurgiche pediatriche moderne, che giornalmente salvano la vita a milioni di bambini e giovani ragazzi, sono state studiate, progettate e protocollate proprio all'Ospedale Bambino Gesù.
Si può ben dire che, allo stato attuale delle cose, nel nosocomio lavora il meglio dell'elité della Medicina Pediatrica non solo europea, ma sicuramente occidentale.
L'ospedale è di proprietà della Santa Sede, ma è convenzionato col Servizio Sanitario Nazionale, ed accoglie piccoli pazienti non solo da tutta Italia, ma da tutto il mondo.
Anche lo scrivente fu operato da bambino nell'ospedale, e tutto il personale, sia medico che sanitario, fu semplicemente fantastico.
Qui il link al sito della Fondazione Bambino Gesù, dove potete effettuare donazioni in ogni momento
Qualche link utile
Questo articolo si basa su fonti documentate e consultabili in qualsiasi momento da chiunque.
Ecco una lista di documenti, studi ed articoli su cui ho basato questa pagina:
- Edificio sostenibile ed edificio energeticamente efficiente: le differenze
- Permesso di costruire, SCIA, CILA, quali differenze?
- Obesità negli USA: quali le cause e quali le soluzioni?
- Sovrappeso e obesità nella popolazione adulta in Italia: trend temporali, differenze socio-anagrafiche e regionali
- Chirurgia estetica. L’85% dei pazienti è donna
- Il SSN è sempre più al femminile. Le donne rappresentano il 69% della forza lavoro
- Legge del 20 maggio 2016, n. 76 in materia di unioni civili
- Donne in magistratura - Consiglio Superiore della Magistratura
- TIM: il Consiglio di Amministrazione approva i risultati preconsuntivi 2024” – Gruppo TIM
- TIM, ricavi e margini in crescita nel primo trimestre. Debito a 7,5 miliardi di euro
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- Diversity & Inclusion: Analisi, applicazioni e critiche
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